
In 12.000 rischiano il lavoro
La protesta dei piccoli produttori astigiani: la crisi ci uccide. "Il governo ha aiutato l'industria e gli apicoltori: ora anche a noi serve una mano".
di STEFANO PAROLA
ASTI - "Ohi, Valerio. Oggi gli affari vanno alla grande eh?". "Ah, venduma da mat...". Ci scherzano su, i vignaioli che distribuiscono il vino in piazza Alfieri, nel centro di Asti. Ridono per non piangere. Dicono che vendono, ma in realtà il frutto delle loro uve lo stanno regalando agli astigiani. Hanno fatto tanta fatica a raccoglierlo, durante le vendemmie degli anni scorsi, e ora lo danno gratis. E i cittadini ne sono lieti. Si mettono in coda e si fanno riempire bottiglie di plastica, "pintoni" e taniche da 10 o 20 litri. Tutto a zero euro. Perché, come spiega Claudio Negrino della cantina sociale di Alice Belcolle, "meglio regalarlo che rovesciarlo per la strada".
È vino rosso buono, di qualità. Ha un solo difetto: ce n'è troppo. La Barbera, il Dolcetto, il Brachetto, non finiscono più come una volta sulle tavole dei consumatori, italiani e no, ma le loro uve hanno continuato a crescere tra i filari. Tanta offerta, poca domanda. Così il prezzo è sceso in picchiata ed è arrivato tanto in basso da spingere i protagonisti della filiera del vino a scendere in strada a protestare. Saranno più di 500 in piazza Alfieri. Hanno lasciato a casa le forbici per tagliare i grappoli e hanno preso in mano cartelli con scritte del tipo "Non obbligateci a lasciare le nostre vigne", o anche "Che vita con la vite, le speranze son finite". Lo hanno fatto a malincuore, perché qualcuno ha già iniziato a vendemmiare e poi perché, come dice Negrino, "questa è gente che lavora la terra e che è abituata, quando si imbatte in qualche difficoltà, ad abbassare la testa e a faticare più di prima. Se hanno deciso di venire qui in piazza è perché proprio non sanno più che fare".
Dal palco allestito dai consorzi che organizzano la manifestazione, che poi altro non è che un rimorchio attaccato a un trattore, Luigi Scovazzi ammette: "Quando le ho detto che venivo in piazza Alfieri, mia moglie mi ha fatto un muso lungo così, perché oggi c'era da cominciare nella vigna". Lui è il sindaco di Quaranti, "la più piccola città del vino d'Italia", duecento abitanti mal contati, quasi tutti viticoltori, Scovazzi compreso. E anche lui dice che "se qualcuno non ci dà una mano, va a finire male".
Il Moscato funziona, i rossi no. Se lo scorso anno l'uva del primo ha fruttato ai coltivatori circa 10 mila euro l'ettaro, gli acini che servivano per il Barbera d'Asti hanno reso tra i 2.500 e i 3 mila euro. E il prossimo anno si parla di quotazioni sotto i 2 mila euro. Il fatto è che coltivare 10 mila metri quadrati senza manodopera esterna costa tra i 3 e i 4 mila euro. E le aziende sono quasi tutte a carattere familiare, quindi tagliare è impossibile: "Sì, posso tenermi il trattore vecchio finché funziona. Ma le uniche voci di spesa che posso ridurre sono quelle delle cene fuori, delle serate al cinema, dei vestiti alla moda", si sfoga Giuseppe Ottazzi, che gestisce dieci ettari di vigne nell'Alessandrino. E spiega: "Chi, come me, ha un po' di Moscato tira avanti. Ma chi ha solo Barbera non ce la fa".
Ecco perché, come denuncia dal palco-rimorchio il presidente dell'Associazione Vignaioli, Giulio Porzio, "molti si stanno chiedendo se vendemmiare oppure no". Non conviene. E poi ci sono ancora le cisterne piene del vino dell'anno scorso che non è stato venduto. In tutto sono 25 milioni le bottiglie di Barbera, Dolcetto e Brachetto che prendono polvere. Per questo il numero uno del Consorzio dei vini d'Asti, Enzo Gerbi, invoca almeno "lo smaltimento di tutta la Barbera fatta prima di ottenere il marchio Docg, nel 2008". I produttori vogliono distillarlo, cioè farne alcol industriale facendosi dare qualche spicciolo, attorno all'euro ogni cento litri. La Regione è pronta a mettere 2,1 milioni di euro, cioè 20 centesimi a ettolitro per alzare il prezzo. Ma restano spiccioli.
Come si è arrivati a questa situazione? La crisi economica prima di tutto. Poi il cambio dei consumi, dettato anche dal giro di vite sulla guida in stato d'ebbrezza: "I telegiornali ci trattano come se fossimo spacciatori, o anche peggio. Quando appena il 4 per cento degli incidenti è colpa dell'alcol, e figuriamoci che incidenza può avere il vino", attacca Gerbi dal microfono. Ma il calo è iniziato già dal 2008, prima della grande crisi. E qualcuno tra la folla lo ammette: "Forse ci eravamo illusi che potesse andare sempre bene come negli ultimi dieci anni". Fatto sta che ora viticoltori e vignaioli chiedono sostegno: "Il governo ha aiutato gli apicoltori, ha dato incentivi per le auto, per i mobili, per i motorini. Ora anche noi abbiamo bisogno di una mano. Siamo 12 mila famiglie che chiedono di avere un reddito dignitoso".

(03 settembre 2010)