Alessandro Maiorano, il «grande accusatore» di Matteo Renzi, riparte
all’attacco. E di fronte a una presunta inerzia della procura di Firenze
sulle sue denunce contro il premier, si rivolge alla procura generale
preso la Corte d’appello della stessa città, alla procura generale
presso la Corte di Cassazione e al Csm, affinché valutino la possibilità
di avocare le indagini e avviare «eventuali azioni disciplinari o
penali».
I fatti. Nei mesi scorsi Maiorano ha presentato due esposti alla
magistratura. Il primo sull’affitto della casa di Renzi in via degli
Alfani, pagato, per tre anni, da Marco Carrai, manager comunale e amico
dell’allora sindaco di Firenze; il secondo relativo alle presunte «spese
pazze», 30 milioni di euro, che Renzi avrebbe fatto da presidente della
Provincia. Sui due casi la magistratura ha aperto altrettanti fascicoli
«modello 45», quello su notizie non rivestenti natura di reato.
Rivolgendosi ai tre organi della magistratura, Maiorano, assistito
dall’avvocato Carlo Taormina, premette che, avendo agito in qualità di
semplice cittadino e non avendo, dunque, diritto di essere formalmente
informato del prosieguo delle indagini, potrebbe essere all’oscuro su
eventuali sviluppi investigati. Detto ciò, l’accusatore del premier
ricorda che, quanto al primo esposto sull’affitto pagato da Carrai e
presentato il 13 marzo 2014, vengono rivelati i «vantaggi economici» di
Carrai «che potevano far ipotizzare un rapporto corruttivo». Il
riferimento è soprattutto «alla sua presidenza della Società Aeroporto
di Firenze, a partecipazione comunale» nel momento in cui Renzi era
sindaco; all’assegnazione, senza bando di gara, della «fornitura di
audio guide nei musei fiorentini a favore della C&T dello stesso
Carrai»; e alla «ristrutturazione di Eataly Firenze» di Oscar Farinetti,
definito «sostanziale alter ego di Renzi».
Per Maiorano si tratta di un «circuito rispetto al quale l’esigenza di
stabilire se il tutto sottendesse ad una manovra corruttiva ad ampio
raggio, era ed è pressante». Sta di fatto che, secondo il dipendente
comunale, ci si trova di fronte a «fatti nei quali la logica corruttiva
(…) risultava e risulta davvero indiscutibile» e «l’iscrizione a modello
45 avrebbe costituito lo strumento per non iscrivere il Renzi e i suoi
eventuali correi nel registro delle persone sottoposte a indagini».
Venendo alla denuncia sulle presunte «spese pazze», presentata l’1
agosto 2014, Maiorano sottolinea che nell’esposto si parla di
«associazione per delinquere finalizzata alla consumazione di un numero
indeterminato di delitti contro la pubblica amministrazione ed in
particolare di peculato, allorché il Renzi era presidente della
provincia di Firenze»; di «molteplici delitti di peculato (…) riguardo a
spese non attinenti a finalità istituzionali, allo sfruttamento della
Florence Multimedia, alla strumentalizzazione della iniziativa
denominata Genio Fiorentino, alla ricettazione di somme di denaro
percepite dal Renzi dal noto Luigi Lusi», ex tesoriere della Margherita
condannato per appropriazione indebita. Una denuncia, insomma, definita
dallo stesso Maiorano «assolutamente e indiscutibilmente
particolareggiata», corredata da «completa documentazione» sulle spese
incriminate e la «dimostrazione delle modalità con le quali le somme a
vario titolo erogate dalla provincia al suo presidente, venivano spese».
Per Maiorano, se anche in questo caso è stato aperto un fascicolo
«modello 45», siamo di fronte a un’«operazione grottesca».
Ma c’è un terzo esposto depositato in procura da Maiorano il 3 febbraio
2014 «allegando documento giornalistico riguardante alcune fondazioni
facenti capo al Renzi» con «soggetti coinvolti come lo stesso Carrai,
Maria Elena Boschi (fedelissimo ministro di Renzi, ndr) e Luca Lotti
(sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ndr)». In questo caso il
denunciante rammenta che talune di queste fondazioni
«recentissimamente» sono state «chiamate in causa nell’ambito
dell’inchiesta sulla Cooperativa Concordia per connessioni con il clan
dei Casalesi». Di questa terza denuncia, conclude Maiorano, «non se n’è
saputo assolutamente più nulla». Da qui la richiesta di avocazione di
tutti gli atti.
Luca Rocca
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