Expo2015, il business sui biglietti vinto dagli “amici” di Best Union
L’azienda bolognese, che
vanta amicizie nel mondo di Comunione e Liberazione, si è aggiudicata il
servizio di biglietteria e una parte per i tornelli in una procedura
senza veri concorrenti e senza avere mai rapporti diretti con Expo Spa

Per la sola vendita dei biglietti d’ingresso all’Expo 2015 di Milano si prevedono
incassi da 440 milioni di euro. Una cifra arrotondata per difetto se si considera che sono attesi 20 milioni di visitatori e che il
prezzo medio per il biglietto di ingresso sarà di 22 euro
(lo ha detto il Commissario unico Giuseppe Sala alla posa della prima
pietra del padiglione cinese). Il servizio di “ticketing”, così si
chiama, è
uno dei più ricchi business dell’Esposizione Universale
e un fattore chiave per il suo finanziamento, ma come è stato
assegnato? La pulce nell’orecchio, va detto, ce l’ha messa una
segnalazione arrivata a
Expoleaks, la piattaforma di whistleblowing creata da
Irpi e dal
centro Hermes per la trasparenza e i diritti umani digitali con l’appoggio di
Wired.
Di fatto, l’assegnazione del servizio di
ticketing non è passato attraverso una vera gara pubblica,
ma è stato incluso all’interno di quello di “banking” (che comprende
tutti i servizi finanziari e di credito legati all’evento) e
assegnato a un’azienda che però non è mai entrata in nessuna trattativa con Expo Spa: si tratta della
Best Union Company (BU),
società bolognese che ha ottenuto il servizio per la biglietteria
grazie ad una partnership con Intesa San Paolo, la grande banca
diventata sponsor ufficiale dell’esposizione universale.
Ma perché legare il ticketing al banking e
non creare un bando ad hoc visto anche l’ammontare del servizio?
Risponde direttamente Expo alla domanda. L’azienda stima che i costi
operativi per il mantenimento della cittadella della fiera a Rho siano
di circa
un miliardo di euro. E lo Stato non versa
nemmeno un centesimo per coprire questa voce di spesa: ci si deve dunque
rivolgere a sponsorizzazioni e partnership private per ammortizzare i
costi.
Expo Milano ha già raccolto oltre 370 milioni di euro
(cifra record, l’Expo di Shanghai si è fermato a 50). Ma ancora non
bastano. Così l’azienda ha offerto la possibilità di diventare sponsor
ufficiale dell’esposizione universale attraverso una cinquantina di
Rfp, “
Request for proposal”.
Di cosa si tratta? Letteralmente una Rfp è una “richiesta di proposte”,
ovvero ventisette pagine in cui Expo invita le aziende interessate al
servizio in questione di mandar loro un’idea progettuale, e in cui sono
delineate le necessità da espletare per tale servizio e i benefici per
l’azienda che se lo aggiudicherà. In pratica si chiede ad un’azienda di
prendere attivamente parte all’evento, investendo, in cambio di servizi
remunerativi o ritorni d’immagine. Una tipologia di gara atipica,
secondo gli esperti del settore, soprattutto per servizi dal così alto
valore economico.
Per la sponsorizzazione bancaria Expo chiede
23,2 milioni di euro. Ma ecco cosa ottiene in cambio chi partecipa:
“I ricavi dalla vendita dei biglietti – si legge nella Rfp –
saranno nell’ordine dei 400 Milioni di Euro, le sponsorizzazioni circa 250 Milioni di Euro,
attività commerciali e servizi circa 100 Milioni di Euro”. Ad agosto
2012, quando viene pubblicata la gara, si presenta solo un concorrente,
Intesa San Paolo. “La richiesta che facevamo presupponeva un importante
investimento anche per un grosso gruppo bancario”, spiega Piero Galli,
Direttore Generale Divisione Gestione Evento di Expo 2015. Prima della
pubblicazione della Rfp, Expo aveva già cominciato a fare scouting per
presentare una RFP attraente ed interessante per le aziend. A quel punto
ciascuno dei soggetti interessati a Expo (“Si sono fatti vivi tutti i
grandi gruppi bancari”, assicura Galli) ha fatto le proprie valutazioni.
E Intesa San Paolo ha scelto Best Union come partner per la parte dei
biglietti attraverso una trattativa privata”.
