L’economia esiste perché esiste lo scambio, ogni scambio
presuppone l’esistenza di due parti, con interessi contrapposti:
l’acquirente vuole spendere di meno, il venditore vuole guadagnare di
più. Molte analisi dimenticano questo dato essenziale. Per contribuire a
una lettura più equilibrata della realtà abbiamo aperto questo blog,
ispirato al noto pensiero di Pippo: “è strano come una discesa vista dal
basso somigli a una salita”. Una verità semplice, ma dalle applicazioni
non banali...
Istruzioni per l'uso - Vi prego di leggere questo post di introduzione.
Eviterete di porre domande alle quali è già stata data risposta e
potrete contribuire al dibattito in modo più originale, consapevole e
documentato. Dal lavoro svolto su questo blog è nato Il tramonto dell'euro (disponibile anche in Ebook su varie piattaforme: formato Epub, Mobipocket, ecc. Per sostenere questo progetto, contribuite all'associazione a/simmetrie.
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sabato 28 dicembre 2013
Lezioni dalla crisi: perché
il Parlamento dovrebbe sfiduciare la Commissione
Grazie Magdi per l'invito a questo incontro così importante.
Vi parlerò in inglese, e in questo c’è un’amara ironia. Perché? Perché
l'inglese è la lingua del paese dov'è nata la scienza economica, almeno così
come la conosciamo oggi, e che forse per questo motivo non è entrato nell'euro
e sta seriamente considerando l'uscita dall'Unione Europea.
È abbastanza paradossale che per poter essere capito dalla
fetta più vasta possibile di cittadini europei io debba utilizzare proprio la
lingua di questo paese. È una lezione importante per quanti credono che gli
Stati Uniti d'Europa siano una possibilità vera, concreta. In effetti la
lezione è duplice.
Primo: qui c'è una maggioranza di italiani e la soluzione
più democratica sarebbe che io parlassi in italiano. Ma vi do una
lezione di politica europea: io appartengo ad un'élite, ne vado fiero, quindi
decido per voi e parlo in inglese. E questa è la prima lezione.
Seconda lezione: non sono contro l'Europa. Posso viaggiare
in Europa, parlando nelle rispettive lingue con buona parte delle popolazioni
che incontro. La prima volta che sono andato in Portogallo mio figlio ha detto
a mia moglie: “Questo è il primo paese dove il babbo non parla la lingua
locale!”, ed è vero, perché purtroppo non parlo il portoghese e non lo capisco.
Ma con l'inglese si può praticamente girare il mondo, e anche l'Europa.
Fatta questa premessa, andiamo avanti con il contenuto.
Nel mio intervento cercherò di mettere i problemi che stiamo
vivendo nella giusta prospettiva. La prima cosa che vi mostrerò è che gli
squilibri finanziari, e quindi le crisi debitorie, derivano spesso da squilibri
di distribuzione del reddito. Questo non va sottovalutato perché ci dà
indicazioni positive rispetto a quello che dovremmo fare una volta fuori
dall'euro. Secondo punto: il matrimonio tra moneta unica e riforme
economiche è burrascoso. Ci è stato detto che la moneta unica ci avrebbe
costretto a riforme che erano assolutamente necessarie, ma ora sappiamo che la
letteratura economica presenta molte argomentazioni per confutare queste
argomentazioni e sostenere la tesi contraria: i tassi di cambio fissi, o peggio
la moneta unica, in realtà sono strumenti utili per procrastinare le riforme
economiche. Poi andrò avanti presentando le due principali lezioni derivanti
dalla crisi: la prima è che dovremmo cominciare da una riforma del mercato del
lavoro a livello europeo, la seconda è che dovremo togliere di mezzo l'euro.
Queste sono due condizioni necessarie, per i motivi che
presto vi spiegherò e che in parte sono stati spiegati anche da Antonio e da
Claudio.
Un’altra premessa: la crisi della zona euro ha origine nella
finanza privata. Gli squilibri finanziari nel settore privato sono stati
promossi da problemi di competitività e da mercati finanziari non
regolamentati. È un’impostura presentare la crisi della zona euro come crisi
di debito pubblico. Questo non ve lo dice Claudio Borghi Aquilini, ma Vítor
Constâncio...
