Il successo militare dello stato islamico e la “guerra delle Toyota” di Eugenio Orso
La guerra delle Toyota negli anni ottanta
Siamo in Africa, in pieni anni ottanta, e
i francesi, determinati a metter in atto il piano “Manta”, supportano
l’esercito del Ciad e il suo governo, guidato da Hissen Habré. Gli
uomini di Habré combattono una guerra impari contro le armate libiche di
Gheddafi (buonanima) e i suoi alleati locali. Gheddafi vorrebbe
avanzare verso sud e occupare la capitale del Ciad N’Djamena. I libici,
potentemente armati e supportati da un aviazione militare di
prim’ordine, occupano l’estremo nord del paese africano, conteso a
Francia e Stati Uniti. La striscia di Aouzu, in gran parte desertica,
ospita le principali basi militari e aeree libiche nel paese conteso,
correndo per mille chilometri sul confine fra Libia e Ciad con una
profondità di circa cento chilometri. L’oasi di Faya Largeau è
saldamente in mani libiche, e la grande base aerea di Uadi Doum dispone
di quasi quattro chilometri di pista per il decollo/atterraggio dei
velivoli, è difesa da missili antiaerei SA-6 ed è adatta a far alzare in
volo i grandi Tu(polev)-22 da bombardamento. Diverse brigate libiche,
dotate di grandi quantità di carri T-55 e di BMP-1 da fanteria, sono
pronte a sferragliare verso la capitale del Ciad per espugnarla,
infliggendo uno smacco ai franco-americani che appoggiano Habré.
Sembra che l’avanzata libica verso sud,
supportata da materiali militari sovietici e da “consiglieri” e piloti
della Germania orientale, sia destinata a un grande successo, anche se
l’aviazione francese contrasta con Mirage e Jaguar le armate di Gheddafi
e un reggimento legionario protegge N’Djamena.
Se non che … i francesi decidono con
spregiudicatezza di far combattere alle popolazioni nomadi ciadiane del
nord una guerra veloce, di sorpresa, con veicoli e materiali leggeri.
Parte di questi combattenti era alleata dei libici di Gheddafi, ma poi è
passata dall’altra parte. Colonne veloci di fuoristrada Toyota – da cui
il nome di questa nuova guerra – Land Rover e autoblindo leggere
francesi della Panhard portano in combattimento i ciadiani equipaggiati
con armi leggere, mitragliere, sistemi missilistici individuali
antiaerei e controcarro. I nomadi del deserto possono così combattere
secondo la loro “indole”, ma con materiali bellici moderni e mezzi di
trasporto veloci. Grande mobilità combinata con un armamento leggero ma
potente e con l’effetto sorpresa che spiazza il nemico. Nonché una certa
ferocia in combattimento.
Per i libici è rotta totale, nonostante
le grandi basi fortificate, i Tu-22, i Mirage (per ironia della sorte
forniti dai francesi) e i Mig, i missili antiaerei SA-6 e SA-8 e i carri
pesanti T-55. Il 1987 si rivela essere l’anno nero per Gheddafi e le
forze armate libiche. I combattenti ciadiani appaiono improvvisamente,
sfrecciano aggirando le possenti postazioni difensive libiche (carri
interrati, alla moda degli arabi nelle guerre arabo-israeliane, e
artiglierie di ogni calibro). Sulle Toyota, con i missili spalleggiabili
e le mitragliatrici a disposizione, i combattenti del Ciad fanno strage
dei libici in fuga, addirittura schiacciandoli sotto le ruote dei
veicoli. Il morale degli uomini di Gheddafi cade, precipitando sotto la
suola delle scarpe, e molti fra loro non combattono neppure,
abbandonando le armi e dandosi disperatamente alla fuga nel deserto
(dove li attende la morte per sete e per fame, o per mano delle
popolazioni nomadi). Si contano migliaia di caduti libici, un elevato
numero di prigionieri, alcune centinaia fra T-55 e BMP-1 distrutti o
catturati, decine di aerei ed elicotteri abbattuti, o addirittura
abbandonati sulle piste e catturati intatti. Poche le perdite ciadiane,
pochi i fuoristrada Toyota distrutti. Cadono una dopo l’altra Faya
Largeau, Fada, Uadi Doum e le ondate ciadiane, inferiori numericamente
ai libici ma bene armate sulle veloci Toyota, raggiungono obiettivi
militari insperati.
