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Il paradosso del Qe: tassi sui titoli di Stato italiani in rialzo da quando sono scattati gli acquisti Bce
Bene, i massicci acquisti della Bce hanno contribuito a ridurre i tassi sotto questa soglia di Germania (su scadenze fino a 3 anni), Austria (2 anni), Finlandia (2 anni), Olanda (2 anni). In questo club si è unito da questa mattina il Belgio con i tassi dei titoli a due anni scivolati a -0,21% e quindi tecnicamente fuori dall’orbita dal “Qe”. Ed è ormai vicinissima a unirsi anche la Francia con i biennali che viaggiano allo 0,197%.
Ma questo non è l’unico paradosso dell’azione espansiva della Bce. Sfogliando le tabelline dei tassi ne emerge allegramente anche un secondo, e riguarda l’Italia. Da quando è iniziato il “Qe” gli unici tassi che sono diminuiti sono quelli relativi a titoli con durate inferiori ai due anni, quelli cioè non coperti dal “Qe”. Al contrario, sono aumentati i tassi dei titoli con scadenza da 2 a 30 anni, proprio quelli che rientrano nella sfera di competenza degli acquisti eseguibili dalla Bce nell’esercizio della manovra.
Questa tabella evidenzia le variazioni. Dall’avvio del “Qe” i tassi dei BoT a 3 mesi hanno perso 1,4 punti base, i titoli semestrali quasi 5 punti, come i titoli a 1 anno, mentre quelli a 2 anni sono arretrati di 3 punti base. Siamo così vicini allo 0 che le variazioni non fanno effetto. Da ricordare poi che nei giorni scorsi nel corso degli scambi intraday i BoT con scadenza 30 giugno sono scivolati sottozero, in scia ai movimenti intensi sul mercato monetario che hanno portato anche l’Euribor a 3 mesi, il tasso caro a coloro che stipulano un mutuo a tasso variabile, con il segno meno.
Si entra nel paradosso quando invece si scopre che dai 3 anni in sù i tassi dei governativi italiani sono aumentati con picchi di 15 punti base per la durata a 7 anni e di 12 sui 10 anni. Come è andato lo spread, ovvero il differenziale di rendimento tra BTp e Bund a 10 anni? È aumentato di quasi 40 punti, da 92 a 129. Questo perché nel frattempo il rendimento dei BTp a 10 anni è aumentato dall'1,32% all'1,44% e allo stesso tempo quello del Bund a 10 anni si è ridotto dallo 0,41% allo 0,16%.
Certo, non va dimenticato che i mercati hanno giocato in parte d'anticipo e che se il conteggio parte da fine gennaio (quando la Bce ha difatti annunciato il “Qe”) il rendimento dei BTp decennali è calato (era all'1,6%). Ma si può anche dire che al momento per l'Italia, così come per la periferia, gli acquisti effettivi della Bce partiti il 9 marzo non hanno dispiegato il loro massimo potenziale, e che la manovra ha fatto aumentare le divergenze tra Paesi “core” e “periferia” dell’Eurozona, più che assottigliarle.
A questo punto resta da capire se la stima del governo - che grazie al “Qe” e alla riduzione dei tassi che dovrebbe comportare ha messo in preventivo di ridurre a fine anno da 85 a 75 miliardi la spesa per interessi nominali sul debito pubblico - potrà essere confermata. Lo scopriremo presto, al più tardi a dicembre.
http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2015-04-27/il-paradosso-qe-i-tassi-titoli-italiani-sono-aumentati-quando-sono-iniziati-acquisti-bce-104433.shtml?uuid=ABjMWOWD
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