E chi è questo Vítor Constâncio? Il vice presidente della
Banca Centrale Europea. Sentiamo dunque la parola di questo signore con la “S”
maiuscola:
“Gli squilibri han trovato origine principalmente dalle
spese nel settore privato”, punto secondo:
“finanziate dal settore bancario dei paesi creditori e debitori”, punto
terzo: “il mercato finanziario europeo non ha funzionato in conformità con la
teoria economica” (aggiungo: secondo la
sua
teoria, perché altri economisti invece
avevano previsto quello che poi sarebbe successo e sta
succedendo), punto quarto: “l’esposizione creditoria verso i paesi sotto stress
è più che quintuplicata” (e questo ve l'ha mostrato Claudio, facendo vedere che
l’Italia è stata il paese meno coinvolto in questa esplosione massiccia del debito
estero), e infine: “ciò ha portato alla perdita di competitività”.
Sintesi: le economie periferiche sono state drogate dal
debito estero proveniente dai paesi “core”.
Non c'è bisogno di applaudirmi perché è banale... è banale, tutto
quello che dirò oggi sono banalità, qualsiasi economista lo sa, credetemi,
credete a me, non a Mario Draghi!
Andiamo a vedere la spesa pubblica primaria nella zona euro.
L'Italia spesso è accusata da persone provenienti da altri paesi, per lo più
esportatori
di zanzare,
che l'accusano di essere
uno dei paesi col settore pubblico più spendaccione, uno dei paesi meno
accorti. Ciò è semplicemente falso.

Andate a vedere i dati: l'Italia ha un rapporto spesa
pubblica/Pil che è vicino, e al disotto, della media della zona euro, se
considerate la spesa pubblica primaria. Se aggiungete la spesa per interessi la
situazione peggiora,
ma non di tanto. Notate un altro dettaglio: la Francia, la Finlandia, l'Austria, il
Belgio, l'Olanda, la Germania,
insomma, i cosiddetti "virtuosi" spendono molto più, in rapporto al
loro Pil, dell’Italia e dei cosiddetti PIGS: Portogallo, Grecia, Spagna e
Irlanda. Suppongo che questi dati non vi fossero noti: molti non li conoscono,
ma
questi dati sono importanti perché mostrano una semplice cosa: un’intera classe
politica, un intero sistema dei media vi sta mentendo. E siamo in democrazia,
non è vero?
Andiamo avanti. Il mantra! Viviamo nell’economia dei
mantra: dobbiamo diventare più competitivi, quindi dobbiamo comprimere i
costi del lavoro (perché i costi delle materie prime sono in buona parte
esogeni, per cui possiamo agire nel breve solo su quelli del lavoro), dobbiamo
diventare più produttivi...
Andiamo a vedere l'esperienza storica di un’economia
avanzata che spesso ci viene portata ad esempio. Perché? Perché qualcuno pensa
che i nostri problemi possano essere risolti diventando gli Stati Uniti
d'Europa. Andiamo allora a vedere cosa è successo negli Stati Uniti d'America.
Questo è un grafico interessante a mio modo di vedere: in
blu vedete la produttività del lavoro, in rosso i salari reali. Sono indici che
vanno dal 1890 al 2007, all'inizio dell’ultima crisi in sostanza. Cosa vedete?
Vedete che ci sono stati periodi in cui la produttività è cresciuta più
rapidamente dei salari reali, soprattutto alla fine del campione. Se crediamo
al mantra, questi avrebbero dovuto essere periodi di prosperità, perché un
paese dove cresce la produttività e i salari reali ristagnano diventa più
competitivo. Ma guardiamo questa tabella, dove ho riportato i tassi di crescita
medi delle variabili. Certo, siamo in una istituzione politica e qui le cifre
forse non sono benvenute, ma vale la pena di dare un’occhiata a questi dati.