Sulla natura di tale procedura e trattativa, Galli è chiaro: “
Abbiamo scelto L’Rfp
perché è un percorso pubblico, aperto a chiunque può presentarsi. Si
differenzia da una gara di acquisto poiché nell’RFP il meccanismo
funziona al contrario:
invece di comprare un servizio, ce lo facciamo fornire (combinando contante e servizi) in contropartita dei benefici di partnership (intangibile su logo, visibilità etc.)”.
Sulle motivazioni per cui San Paolo abbia creato un’associazione di impresa con Best Union, Galli non vuole entrare nel merito,
ritenendo opportuno che a questa domanda rispondano i diretti
interessati. E così nasce la collaborazione tra Intesa e l’azienda
bolognese.
Seppur sconosciuta,
BU è un colosso della biglietteria quotato in borsa,
con un parterre di clienti di tutto rispetto tra cui il Disney World in
Florida, il museo del Louvre a Parigi e le fiere di Roma, Vicenza, del
Lingotto di Torino e di Milano.
Ma non è tutto.
Best Union si è aggiudicata anche il servizio per l’installazione e la gestione degli accessi alla manifestazione universale
grazie alla partnership instaurata con l’azienda Came Group. Anche qui,
dunque, BU ha vinto senza intavolare una trattativa diretta con Expo.
“Gestiremo la sorveglianza, il comando, la regolazione e il controllo
dei tornelli dell’intero spazio espositivo”, afferma Riccardo Samiolo,
strategy e special project manager di Came. In tutto, 240 tornelli
automatici, in grado di gestire l’afflusso di circa 140 mila visitatori
al giorno con picchi di 250 mila. Una partnership, quella fra Best Union
e Came Group “del valore di 4,8 milioni di euro”.
“Hanno cambiato le carte in tavola”
Giorgio Lauretta è l’amministratore delegato di TicketOne Sistemi Culturali. La casa madre
TicketOne è l’unica azienda che ha provato ad entrare in partnership con Intesa San Paolo al posto di BU. “
A
noi rimane un po’ di rammarico – racconta – se avessimo saputo che ci
avrebbero chiesto una soluzione standard, avremmo potuto contenere i
costi”. Non avrebbe mai pensato di essere escluso, pareva fatta
per la sua azienda. TicketOne comincia a collaborare con Expo Spa nel
dicembre 2006, quando ancora Milano doveva presentare la propria
canditatura al Bie (Bureau international des expositions), il gruppo che
organizza gli Expo nel mondo. È proprio TicketOne a elaborare per conto
di Expo Spa la parte inerente al servizio di ticketing all’interno del
dossier per la candidatura del capoluogo lombardo e a presentarla di
fronte al Bureau nell’ottobre del 2007, quando l’esposizione universale
deve ancora essere assegnata. Poi la luna di miele s’interrompe: il
responsabile Tecnologia di Expo lascia e
i rapporti tra TicketOne e Expo si raffreddano.
“A quel punto è iniziata la faccenda delle gare ed Expo Spa si è mossa
in maniera un po’ strana”, ricorda Giorgio Lauretta. E così le carte in
tavola sono cambiate.
All’inizio infatti l’esposizione puntava fortemente sul cosidetto
System Distribution Platform (SDP),
una piattaforma digitale dentro cui convogliare tutti i servizi di
Expo, biglietteria compresa. La gara per SDP la vince la ditta
Accenture
la quale contatta TicketOne per prevedere l’integrazione della
biglietteria all’interno della piattaforma digitale, “come previsto da
Expo, inizialmente”, afferma Lauretta. Il progetto di TicketOne è
costoso, la compatibilità del sistema di ticketing con SDP è infatti
oneroso in termini economici. Poi però cambia tutto.
Expo rimuove il servizio di biglietteria dal bando per l’SDP e lo inserisce in quello per il banking partner.
E così l’interlocutore da Accenture diventa Intesa San Paolo, che è
adesso a caccia di una proposta per il servizio di ticketing da inserire
nella propria per il servizio di banking.
Il budget proposto da Giorgio Lauretta però è alto, causa SDP. E così TicketOne perde la pole position acquisita negli anni:
Intesa vira su Best Union.
“Non c’è mai stata una vera e propria offerta formale di TicketOne a
Expo Spa – prosegue l’ad Lauretta – perché la gara per la biglietteria
l’ha fatta Intesa San Paolo. È stata Intesa San Paolo a selezionare il
fornitore del servizio, non Expo. Non mi risulta che alla fine la
soluzione di biglietteria adottata presenti questa integrazione con
SDP”.