Ciliegina sulla torta, che amplifica il
successo militare ciadiano e fa sprofondare nello sconforto le armate di
Gheddafi, l’offensiva in territorio libico dell’estate del 1987,
condotta da un paio di migliaia di combattenti di Habré sempre sulle
fedeli Toyota, che consente di conquistare in tempi brevissimi (circa
un’ora, secondo alcune fonti) la grande base di Ma’atan Bishrah, con
oltre mille e settecento militari libici uccisi.
Considerazioni sulla guerra in Ciad
Due considerazioni devono essere fatte,
per comprendere ciò che scriverò in seguito, a proposito dei successi
bellici dello stato islamico in Iraq e in Siria.
La prima è che i ciadiani si sono
impossessati di un buon numero di missili antiaerei, anche a medio-lungo
raggio, e di pezzi di artiglieria antiaerea presenti nelle dotazioni
dei libici sconfitti (fra i quali SA-6 e SA-8), e li hanno usati
efficacemente contrastando le incursioni aeree di Gheddafi. Inoltre,
hanno beneficiato della copertura aerea degli Jaguar e dei Mirage
francesi (i francesi erano saldamente attestati nel Centrafrica e
presenti a N’Djamena).
Le centinaia di milioni di dollari
erogati dagli americani a N’Djamena, in funzione antilibica, e gli
sforzi francesi non avrebbero avuto così grande effetto, nel caso di
riarmo “tradizionale” dei combattenti locali, basato sul solito
armamento pesante che limita la mobilità degli armati e non consente di
sfruttare appieno il fattore sorpresa. Soprattutto tenendo conto della
superiorità in termini numerici e di armamenti pesanti dei libici, un
gap difficilmente colmabile in tempi brevi.
Infine, alcune fonti ascrivono parte
significativa del successo ottenuto con la “guerra delle Toyota”, alle
capacità organizzative, addestrative, ma anche tattico-strategiche, di
un piccolo gruppo di ufficiali delle forze speciali francesi – 11° Choc,
o meglio, 11e régiment parachutiste de choc – che ha contribuito a
impostare e rendere possibile la spregiudicata ma vincente azione
militare. Gli ufficiali in questione potrebbero esser stati non più di
una quindicina.
Ebbene, quei tecnici molto specializzati,
in grado di immaginare operazioni come la “guerra delle Toyota”, non
potevano sapere che un trentennio dopo, o quasi, le loro intuizioni
militari, la loro filosofia d’impiego di mezzi veloci come i fuoristrada
Toyota, avrebbero consentito rapidi successi bellici a un autentico
demonio dell’era contemporanea, cioè lo stato islamico degli jihadisti
sunniti e di Abu Bakr al-Baghdadi.
I tagliagole della sunnah, coccolati
dalle monarchie del Golfo, praticano qualcosa di molto simile alla
“guerra delle Toyota” degli anni ottanta, esaltando la velocità e il
fattore sorpresa. Una sorta di ultimo release della vecchia Blitzkrieg,
senza l’uso di carri principali da battaglia e reggimenti di fanteria
corazzata, che ha permesso in tempi brevi di sbriciolare le difese del
numeroso ma poco motivato esercito “safavide” (sciita irakeno), di
mettere in difficoltà i coriacei e coraggiosi Peshmerga curdi e di
riprendere l’iniziativa in Siria, contro i regolari di Assad e tutte le
altre fazioni in campo.
Il successo militare dello stato islamico (punti di forza e di debolezza)
Specializzati nel taglio delle teste di
prigionieri e civili inermi, nel seppellire vivi bambini e nel
crocifiggere innocenti, o combattenti che si sono arresi, queste bestie –
generate da una certa interpretazione politica dell’islam ortodosso,
dai petrodollari “sauditi” e dalla pelosa acquiescenza euroamericana –
non sono paragonabili ai combattenti ciadiani, che negli anni ottanta
affrontavano le armate libiche sui fuoristrada Toyota. Nonostante il
giudizio sul piano etico, le differenze che qui ci interessano sono le
seguenti:
1) L’attenzione particolare che i
nuovi praticanti della “guerra delle Toyota” riservano agli obiettivi di
rilevanza economica, come le raffinerie e i pozzi di petrolio, nel nord
della Siria e dell’Iraq. I ciadiani combattevano semplicemente per
respingere in Libia le truppe di Gheddafi e liberare i loro territori,
non avendo la velleità di prendere il controllo dei pozzi di petrolio
libici. Può essere che gli assassini targati islamic state abbiano
stabilito accordi, ovviamente segreti, con le monarchie del Golfo per lo
sfruttamento e la commercializzazione delle risorse energetiche
conquistate (e perché non anche con compagnie petrolifere del calibro di
Exxon o Chevron, già presenti nel Kurdistan
irakeno?).