Ho sottolineato in rosso i due periodi in cui la
produttività del lavoro è cresciuta più rapidamente rispetto ai salari reali;
il primo periodo dal 1919 al 1932, quello nel quale è maturata e esplosa la
crisi di Wall Street, il secondo periodo dal 1971 al 2011, nel quale è maturata
ed esplosa la crisi della Lehman Brothers. Vedete anche che i salari reali sono
cresciuti più della produttività durante il New Deal negli Stati Uniti, e allo
stesso tasso di crescita della produttività dopo la Seconda Guerra
Mondiale, nel periodo in cui gli Stati Uniti d'America hanno liquidato gli
enormi debiti di guerra accumulati per liberare l'Europa da quello che sapete
voi.
La domanda è: perché le cose vanno così male quando ci
comportiamo “bene”? Perché ci sono crisi alla fine dei periodi in cui siamo
così competitivi? E la risposta è semplice: perché il capitalismo funziona se
c'è abbastanza domanda aggregata. Non si produce per produrre: si produce per
vendere. Se si reprimono i salari la domanda deve essere finanziata attraverso
l'indebitamento, e ci sono diversi tipi di indebitamento che possono essere
utilizzati per questo scopo. Se siete keynesiani, proteste utilizzare il debito
pubblico. È successo negli anni ’80 negli Stati Uniti d'America: sembra
paradossale, ma è successo sotto il governo repubblicano di Reagan, e nello
stesso periodo è successo anche in Italia col socialista Craxi. Se siete invece
siete liberisti, economisti conservatori, diciamo, forse potreste apprezzare il
debito privato: “lasciamo liberi i capitali, lasciamo funzionare il mercato”. Se
infine siete tedeschi, preferirete utilizzare il debito degli altri, praticando
una politica mercantilista: prestare (incautamente) agli altri per fare in modo
che gli altri comprino i vostri prodotti, naturalmente comprimendo i salari a
casa vostra. Questo è quello che ha fatto la Germania. Nel breve
periodo è un metodo molto furbo, non lo contesto, ma purtroppo porta ad un
sistema instabile, perché favorisce un eccesso di indebitamente estero, e ora
stiamo pagando il prezzo di questa instabilità.
Nel periodo della globalizzazione abbiamo visto repressione
salariale ovunque nel mondo. Qui
abbiamo
i dati per gli Stati Uniti, la
Germania, la
Francia e l'Italia. La caduta principale della quota salari è
stata pari -8% in Germania, in Italia -5%, comunque c'è stata una riduzione un
po' dappertutto.
La compressione dei salari nel breve periodo è una politica
che frega il vicino: si cerca di fare dumping salariale, di pagare il lavoro a
vile prezzo, per essere più competitivi e vendere di più all'estero, crescere
sulla domanda altrui (finanziata dal debito) anziché sulla propria (finanziata
dal reddito). Alla fine però diventa sempre una politica che frega se stessi,
perché la compressione dei salari distrugge il mercato interno e in un'Unione
Economica distruggere il mercato interno significa andare contro la logica
dell'economia. Perché? Perché come ha detto Alberto Alesina, che insegna
all'Università di Harvard (non alla Gabriele D'Annunzio), come ha detto Alesina
molto chiaramente nel 1997, quando era contrario all'euro,
il beneficio
principale di una unione economica è quello di godere di un vasto mercato
interno che può agire da ammortizzatore rispetto a choc esterni (qui,
nel suo commento a Obstfeld). Insomma, se c'è una
recessione da qualche parte nel mondo noi vendiamo di meno all’estero, certo,
se c'è una domanda sufficiente a casa, nel mercato interno, se il mercato
interno è molto grande, non fa niente: si continua a crescere. Ora, questo non
è successo nella zona euro, ma perché? Perché l’Eurozona è stata gestita come
un gioco a somma zero, dove quello che vinceva la Germania veniva perso dai
paesi del Sud, come ha spiegato così bene Claudio.
Il gioco a somma zero sta diventando un gioco a somma
negativa. L’euro è un morto che cammina.
Lo vediamo bene in questo grafico pubblicato dal Washington
Post. Dopo lo shock Lehman, gli Stati Uniti, la zona euro e il Giappone sono
caduti assieme, poi hanno ripreso a crescere. Ma nel 2011 c'è stato
Fukushima in Giappone, Mario Monti in Italia e la troika nella zona euro.