Alla nostra richiesta di chiarimenti, Best Union fa spallucce: “Vi consiglio di contattare l’ufficio stampa di Expo”,
afferma il consigliere del Cda Silvano Taiani. “Essendo la nostra
azienda quotata in borsa non possiamo rilasciare informazioni che non
siano già di dominio pubblico”. Sulla stessa linea è la risposta di
Intesa San Paolo. La nostra proposta di incontrare il responsabile per
Expo 2015 cade nel vuoto: “Vi faremo sapere quando presenteremo i nostri servizi”,
ha risposto l’ufficio stampa della banca. E così i contenuti della
trattativa tra Best Union e l’istituto bancario restano un punto
interrogativo, alla faccia della trasparenza.
Gli amici di Best Union
Best Union è un’azienda in salute: ha chiuso il primo
semestre del 2014 con ricavi per 21,4 milioni di euro, negli anni ha
aperto succursali negli Usa, in Gran Bretagna, in Francia, negli Emirati
e a Singapore. Fondatore e azionista di maggioranza (con il 37% delle
quote) è
Luca Montebugnoli, bolognese, appassionato di
basket, a cui l’idea di una multinazionale dei biglietti è nata quando
da giovane faceva la maschera al Paladozza, il tempio della
pallacanestro bolognese. E’ lui il deus ex machina dell’azienda che
intreccia rapporti con personaggi chiave del mondo fieristico lombardo.
Nel suo cv spuntano infatti interessanti relazioni con il mondo di
Comunione e Liberazione. Fra tutte, quella con
Banca Akros, dove siede nel Cda. Il presidente della banca si chiama
Graziano Tarantini, padre fondatore della
Compagnia delle Opere di Brescia (braccio finanziario di
Comunione e Liberazione) nonché intimo amico di
Antonio Intiglietta con cui condivide l’appartenenza a Comunione e Liberazione. Presidente di
Gestione Fiere,
società che organizza Expo Italia Real Estate e la fiera
dell’Artigianato di Milano, è Intiglietta l’uomo forte delle fiere a
Milano e in Lombardia,
capace di aprire le porte del mondo fieristico a chiunque.
A braccetto con Comunione e Liberazione
Best Union graviterà nel mondo fieristico milanese almeno fino alla
scadenza del contratto con Expo, fissata a giugno 2016, si legge nel
Rfp.
Una lunga amicizia iniziata già nell’agosto 2008 quando l’azienda bolognese è stata scelta da Fiera Milano Spa
per la gestione dei servizi di biglietteria, accoglienza, controllo
accessi e sicurezza delle manifestazioni per il polo fieristico del
capoluogo lombardo.
Best Union e Intesa San Paolo condividono le simpatie per il mondo di
Comunione e Liberazione e
Compagnia delle Opere. Oltre che di Expo 2015, infatti,
Intesa è main sponsor del Meeting di Rimini,
l’incontro più importante dei militanti ciellini, e ha in corso da più
di dieci anni una convenzione con le 38.000 imprese iscritte alla Cdo.
Un accordo analogo lega Compagnia delle Opere anche a
Banca Popolare di Milano, altro istituto con cui Montebugnoli ha buoni rapporti.
I sindacati alle calcagna
Qualche grattacapo però Best Union ce l’ha. Negli ultimi anni l’azienda è infatti finita sotto i riflettori dei sindacati.
Di Best Union criticano il sistema contrattuale che vige alla Fiera di Milano: ogni impiegato prenderebbe lavori solo a chiamata e viene pagato con voucher che prevedono 5,60 euro all’ora. Nei mesi
da ottobre a dicembre 2009 diversi dipendenti addetti ai tornelli della Fiera di Milano non hanno ricevuto lo stipendio e in una ventina si sono rivolti allo studio legale associato Paulli Pironti Laratro di Milano.
Ad aprile 2010, dopo un flash mob in Fiera durante il
Salone del Mobile, società e lavoratori non pagati i mesi prima hanno
trovato un accordo per saldare i debiti, e solo in tre hanno proseguito
la causa. Secondo i legali, infatti, potrebbero ottenere un contratto di
lavoro occasionale, migliore di quello a intermittenza, considerato che
Best Union li ha impiegati in modo continuativo in diversi eventi. I
legali sostengono che ci fosse “un sistema di caporalato”
per precettare e tenere sotto pressione i dipendenti. Best Union, come
detto, non commenta. In primo grado il giudice ha dato torto ai
lavoratori, ma i legali sono certi di vincere l’appello, le cui udienze
cominceranno il 24 marzo del 2016. Ora dicono di avere in mano le prove
che i turni di lavoro fossero organizzati da Best Union e non in
autonomia, come invece sostenuto dal giudice in primo grado.