Nicolas Maduro aumenta ancora il salario
Il salario minimo venezuelano è così oggi il più alto dell’America latina, sempre molto al di sopra della pesante inflazione, insita nelle storture economiche ereditate e in quelle dovute al sabotaggio dei poteri forti e dei grandi gruppi di opposizione. Basti vedere le tonnellate di prodotti sequestrati, dirette al mercato nero.
Attualmente — ha aggiunto il presidente — «il Venezuela ha il livello di disoccupazione più basso degli ultimi quarant’anni, nonostante la guerra economica. La borghesia arriva col sorriso a dire che il nostro modello è fallito, e noi con costanza ricominciamo a superare gli ostacoli. Se vogliamo costruire una nuova società abbiamo bisogno di una nuova classe lavoratrice, portatrice di una nuova morale, di una nuova cultura del lavoro».
Nei giorni scorsi è stato anche deciso un ulteriore aumento di stipendio alle Forze armate, nerbatura dell’unione civico-militare su cui si basa il socialismo bolivariano. Una misura fortemente contestata dalle destre, costrette comunque a rincorrere le politiche economiche decise dal governo per erodere consensi a Maduro tra le classi popolari. Secondo le ultime inchieste, l’indice di gradimento del presidente è sempre molto elevato, sostenuto dalla continuità dei progetti sociali portata avanti dal chavismo: a partire dal massiccio piano di costruzione di case popolari, consegnate agli assegnatari già accessoriate.
Inoltre, con l’ingresso del Venezuela nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, Maduro ha più peso per contrastare i colpi bassi e il discredito dell’opposizione oltranzista a livello internazionale. E infine, con il nuovo ruolo che sta giocando il presidente colombiano Manuel Santos, intenzionato a portare a soluzione politica il conflitto sociale con le guerriglie che dura da oltre mezzo secolo, vi sono stati alcuni segnali positivi per disinnescare piani eversivi e attività di contrabbando alla frontiera.
E ieri è cominciato nell’isola Margherita (Nueva Esparta) il vertice dei movimenti sociali sul cambiamento climatico. Fino al 7 novembre, 79 organizzazioni non governative e movimenti sociali provenienti da 45 paesi del mondo si riuniscono per trovare una posizione comune e presentarla alla Conferenza di Lima tra il 1 e il 12 dicembre.
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