Lo tsunami è durato un giorno e poi il Giappone ha ricominciato a crescere. La
troika c'è ancora, è ancora al potere nell’Europa periferica, e quel che fa
davvero paura è che questo morto che cammina sta camminando nella direzione
sbagliata: dovrebbe salire, invece sta scendendo. Ricordatevelo, questo
grafico!
Quello che è veramente triste, dal punto di vista di un
economista accademico, è che t
utto questo era stato previsto dalla teoria economica.
Sappiamo molto bene che i politici hanno scelto di prendere una decisione che
andava contro la logica economica,
perché ostacolando o alterando il
funzionamento del mercato la moneta unica avrebbe avuto effetti perversi sia
sul settore pubblico che su quello privato, sia dei paesi deboli che di quelli
forti. Non
dimenticatevelo mai:
tutti questi effetti sono ed erano noti, e sono meno evidenti per i paesi
forti, ma ci sono anche per loro,
ed è per questo motivo, per gli effetti
avversi, perversi, sui paesi forti che ritengo che l'euro presto finirà.
Quali sono gli effetti perversi sui paesi deboli? Le cose
non stanno come ci era stato detto. Una moneta forte, dicevano, avrebbe avuto
come effetto la “disciplina” del settore pubblico. La letteratura economica ci
dice che le cose stanno al contrario, in realtà. Se adottiamo un tasso di
cambio fisso e il governo pratica una politica fiscale o monetaria troppo
espansiva, non ci sono effetti sul mercato valutario. Se invece il cambio è
flessibile, una volta che il paese si impegna in una politica monetaria e
fiscale troppo espansiva va in deficit estero, s’indebita col resto del mondo,
e il tasso di cambio svaluta. In questo caso il deprezzamento del tasso di
cambio dà al mercato un segnale immediato del fatto che le cose non stanno
andando per il verso giusto.
Perché mai la gente ha continuato a prestare soldi alla
Grecia
al ritmo del 10% del Pil greco e oltre per anni?
Perché la Grecia era credibile. E
perché era credibile? Perché aveva l'euro, aveva un cambio fisso, e quindi non
c'erano segnali provenienti dal mercato che potessero avvertire gli agenti
economici che le cose stavano andando storte. Questo è il problema:
AaronTornell e Andrés Velasco l'hanno spiegato sul Journal
of Monetary Economics, non sulla Pravda o su qualche rivistella
italiana di provincia, no: sulla più importante rivista scientifica nel campo
dell’economia monetaria, pubblicata da Elsevier, la casa editrice scientifica
più prestigiosa.
Poi c’è un altro problema, sempre riferito alla creazione di
incentivi “perversi”, che
Martin Feldstein sottolineò sul Journal of Policy Modeling: se si prende una valuta unica si
avrà un unico tasso di interesse, e questo sarà troppo basso per i paesi deboli
(sia per il loro settore pubblico che per quello privato). Ora la Germania ci accusa, ci
dice che abbiamo avuto condizioni di credito troppo facili, troppo buone, ed è
vero! È verissimo! Ma è proprio questo l’argomento che dimostra quanto sia
illogico l’euro, perché diversi paesi devono avere tassi di interesse diversi
per gestire bene le loro economie. Ribadisco: tra l'altro anche il settore
privato nei paesi deboli ha un incentivo indebitarsi troppo, e questo
fondamentalmente è quello che ha detto Vítor Constâncio, come ricordavo
all'inizio della mia presentazione. Peraltro questa argomentazione era stata
esposta molto chiaramente da Roberto Frenkel e Martin Rapetti
in
un'altra rivista scientifica di primissimo ordine, il Cambridge Journal of
Economics, circa 4 anni fa.
Sottolineo la rilevanza scientifica
delle riviste per evidenziare come questi studi non potessero passare inosservati
ai professionisti dell'economia (a meno che non intendessero ignorarli per
motivi di tattica politica).
