Riforme, opposizioni sull'Aventino: "Renzi vedrà i sorci verdi". Pd diviso ma il premier non molla: "Bene così, avanti"

Opposizione fuori. Sì al dialogo, no ai ricatti. E avanti con la seduta fiume sulle riforme costituzionali alla Camera. E' stato questo, in sintesi, il pensiero che Matteo Renzi ha espresso all'assemblea serale dei deputati del Pd. Una seconda riunione con i suoi (dopo la prima del pomeriggio), questa volta tenutasi intorno alle 20 per fare il punto della situazione dopo una giornata di forti tensioni, caratterizzata dall'Aventino delle opposizioni. Lega, Forza Italia, Sel e Fratelli d'Italia ed ex Cinque Stelle, infatti, hanno organizzato una conferenza stampa per annunciare l'abbandono dell'aula, in disaccordo con il ddl Boschi sul nuovo Senato.
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"Deriva autoritaria", "vedrete i sorci verdi" e "votatevi da soli questo obbrobrio di riforme", sono le frasi forti pronunciate dall'opposizione contro il governo dopo l'implosione del Patto del Nazareno. Il Pd però si divide, come anche Forza Italia. Nella minoranza dem c'è chi appoggia l'Aventino e fa sapere che non parteciperà alle votazioni. E' il caso di Pippo Civati e Stefano Fassina che si chiamano fuori, mentre Gianni Cuperlo propone una "pausa tecnica".
Poco prima delle 20, come dicevamo, è cominciata la seconda parte dell'assemblea del gruppo Pd convocata dal premier-segretario. Subito dopo il Renzi ha incontrato anche Scelta Civica, per l'Italia-Cd e Gruppo Misto, ma non Ncd, che ha declinato l'invito.
La riunione serale del Pd. Durante la riunione serale dei democratici, l'ex segretario Pier Luigi Bersani ha suggerito di riaprire il dialogo con le opposizioni e usare il "metodo Mattarella". Renzi se l'è presa con i "nostalgici del Nazareno", ovvero con la minoranza che, dopo aver criticato il patto con Silvio Berlusconi, oggi sembra rimpiangerlo. E ha aggiunto di non ravvisare "nessun motivo politico per interrompere la seduta fiume in aula" sulle riforme, benché sia intenzionato a "mantenere aperto il dialogo". Quindi avanti a oltranza. E il voto finale resta fissato per l'inizio di marzo. "La conferenza stampa delle opposizioni di oggi pomeriggio" - ha continuato il premier - è l'immagine del comitato del no al referendum" sulle riforme. Ma "Sel, Lega, Fi e Fdi dovranno spiegare agli italiani questa alleanza".
"Questa maggioranza ha la responsabilità storica di portare il paese nel 2018 con riforme che produrranno una costituzione nuova e migliore. Abbiamo il dovere di agganciare la crescita" avrebbe detto il premier secondo l'agenzia Dire "Le opposizioni non hanno cercato di dialogare ma vogliono bloccarci". "Eravamo disposti a votare dopo l'8 marzo come chiedeva Brunetta, che non credo lo volesse per motivi collegati alla festa delle donne...".
Il premier si è detto dispiaciuto che Berlusconi abbia rotto l'accordo: "Ma non ho niente da rimproverarmi, perché non gli ho mai promesso potere di scelta sulla presidenza della Repubblica".
Alla fine dell'assemblea non c'è stato nessun voto, ma il capogruppo Roberto Speranza ha chiusto l'incontro spiegando che la minoranza rispetterà la linea fissata dal segretario.
L'attacco di Brunetta e le divisioni in FI. Frasi durissime sono arrivate da Renato Brunetta, capogruppo a Montecitorio di una Forza Italia che al Senato questa riforma l'ha già approvata: "Denunciamo - ha detto invece oggi - la deriva autoritaria che, nel metodo e nel merito, la riforma costituzionale e la legge elettorale hanno assunto in questa fase della vita politica del Paese. Un colpo mortale alla democrazia parlamentare". E poi: "Abbiamo deciso di non partecipare ai lavori dell'aula. Altro che Aventino, vedranno i sorci verdi". E in proposito ha pubblicato questa foto su Twitter:
La riunione del Pd del pomeriggio. "Piuttosto che non farle, le votiamo da soli", ha replicato in un primo momento il capogruppo democratico alla Camera, Roberto Speranza, a pochi minuti dalla prima parte dell'assemblea del partito svoltasi nel pomeriggio e alla quale è intervenuto anche Matteo Renzi, salvo poi ritentare una mediazione dinanzi a un muro contro muro che avrà come effetto d'impatto un emiciclo parzialmente vuoto. E proprio ai suoi (riuniti dopo le insistenze della minoranza dem intrisa di malumori) il premier ha ribadito il concetto: "Se passa la logica per cui l'ostruzionismo blocca il diritto e il dovere della maggioranza di fare le riforme è la fine. Minacciano di non votare? Problema loro". Qui "c'è un derby tra chi vuole cambiare l'Italia e chi vuole rallentare il cambiamento. Nelle opposizioni sta avvenendo un gigantesco regolamento di conti". A questo punto Renzi avrebbe confermato anche le scadenze temporali: sabato la chiusura della fase dedicata agli emendamenti. Voto finale a marzo, come ha ribadito anche nella riunione della sera. Più tardi su Twitter Renzi ha lanciato un appello agli italiani:
A riunione conclusa gli ha fatto eco Fassina: "E' inaccettabile votare" le riforme "da soli, abbiamo fatto il capolavoro politico di ricompattare tutte le opposizioni". Ed è a questo punto che Speranza ci riprova con un appello al M5s collocandosi con le sue dichiarazioni a metà strada tra la posizione del premier e quella della minoranza dem: "Non siamo soddisfatti - ha sottolineato il capogruppo -, un'aula con i banchi vuoti non è l'aula che vogliamo. Abbiamo i numeri per andare avanti anche da soli, ma penso che sia un errore". Tra i banchi delle opposizioni è rimasto, infatti, un deputato per gruppo per non far decadere gli emendamenti delle minoranze.
Le opposizioni da Mattarella martedì. Le opposizioni, nel frattempo, hanno deciso di rivolgersi pure al capo dello Stato. A prendere l'iniziativa il forzista Brunetta che ha contattato il segretario generale del Quirinale, Donato Marra, per sondare la disponibilità di Sergio Mattarella a ricevere una delegazione di deputati 'scontenti'. E' sempre Brunetta a far sapere poi che il presidente della Repubblica ascolterà le opposizioni, gruppo per gruppo, da martedì. Beppe Grillo ha commentato la notizia sul suo blog: "Il silenzio di Mattarella di fronte allo scempio della Costituzione fatto da Renzie, mai eletto neppure in Parlamento che ieri notte si aggirava come un bullo in parlamento a provocare le opposizioni. Questo silenzio è inquietante, forse peggio dei moniti di Napolitano".
La rissa a Montecitorio. Le polemiche e gli strappi di oggi sono arrivate dopo il caos che ha tenuto banco a Montecitorio nella notte di giovedì: prima l'accordo sfiorato tra M5s e Pd, poi la bagarre in aula e infine la 'rissa a sinistra', con scazzottata tra deputati di Sel e di Pd.
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