L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

martedì 10 giugno 2014

Cina, aumenta la sua influenza in Africa, anche il Malawi vuole scambi commerciali con il gigante

DOPO LE PRESIDENZIALI
Anche il Malawi
ora guarda
al gigante cinese
Peter Mutharika è il nuovo presidente, accettato dalla popolazione nonostante le contestazioni della rivale sconfitta, l'uscente Joyce Banda. Ma il fratello dell'ex presidente Bingu, oltre ai guai giudiziari, dovrà gestire un Paese diviso, alle prese con scandali di corruzione e rischi di carestia. La testimonianza di padre Raimondo Negrini, missionario comboniano nella capitale Lilongwe
Davide Maggiore
In Malawi il peggio è stato evitato, ma resta molto da fare. Le elezioni del 20-22 maggio hanno dato un risultato chiaro, stando ai dati diffusi al termine dello spoglio: come nuovo presidente del Paese è stato scelto Peter Mutharika, ex ministro degli Esteri e fratello del defunto capo di Stato, Bingu wa Mutharika, morto nel 2012. Il 36% dei voti è bastato al candidato del Democratic Progressive Party (Dpp) per distanziare l’ex predicatore Lazarus Chakwera, del Malawi Congress Party (Mcp) che ha ottenuto il 28%. Solo terza la presidentessa uscente, Joyce Banda (del Peoples Party, Pp), che ha inizialmente tentato di far annullare e ripetere le consultazioni, denunciando brogli. Un tentativo vanificato dalla Corte Suprema locale, che ha di fatto sancito la vittoria di Mutharika, infine accettata anche dall’avversaria.

La delusione Banda. Per alcuni giorni la tensione è stata palpabile, testimonia padre Raimondo Negrini, missionario comboniano nella capitale Lilongwe: “Visto il ritardo nell’annunciare i risultati, la gente era già stata presa dalla rabbia”, ricorda. Il 30 maggio, in scontri avvenuti a Mangochi, nell’ovest, una persona era rimasta uccisa. Nei giorni successivi, però “le cose sono andate meglio di quanto ci si aspettasse”: “Mutharika è stato accettato in maniera pacifica”, nonostante contro di lui penda un’accusa di complotto, legata proprio al tentativo di impedire, dopo la morte del fratello Bingu, la successione - costituzionalmente legittima - della stessa Joyce Banda, allora vicepresidente. Malgrado questo “quando il nuovo capo dello Stato è arrivato da Blantyre, nel sud, per prendere possesso del suo palazzo a Lilongwe, è stato accolto da cori di donne e non ci sono stati disordini per le strade”, racconta il missionario. Un segnale incoraggiante, considerate le divisioni politiche ancora presenti tra diverse parti del Paese: “Mutharika ha ottenuto più voti al Sud, nella zona di Blantyre, mentre nelle regioni centrali, a Lilongwe, è più forte il partito di Chakwera”, nota infatti il comboniano. Ad unire molti, però, è stata la delusione verso Joyce Banda, che insediandosi aveva promesso una lotta senza quartiere contro la corruzione, non riuscendo poi a portarla a termine. Al contrario, sulla sua mancata rielezione ha pesato soprattutto il cosiddetto scandalo “Cashgate”, che ha visto scomparire dai conti statali oltre 250 milioni di dollari, fatti figurare come pagamenti di appalti, ma che sarebbero andati in realtà a beneficio di funzionari governativi. L’operazione avrebbe avuto, secondo alcune voci molto diffuse nel Paese, il benestare della stessa Banda; sotto accusa anche la campagna elettorale della presidentessa uscente, che, dice ancora padre Negrini “distribuiva granturco durante i raduni, facendolo apparire come un dono suo e del partito, mentre si trattava di aiuti destinati alla nazione”.

Una svolta necessaria. Con gli altri candidati principali (Chakwera e il figlio di un altro ex presidente, Muluzi) percepiti come politicamente immaturi, l’insuccesso di Banda ha inevitabilmente spianato la via a Mutharika, che poteva contare sull’organizzata macchina elettorale del Dpp, ma che soprattutto, osserva padre Negrini, “è stato percepito come l’unico tra i contendenti ad avere esperienza di governo, per essere stato ministro durante il mandato del fratello”. Nella sua prima dichiarazione da presidente, ha offerto “un ramoscello d’ulivo” all’avversaria sconfitta, raccogliendo così l’invito del segretario generale dell’Onu. All’indomani della proclamazione dei risultati, Ban Ki-moon aveva chiesto ai leader politici e ai loro sostenitori di “lavorare insieme per mantenere la pace e la democrazia” in Malawi. Una prima rottura con la linea di Banda, tuttavia, sembra all’orizzonte, e riguarda la politica estera: se la candidata sconfitta era considerata vicina ai tradizionali partner occidentali, il suo successore ha già annunciato l’intenzione di rivolgersi sempre più a “nuovi amici”, le economie emergenti, prima tra tutte la Cina, ricalcando una dinamica in corso in molte altre parti dell’Africa. Non cambiano, invece, le questioni urgenti per il nuovo governo, prima tra tutte quella dell’autosufficienza alimentare. Questa è ancora a rischio, giudica padre Negrini, secondo cui “nella zona di Lilongwe il raccolto è stato buono, ma altrove la pioggia ha scarseggiato o è arrivata tardi e già cominciano piccole carestie”.
http://www.agensir.it/sir/documenti/2014/06/00288711_anche_il_malawi_ora_guarda_al_gigante_cin.html

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