Attenzione:
ci sono effetti perversi anche sui paesi
forti, ed è importante sottolinearlo. Se si abolisce il rischio di cambio,
se si eliminano i segnali legati ai tassi di cambio, le istituzioni finanziarie
e private dei paesi forti presteranno troppo all'estero.
Le banche tedesche hanno prestato troppo all'estero. Non
ti puoi indebitare troppo se non c'è nessuno che presta troppo. Avete mai
cercato di avere i soldi della vostra banca? E allora sapete come vanno le
cose. La moneta unica poi ha un altro incentivo perverso, per i paesi forti,
oltre a quello di spingerli a prestare troppo. Come ha spiegato Claudio, la
moneta unica è troppo debole per i paesi forti, come la Germania, e consente
dunque ad essi di fare grandi profitti rispetto esportando verso i paesi
deboli. Il rovescio della medaglia è che questa facilità di far profitti col
cambio drogato disincentiva gli investimenti produttivi. Il settore privato non
finanziario dei paesi forti investe troppo poco a casa propria.
Hans-Werner
Sinn, un importante economista tedesco, ha presentato questa
argomentazione, non un economista americano “invidioso”, o un “pigro”
economista italiano, no, è un professionista bravo, che ammiro (
non
sempre), ed è soprattutto un economista
tedesco.
Andiamo a vedere i dati: la Germania è il paese col
più basso rapporto tra investimento e PIL in Europa nel periodo 1999-2007.
Insomma:
dimenticatevi la favoletta dalla Germania che è competitiva perché investe
tanto. Scordatevelo,va bene?
Andiamo avanti.
Cosa ha fatto la
Germania?
Ha fatto una politica assolutamente standard di dumping
salariale, esattamente quella che, ironia della sorte, rimproveriamo alla Cina,
dove però i salari crescono e la povertà cala. I paesi del
Nord ci danno la colpa della crisi perché non avremmo fatto le riforme
strutturali.
Cosa sono le riforme strutturali? Sono pagare un po' meno i
lavoratori. La Germania
ha cominciato a farlo nel 2002.
In nero vedete la quota salari in Germania dal 2002 al
2007, e il suo crollo dopo le cosiddette riforme Hartz, un tipo che pare
avesse
abitudini
abbastanza simili a quelle di Berlusconi (ma questo è un altro discorso,
non voglio entrare nei pettegolezzi). La discesa dei salari è impressionante, e
ha reso possibile un aumento di competitività proprio perché il tasso di cambio
coi principali partner era fisso (ne riparlerò dopo).
Ma questa politica dei redditi slealmente competitiva ha
costi sociali nascosti.
Osservate l’andamento della disuguaglianza del reddito in
Germania: vedete quanto è aumentata rapidamente dopo l'approvazione delle
cosiddette riforme strutturali? La
Germania è il paese della zona euro dove le
diseguaglianze sono cresciute di più in questo periodo: la povertà cresce,
cresce il divario fra Est e Ovest, e quello tra lavoratori strutturati e
lavoratori precari o con contratti atipici.
Due condizioni sono necessarie per superare la crisi.
Primo, armonizzare i mercati del lavoro dei paesi membri,
riportando i salari reali in linea con la produttività del lavoro ovunque nella
zona euro, perché se un paese fa il giochetto sporco della Germania comprimendo
le dinamiche dei salari reali al di sotto della dinamica della produttività
alla fine saltiamo tutti. Dobbiamo regolamentare nuovamente i mercati
finanziari europei, e naturalmente dobbiamo smantellare l'euro, e dobbiamo
farlo ora, sia per motivi di breve termine che per motivi di lungo termine.
Analizziamo questi punti.
Andate a vedere la linea rossa, che descrive un secolo di
debito pubblico nei paesi avanzati. Abbiamo due picchi evidenti, e una evidente
fase di discesa ordinata. Partiamo da qui: questa fase (nel box rosso) è quella
in cui come vi ho detto prima i paesi avanzati hanno liquidato l'enorme debito
accumulato a causa del secondo conflitto mondiale. È un periodo che va diciamo
dal 1946 fino al 1971. Guardate la situazione attuale: c’è stato un aumento
improvviso del debito pubblico, dovuto al bisogno di salvare la finanza
privata, che ha imposto ai governi uno sforzo enorme, che si è tradotto in un
massiccio e improvviso accumulo di debito pubblico. Per quanto riguarda il
debito pubblico, la situazione attuale è molto simile a quella vissuta alla
fine della Seconda guerra mondiale. Veniamo da trent'anni di guerra del
capitale contro il lavoro. Cos’è successo a quel tempo, cosa è stato fatto dai
governi dopo la Seconda
guerra mondiale?
