Intervista. Alain de Benoist: “Gli islamofobi? Sono gli utili idioti degli islamisti”
Pubblicato il 14 febbraio 2015 da Nicholas Gauthier [Traduzione dal francese di Manlio Triggiani]
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Le interviste

Alain de Benoist
Signor de Benoist, quasi quattro
milioni di persone che sfilano, dopo gli attacchi, per un giornale che
vende a mala pena 30.000 copie, è in sé un avvenimento. Grande momento
di comunione nazionale o psicosi collettiva?
Le proteste avrebbero avuto senso se si
fossero semplicemente limitate a esprimere solennemente il rifiuto del
terrorismo da parte del popolo francese. Organizzate dal governo e dai
partiti politici, si sono trasformate in una immensa ondata di
identificazione vittimista simboleggiata dallo slogan “Io sono Charlie,”
promosso in modo orwelliano a nuova parola d’ordine “repubblicana”.
Pertanto, non si trattava più di condannare degli attentati e degli
assassini quanto di identificarsi con i “valori” di Charlie Hebdo, vale a
dire con la cultura della blasfemia e della derisione.
Durante la manifestazione e nei giorni
che sono seguiti, in una Francia priva di peso e spinta in una “piccola
morale”, si è visto di tutto. Le campane di Notre Dame di Parigi hanno
suonato la campana a morto per i mangiapreti. L’”unità nazionale”, senza
il Fronte Nazionale. “La libertà di espressione” ridotta al diritto
alla blasfemia e all’arresto di Dieudonné. Quella dei vignettisti del
personaggio bersagliato (Maometto che sodomizza un maiale: così folle!
Christiane Taubira come scimmia: intollerabile!). Battaglioni di capi di
Stato (il doppio del G20!) che cantano le lodi di una testata di cui
non avevano mai sentito parlare otto giorni prima. Milioni di zombie di
corsa alle edicole per comprare, come l’ultimo smartphone, un giornale
che non avevano mai avuto la curiosità di aprire negli ultimi venti
anni. La spilla “Sono Charlie” ha sostituito il nastro per l’AIDS e la
manina di “Giù le mani dal mio amico”. Spettacolo surreale! Tutti sono
gentili, tutti sono Charlie, nel grande ospizio occidentale trasformato
in asilo. I redattori di Charlie Hebdo, che tutto avrebbero accettato
meno che essere “consensuali”, saranno stati i primi a essersi stupiti
di vedersi così canonizzati. Per quanto riguarda i jihadisti, avranno
riso abbastanza: una sfilata di pecore non ha mai impressionato i lupi.
Questi cortei possono essere messi
sullo stesso piano del corteo gollista sugli Champs-Élysées, nel 1968, o
le marce contro Jean-Marie Le Pen nel 2002 o l’alluvione di Manif pour
tous?
Non lo credo. Per Valls e Hollande, la
manifestazione aveva almeno sei obiettivi: emarginare il Front National e
neutralizzare l’UMP (che ovviamente è caduto nella trappola a
capofitto) in nome dell’”unione sacra”, coagulare i Francesi intorno a
una classe politica di governo screditata, giustificare l’impegno della
Francia in una nuova guerra in Iraq nella quale non ha nulla a che
vedere, creare uno spazio europeo di polizia di cui si sa in precedenza
che non sono solo gli islamisti che saranno sorvegliati (Manuel Valls
dice, senza ridere, che “le misure eccezionali” che sta per prendere non
saranno misure d’eccezione!), far credere che il terrorismo che oggi ci
troviamo di fronte ha a che fare più con il Vicino Oriente che con
l’immigrazione e la situazione delle periferie, infine convincere
l’opinione pubblica che, “di fronte al terrorismo”, la Francia, fedele
vassallo del califfato degli Stati Uniti, non può che essere solidale
con i paesi occidentali che non hanno mai smesso di incoraggiare
l’islamismo, annegando i propri errori e i loro crimini dietro la
cortina fumogena dello “scontro di civiltà” (Putin non era stato
invitato, chiaramente!). Si deve riconoscere che questi obiettivi sono
stati raggiunti.
Ho avuto torto, in una precedente
intervista, a parlare di reazioni spontanee. Le cose alle quali hanno
avuto diritto i giornalisti di Charlie Hebdo – ma non lo sfortunato
ostaggio francese decapitato in Algeria Hervé Gourdel tre mesi prima –
sono state in realtà plasmate da imposizioni sociali e mediatiche, la
grande fabbrica postmoderna della commozione e delle emozioni. Ci
vorrebbe un libro intero per analizzare in dettaglio questo colpo da
maestro che ha permesso, nel giro di qualche ora, di recuperare la
rabbia popolare a beneficio di una adesione “repubblicana” all’ideologia
dominante e di una “unità nazionale” destinata soprattutto a
reindirizzare la curva di popolarità del capo dello Stato. La classe
politica governativa appare così come la principale beneficiaria della
legittima emozione sollevata dagli attentati.
E’ stata registrata negli ultimi
giorni una recrudescenza di atti antimusulmani (attacchi contro le
moschee, ecc). Ciò vi sorprende?
Mi sorprende soprattutto perché gli
attentati sono fatti per questo: stimolare una islamofobia che i
terroristi jihadisti considerano come un “vettore di radicalità”
privilegiato. I terroristi islamici adorano gli islamofobi. Sperano che
ce ne siano sempre di più. Sanno che più i musulmani si sentiranno
respinti dai non-musulmani, più loro potranno sperare di convincerli e
radicalizzarli. I jihadisti assicurano che essi rappresentano il “vero
Islam”, gli islamofobi danno loro ragione dicendo che non c’è differenza
tra l’Islam e l’islamismo. Che i primi commettono degli attentati,
mentre i secondi vedrebbero senza dispiacere moltiplicarsi i pogrom
contro coloro che “rifiutano il sistema di vita occidentale” (il
simpatico stile di vita globale del consumo sottomesso) non cambia
nulla. Gli islamofobi sono gli utili idioti dell’islamismo radicale.
Al tempo della guerra in Algeria, che io
sappia, non se ne faceva una colpa agli harki di essere musulmani, e
nessuno si è mai sorpreso del fatto che ci fossero delle moschee nei
dipartimenti francesi d’Algeri, di Orano e di Costantina. Da parte mia,
io non farei ai terroristi islamici il regalo di divenire islamofobo. E
non fantasticherei più sulla “Francia musulmana” come Drumont
fantasticava sulla Francia ebraica (1885), associando meccanicamente
Islam e terrore come altri associavano una volta gli ebrei al denaro.
(da Boulevard Voltaire)
A cura di Nicholas Gauthier [Traduzione dal francese di Manlio Triggiani
http://www.barbadillo.it/36520-intervista-alain-de-benoist-gli-islamofobi-sono-gli-utili-idioti-degli-islamisti/
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