L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

giovedì 12 giugno 2014

il Capitalismo ha molte frecce al suo arco e non ha opposizioni forti con progettualità alternative

"Questa è la fine del capitalismo"

È la constatazione del direttore dell'HWWI sull'introduzione di interessi negativi su Bce
BERNA - È la fine del capitalismo: questa la riflessione di Thomas Straubhaar, economista svizzero e direttore dell'Istituto per l'economia mondiale di Amburgo (HWWI), riguardo all'introduzione di interessi negativi da parte della Banca centrale europea (Bce).
"Il capitalismo è alla fine. Quello che non sono riusciti a fare i suoi oppositori, lo fa adesso la Bce", scrive il professore universitario in un contributo pubblicato dal quotidiano tedesco "Die Welt".
"L'interesse positivo - insieme al denaro in sé - è il cuore del capitalismo, che stimola la crescita e il progresso", argomenta Straubhaar. Esso fa sì che due persone si incontrino: colui che ha denaro ma non idee e chi ha idee ma non denaro.
Il capitalismo vive, se non della promessa, perlomeno dell'aspettativa che il futuro sarà migliore del passato. Un interesse negativo "significa che l'economia non crescerà: al contrario, si contrarrà", si dice convinto l'esperto 57.enne. A suo avviso gli interessi negativi sfociano in una mentalità dell'indebitamento che porta a investimenti poco redditizi e quindi a uno spreco di denaro.
Il risparmiatore che si vede punito per la sua rinuncia al consumo è portato a tenere il denaro sotto il materasso invece che portarlo in banca, escludendolo quindi dalla circolazione. Per scongiurare questa tendenza lo stato interviene limitando i tempi di validità delle banconote: in tal modo il denaro perde anche la sua funzione di riserva di valore.
Gli interessi negativi - continua Straubhaar - hanno un effetto sui sintomi, ma non sulle cause dei problemi, che sono le enormi esigenze di adeguamento strutturale e la mancanza di competitività in alcune economie della zona euro. Con interessi negativi si può guadagnare tempo, che però almeno finora è stato male impiegato per venire a capo delle difficoltà reali.
Nel frattempo il denaro fugge dai conti risparmio e dalle obbligazioni per finire in azioni (gli indici sono infatti ai massimi), metalli preziosi, materie prime e immobili. Ma attenzione: in una situazione di interessi negativi la borsa non può più essere considerata il termometro dell'economia reale, sempre che lo sia mai stata. Al contrario, i corsi non hanno più nulla a che fare con quanto succede sul mercato dei beni e del lavoro.
Secondo Straubhaar la Bce ha praticamente statalizzato il mercato del credito. Una economia statalizzata guidata da Francoforte può anche aver successo e, in tempi difficili e insicuri, può forse essere addirittura l'unica soluzione veramente ragionevole. Ma questo non cambia nulla al fatto che è la fine del capitalismo, conclude lo specialista con radici bernesi.
http://www.cdt.ch/mondo/economia/108529/questa-e-la-fine-del-capitalismo.html 

Nessun commento:

Posta un commento