Due cose. La prima l'abbiamo già vista in precedenza: questo
è il periodo in cui i salari reali sono cresciuti in linea con la produttività,
quindi c'è stata una equa distribuzione del reddito. La seconda è che abbiamo
regolamentato i mercati finanziari. Consideriamo questo punto.
La
liquidazione dell'enorme debito dopo la Seconda guerra mondiale è stato resa possibile da
due cose: intanto, da quello che gli economisti chiamano "repressione
finanziaria" (io la chiamerei piuttosto "regolamentazione
finanziaria"). Carmen Reinhart e
Belen Sbrancia hanno analizzato questo processo storico nel loro
paper del 2011. La seconda cosa che ha facilitato il rientro del debito è
stata l'equa distribuzione del reddito: il capitalismo funzionava come afferma
(o pretende) di funzionare, cioè pagando i fattori della produzione in funzione
della produttività. Ciò ha favorito la crescita e ha evitato l’accumularsi di
ulteriori debiti per assorbire la produzione, rendendo possibile il rientro dai
debiti pregressi, perché qualsiasi problema di debito è sempre un problema di
crescita del reddito.
Cosa vuol dire repressione finanziaria? Dovremmo
reintrodurre per esempio qualche forma di regolamento, di norma Glass–Steagall,
cioè separare le banche commerciali dalle banche d'investimento, perché
il
modello tedesco di banca universale non ha funzionato. Dovremmo
riconsiderare la posizione delle banche centrali.
L'indipendenza della banca
centrale è stata additata come una minaccia alla democrazia da economisti
come
Josef
Stiglitz o
Axel Lejonhufvud (che è meno noto al grande pubblico, ma è
comunque un economista keynesiano molto importante).
Cosa vuol dire adeguata distribuzione dei redditi? Ci sono
diverse proposte: ne prendo
una di un
economista tedesco, per mostrarvi che i tedeschi non sono i miei nemici,
sono amici, perché viviamo nello stesso mondo e viviamo in questo mondo per un
periodo molto breve: la vita è breve e non val la pena di viverla male quando
abbiamo i mezzi tecnici per vivere molto meglio. Un'equa distribuzione del
reddito vuol dire che il salario nominale contrattuale dovrebbe aumentare al
tasso della crescita della produttività aumentato dall'obiettivo d'inflazione
(se decidiamo di conservare un obiettivo d’inflazione comune fra paesi
europei).
Questo significa equa distribuzione del reddito: che chi
produce sia remunerato in proporzione al proprio contributo.
L'euro è un morto che cammina. Avete notato la
dichiarazione di Jens Weidmann, il presidente della
Bundesbank, quando ha detto che il prossimo stress test del settore bancario
sarà eseguito considerando diversi coefficienti di rischio per i titoli
sovrani? Capite cosa vuol dire?
Vuol dire che il "whatever it takes", il "faremo qualsiasi
cosa" di Draghi, era un bluff, perché se avesse ragione Draghi i titoli
pubblici avrebbero rischio zero. Questo significa che in Germania qualcuno
è stufo di questa situazione e vuole smantellare l'euro. Le dichiarazioni di
Hans-Werner Sinn, sul fatto che Berlusconi sia stato messo da parte perché
stava preparando l'uscita dall'euro dell'Italia dice molto: Sinn ha sempre
detto che i paesi del Sud dovrebbero uscire dall’euro (e lui è un economista
tedesco), e se è lui che fa questa affermazione, si tratta di un segnale
politico molto importante. Le opinioni dei nostri Letta, Renzi, Napolitano, e
dei loro bardi, sono irrilevanti.
