E per venire rapidamente ai giorni nostri?
In Occidente – culla della modernità – gli studiosi del po- tere sanno che la democrazia rappresentativa è in parte una fictio dietro cui si cela una competizione tra ristrette élite per conquistare il governo della società. Così scrive Gustavo Zagrebelsky, uno dei nostri migliori costituzionalisti:
La democrazia, nella versione rappresentativa che conosciamo, è una classe politica, scelta attraverso elezioni, che immettono nelle istituzioni istanze della società per trasformarle in leggi. È dunque, nell’essenziale, un sistema di trasmissione e trasformazione di domande che si attua attraverso una sostituzione dei molti con i pochi: una classe politica al posto della società. Qui, piaccia o no, c’è la radice inestirpabile del carattere oligarchico della democrazia rappresentativa, carattere che perlopiù viene occultato in rituali democratici ma che talora non ci si trattiene dall’esibire sfrontatamente. Ma al di là di ipocrisia o arroganza, ciò che è decisivo è il rapporto tra questa oligarchia e la società [...]. La classe politica «pesca» dalla società le istanze ch’essa vuole rap- presentare per ottenere i consensi necessari a mantenere o migliorare le proprie posizioni, secondo la legge ferrea dell’autoconservazione delle élite.
Qui sta il punto cruciale: il rapporto tra oligarchie e società, tra i pochi e i molti.
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