
Il 16 ottobre i metalmeccanici con la società civile. Manifesteranno anche precari e movimenti. Intervista al Segretario generale della Fiom.
di Salvatore Cannavò, "Il Fatto Quotidiano", 25 settembre 2010
Il segretario della Fiom, Maurizio Landini, è in giro per l’Italia a seguire le vertenze territoriali. Dopo il problema Fiat è scoppiato il caso Fincantieri e altri problemi si accumulano sulla sua agenda. Inoltre sta preparando la manifestazione del 16 ottobre che ieri ha avuto anche un ulteriore sostegno dall’appello firmato da Paolo Flores d’Arcais, Andrea Camilleri, don Gallo e Margherita Hack che il Fatto Quotidiano ha pubblicato. Un appello importante che Landini ha molto “apprezzato” e conferisce alla manifestazione Fiom un carattere davvero rilevante, punto di raccordo di diversi disagi, di diverse proteste ma anche di una proposta che si può riassumere nella difesa della Costituzione, della democrazia, del lavoro. Per questo il 16 ci saranno molti interventi, non solo sindacali ma anche espressione del lavoro precario, studentesco, associativo.
Contro cosa manifesterete e perché scenderete in piazza?
Il 16 scendiamo in piazza per fare in modo che il lavoro ritorni al centro dell’interesse della politica e del governo. Per uscire dalla crisi serve una nuova idea di sviluppo che non può avere nel lavoro e nei lavoratori un punto di riferimento essenziale. È chiaro che nel contesto attuale scendiamo in piazza contro chi vuole eliminare il contratto nazionale di lavoro come strumento decisivo di solidarietà, ma anche contro le politiche del governo che puntano a scardinare i diritti, come sta facendo il collegato al ddl lavoro sull’arbitrato. Manifestiamo anche per un’effettiva politica industriale perché è fallita l’idea che la crisi possa essere risolta dal libero mercato e richiede invece un serio intervento pubblico.
Cosa intende per intervento pubblico?
Faccio due esempi molto chiari: Fincantieri e il settore dell’auto. La cantieristica è di proprietà statale e opera in un settore strategico a livello internazionale. La difficoltà dipende direttamente dall’assenza di qualsiasi ipotesi di sviluppo in cui il governo può giocare un ruolo decisivo. Ma anche per l’auto si potrebbe impostare un intervento utile. Finora si sono utilizzati solo gli incentivi mentre assistiamo alla totale assenza di finanziamenti all’innovazione di prodotto, come l’auto elettrica, a differenza di Francia o Usa che invece difendono la propria industria. Ma si potrebbe intervenire anche sul fronte della riforma degli ammortizzatori sociali, estendendoli ai precari .
In Germania è stato firmato un accordo alla Siemens che garantisce, sia pure con dei limiti, il posto di lavoro ai dipendenti a tempo indeterminato in cambio di riduzioni di salario e di orario di lavoro. Che ne pensa?
Penso che le differenze con quanto scelto dal nostro paese siano evidenti e macroscopiche. Lì le imprese investono su lavoro e occupazione cercando di evitare che la crisi disperda competenze e redistribuendo. Non si punta alla cancellazione di diritti, non si discute di deroghe ai contratti ma di ridefinizione degli orari con accordo sindacale. Infine, lì tutto ciò è possibile grazie al fatto che i salari tedeschi sono quasi doppi rispetto a quelli italiani o che, ad esempio, in Volkswagen, quando si allunga l’orario di lavoro lo si porta da 28 ore settimanali a 33. Una bella differenza.
La Germania privilegia la coesione sociale al conflitto?
Non c’è dubbio, anzi la scelta della coesione sociale passa per il rispetto e la centralità della contrattazione. Tutto il contrario di quanto accade in Italia dove la risposta alla crisi da parte delle imprese passa per la cancellazione del contratto, chiedendo la piena esigibilità delle prestazioni da parte dei lavoratori. Da noi si rompe con una cultura della rivendicazione sindacale mentre in Germania non si licenzia né si chiudono stabilimenti come invece fa la Fiat a Termini Imerese.
Insomma, c’è un modello tedesco che piace alla Fiom. Avreste firmato l’accordo della Siemens?
Noi di accordi di quel tipo ne abbiamo visti tanti e molto spesso li firmiamo. Penso ai contratti di solidarietà. Chi li rifiuta invece è la Confindustria, da parte nostra c’è un’ampia disponibilità.
Che pensa dell’ipotesi di deroghe a tempo che si sta affermando nel dibattito interno alla Cgil?
Per me non esistono. Se si deroga dal contratto significa che non c’è più il contratto.
Ma Confindustria vi rimprovera di non porvi il problema della scarsa produttività del lavoro.
Bisogna intendersi e faccio un esempio: se per produttività intendiamo il valore di un’ora di lavoro chiunque capisce che un’ora di lavoro per produrre una Panda e un’ora di lavoro per produrre una Mercedes non dipendono da quanto si lavora ma anche dalla qualità del prodotto. Se pensiamo che occorra solo intensificare il lavoro non si comprende che in Italia su questo piano siamo ai limiti come è dimostrato anche dai bassi salari. Se invece il punto è la richiesta di un maggior utilizzo degli impianti noi rispondiamo che gli strumenti sono presenti già nel contratto nazionale. Su orari, straordinari, flessibilità siamo disposti a trattare e a discutere, lo prevede già il contratto.
Il 16 si annuncia una grande manifestazione? Cosa succederà dopo?
Quando abbiamo deciso questa manifestazione l’abbiamo pensata come un’iniziativa sindacale aperta all’opinione pubblica, ai movimenti, alla società civile. Vediamo che questa offerta è stata già recepita e quindi il 16 ottobre si annuncia come un appuntamento importante. Che noi speriamo abbia una continuità. Sia sul piano sindaca-le, con una battaglia per difendere il contratto ma anche costruendo un collegamento a livello territoriale tra il mondo del lavoro e le istanze ambientaliste e di difesa della democrazia. Per questo il 16 troveremo le forme perché le diverse istanze presenti alla fine possano esprimersi e possano trovare un modo di stare insieme anche dopo.
(25 settembre 2010)
tratto da http://temi.repubblica.it/micromega-online/landini-il-16-ottobre-una-manifestazione-che-va-oltre-la-fiom/