I motivi di breve periodo per smantellare l'euro sono ovvi:
la flessibilità del cambio consentirebbe un riequilibrio simmetrico degli
enormi squilibri accumulati durante il periodo dell'euro. Ci sono però anche
motivi di lungo periodo. Per integrare le rispettive economie i paesi
europei non possono rinunciare a due caratteristiche dei tassi flessibili. La
prima è la funzione di segnalazione (signaling):
il tasso flessibile dà un segnale rapido e chiaro al mercato se c'è qualcosa
che sta andando storto in un paese. La seconda è la funzione di adempimento
degli accordi: questa funzione è stata evidenziata nel 1957 da James Meade,
venti anni prima di vincere il Nobel (nel 1977). Si tratta, ve lo sottolineo,
di un economista illustre, che poi è stato dimenticato, ingiustamente, perché
molto attuale, e nel mio libro concludo la mia proposta di politica economica
utilizzando appunto un articolo che lui scrisse nell'anno in cui sono stati
firmati i Trattati di Roma (1957).
Meade dice che se un governo europeo vuole utilizzare
politiche monetarie o di bilancio in modo non cooperativo, a esclusivo fine di
stabilizzazione interna, se per esempio, usando le sue parole “nella presente
situazione di surplus delle partite correnti le autorità tedesche dovessero
usare la politica monetaria per contenere l’inflazione... bisognerà fare
maggior ricorso all’arma della variazione del cambio”.
La flessibilità del
tasso di cambio è un'arma difensiva contro il comportamento non cooperativo di altri stati membri di
un’Unione Economica e Monetaria, ed è l’arma più efficace, perché di fronte a
politiche di dumping sociale così forti come quelle praticate dalla Germania il
tasso nominale tedesco si sarebbe apprezzato. Sarebbe andata così: “Cari
tedeschi, va bene, siete bravi, avete fatto le riforme senza aspettarci, che
bello!
Così facendo oggi violereste l'art. 5 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, ma che gli
fa, siamo amici, va bene così. Ora i vostri prodotti costano di meno,
fantastico! Ci piacciono molto, benissimo! Siete un paese in surplus, che
bello, vi facciamo anche un applauso...” Ma se dieci anni or sono per comprare
i prodotti tedeschi avessimo dovuto comprare la valuta tedesca, questa, essendo
molto richiesta, si sarebbe apprezzata, e così a
lla Germania non sarebbe
servito a molto schiacciare i salari dei propri lavoratori!
Noi viviamo in un sistema sovietico dove abbiamo
pianificato il prezzo più importante per un paese, il prezzo della sua valuta.
Un’ultima osservazione.
Cosa dovreste fare, in qualità di deputati europei?
Visto
che difendendo l'euro a tutti i costi la Commissione sta distruggendo, con politiche di
austerità rese necessarie
dall'euro, le prospettive di sopravvivenza dell'unione europea, perché
questo è quello che sta succedendo, allora voi deputati dovreste utilizzare il
vostro potere di sfiduciare la Commissione Europea e costringerla a dimettersi. Perché
la Commissione
sta distruggendo l'Europa, e questo non è quello che ci si aspetta da lei.
Forse non avete i numeri per farlo ora, ma dopo le prossime elezioni le cose
potrebbero cambiare, come avevo previsto ormai due anni fa, e se non segnalate
il vostro dissenso verso questa situazione assumete un rischio politico e
probabilmente dovrete anche pagare un costo politico.
State attenti, e buona fortuna!
(
avviso ai sognatori: potete anche far finta di non
capire le parole in rosso. Fatti vostri. Quando vi inseguiranno coi forconi io,
pur deprecando un simile comportamento inumano ed inelegante, non piangerò,
perché mi avete veramente rotto i coglioni. Econ102 l'abbiamo fatta tutti, e
voi spesso in università più prestigiose della Sapienza, dove l'ho fatta io.
Quindi potete prendere in giro chi vi pare, ma non me, e fra un po' nemmeno
tanti altri. Dite la verità, cazzo, ditela! Avete poco tempo, lo capite o no?
Jens è vivo e lotta insieme a noi...)