2) La loro ferocia, esercitata contro
tutti, popolazioni sunnite e nemici interni alla sunnah compresi,
risponde a un ben preciso target, cioè quello di terrorizzare la
popolazione e gli avversari armati, per facilitare la conquista e la
“sottomissione” (ma non ad allah …). Gli stessi attentati suicidi (opera
di qualche vittima drogata e plagiata?) e le autobombe servono a
questo. Inoltre, è un modo piuttosto spiccio e a “costo zero” per
impossessarsi dei beni patrimoniali altrui (dei cristiani, degli yazidi,
degli sciiti, dei curdi e dei turcomanni). I ciadiani sulle Toyota, ai
loro tempi, hanno ucciso molti invasori libici, ma hanno anche fatto
prigionieri e non hanno infierito sugli sconfitti in modo sistematico e
così brutale.
3) La “pulizia” etnico-religiosa messa
in atto dallo stato islamico serve per acquisire un controllo totale
del territorio conquistato con le armi e il sangue, eliminando qualsiasi
rischio di ribellione futura. Il trionfo della “vera fede” è solo fumo
negli occhi. La “pulizia” etnico-religiosa molto rapida e spietata
(quanto la “guerra delle Toyota”), si combina con la ferocia,
tipicamente mercenaria, di cui al punto 2. I ciadiani di Habré avevano
ben altri obiettivi e inoltre combattevano contro un esercito invasore
bene armato, non contro popolazioni inermi.
4) L’assenza di una copertura aerea e
la scarsità di armi antiaeree, soprattutto missilistiche a medio e lungo
raggio, caratterizzano le “armate islamiste” di al-Baghdadi. Se i
combattenti filogovernativi del Ciad, nel 1987, avevano l’appoggio aereo
diretto dei francesi e le molte armi missilistiche antiaeree catturate
ai libici, lo stesso non si può dire per lo stato islamico. Chi gli darà
copertura aerea? L’infame e ricco Qatar che lo finanzia e l’ha
riconosciuto? Assai improbabile. I qatariani sono ricchi e vili, si
accontenteranno di guardare lo sviluppo della situazione su Al Jazeera e
non manderanno mai i loro (pochi) aerei militari a difendere il
califfato. Vero è che il difetto in termini di armi missilistiche
antiaeree potrà essere colmato in futuro, ma nell’attuale situazione
costituisce un punto di vulnerabilità di grande importanza. Gli
americani bombardano con gli aerei e i droni, sia pure col contagocce e
in grande ritardo e il “califfo” li sbeffeggia, persino su twitter,
sfidandoli a scendere sul terreno. Grave errore. Essendo questo il
maggior punto di vulnerabilità dello stato islamico, se nel prossimo
futuro vi saranno efficaci interventi aerei, non limitati a qualche
pezzo di artiglieria e a qualche blindato da distruggere, la forza
militare islamista potrà essere compromessa e, a quel punto, le agili e
veloci Toyota serviranno a ben poco. Specie se vi saranno, dopo i
bombardamenti aerei, massicce controffensive curde e “safavidi” sul
terreno. Ciò infrangerebbe il sogno del novello mahadi di arrivare a
Istanbul, o addirittura a Roma.
In conclusione, se il repentino successo
bellico dello stato islamico è frutto di una riproposizione in Medio
Oriente della “guerra delle Toyota”, combattuta nel Ciad invaso dai
libici (1987), il punto di debolezza che rivela lo stato islamico è la
totale assenza di aerei da combattimento e la scarsità in termini di
missilistica antiaerea a medio e lungo raggio. Se finora sono bastate
velocità di manovra e armi leggere per acquisire risultati in
inferiorità numerica, la vulnerabilità dello stato islamista illegale è
evidente. Basterà un intenso e prolungato bombardamento aereo (non come
quello “leggero” deciso dagli americani) per disarticolare i.s. e le sue
armate. Ma si deve fare presto, non permettendo che possa colmare la
lacuna in termini di armi aeree e antiaeree.ù
http://pauperclass.myblog.it/2014/08/11/il-successo-militare-dello-stato-islamico-la-guerra-delle-toyota-eugenio-orso/
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