Alzabandiera dell'operazione Barkhane in Chad nel 2014 - © US Army Africa Flickr
Francia, come cambia la presenza militare in Africa
Con il
lancio dell’operazione Barkhane nel Sahel nel 2014 e la creazione delle
Forze Francesi in Costa d’Avorio (FFCI) a gennaio, la Francia ha confermato la propria presenza militare in Africa, ma sembra aver spostato il suo baricentro verso la parte occidentale del continente.
La Francia in Africa
L’esercito francese, il primo per spese
militari in Europa, è uno dei più presenti all’estero, soprattutto nei
Paesi africani francofoni, in cui dispiega circa 10mila unità
e su cui la Francia esercita un’influenza molto forte. D’altra parte,
l’Africa è particolarmente rilevante perché vicina all’Europa, e le sue
vicende si ripercuotono sul Vecchio Continente in termini di immigrazione, commercio e sicurezza.
Nell’ora post-coloniale la Francia ha
conservato una rete di importanti basi militari e ha stretto accordi con
le ex-colonie belga di Burundi, Ruanda e Congo. A lungo la base più
importante è stata Gibuti, strategica per esercitare
influenza anche in Medio Oriente. Nel 2001 però Camp Lemonnier, ex-base
della Legione Straniera, è stato ceduto in locazione agli USA. Le forze
stanziate a Dakar (Senegal), Libreville (Gabon) e Bamako (Mali) non si
occupano solo della sicurezza, ma anche dell’addestramento delle forze
nazionali, con cui conducono esercitazioni.
Françafrique o no?
La Francia ha ridotto la propria
presenza in Africa negli anni ‘90 in seguito alle ambiguità sul suo
ruolo nella crisi in Ruanda e sul supporto al dittatore dello Zaire
Mobuto Sese Seko e dopo gli scandali legati alla compagnia petrolifera
Elf ed alla vendita illecita di armi in Angola, della quale furono
accusati personaggi di spicco della politica francese.
Sarkozy, da sempre contrario al concetto di “Françafrique”, mirò alla riduzione delle spese. Nel 2011, tuttavia, fu il primo a lanciare azioni militari contro la Libia,
in cui la Francia ha forti interessi petroliferi. Hollande inizialmente
ha optato per continuare i tagli. Nel 2013, però, 4mila uomini sono
stati inviati in Mali per una delle più grandi azioni
militari francesi degli ultimi decenni e nel 2014 il Ministro della
Difesa Le Drian ha parlato di un nuovo ruolo forte della Francia nell’Africa occidentale.
Gli ultimi trend
Nell’agosto 2014, infatti, è stata avviata l’operazione Burkhane,
con 3000 unità in Chad, Niger, Mali, Burkina Faso e Mauritania per una
riorganizzazione delle forze francesi in funzione di contro-terrorismo.
La scelta di N’Djamena come quartier generale è stata criticata in
quanto la città è ad est rispetto all’epicentro di Al-Qaeda nel Maghreb,
che opera nelle zone settentrionali di Mali e Niger e nel sud
dell’Algeria. Il Chad, però, è l’unico Paese stabile
nel Sahel, ha una buona infrastruttura militare, è vicino alla Libia ed è
già intervenuto con successo in supporto alla Francia in Mali.
Da gennaio la forza Licorne, in Costa d’Avorio dal 2002, è stata sostituita dalle Forze Francesi in Costa d’Avorio
e il Paese è divenuto “base militare operativa avanzata” per consentire
alla Francia un intervento rapido nel continente e garantirle un
appoggio logistico. La crescita dell’impegno francese è dovuta
all’aumento della minaccia jihadista e al miglioramento
delle relazioni con Senegal e Costa d’Avorio. La Francia, tuttavia, è
stata più volte accusata di intervenire solo per proteggere i propri
interessi, i suoi cittadini, le industrie, le banche e le risorse
naturali. Il Paese ha forti legami commerciali con l’Africa, importante
fornitrice di materie prime, in particolare petrolio e metalli, e soddisfa circa il 75% del proprio fabbisogno energetico
grazie all’uranio proveniente da Niger, Repubblica Centrafricana e
Gabon. La compagnia petrolifera francese Total ha giacimenti in Mali e
in Libia.
Il Paese ora agisce anche in Stati
anglofoni, come la Nigeria, per combattere Boko Haram e i gruppi
jihadisti attivi in Sahel e nel sud del Sahara, aree in cui diversi
cittadini francesi sono stati rapiti. L’azione francese è generalmente
apprezzata dai governi locali, ma la politica di neutralità in Mali sta
suscitando l’insofferenza sia del governo che dei ribelli Tuareg. I
costi inoltre sono sempre più elevati e non si intravede una soluzione
definitiva per garantire la stabilità regionale. D’altra parte, il continente sta attirando l’interesse di altre potenze:
dagli USA, preoccupati dalla possibilità che i terroristi jihadisti vi
trovino rifugio, a Cina, India, Brasile e Turchia, che a partire dagli
anni 2000 hanno espanso le proprie relazioni politiche e commerciali con
l’Africa.
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