
Cosa ci fanno navi cinesi nel Mediterraneo?
Anche se i timori sulla nascita di un nuovo asse autoritario sino-russo non vanno sottovalutati, le motivazioni delle presenza cinese nel Mediterraneo sono tuttavia più complesse e riflettono la coesistenza di interessi economici e di considerazioni strategiche, sono solo in parte funzionali alla realizzazione dei primi.
Negli ultimi anni la Cina ha sviluppato notevolmente la sua presenza nel Mediterraneo, come del resto, e ancor più, in tutto il continente africano. Durante le Primavere arabe, anche se con qualche ambiguità, Pechino si è mossa nel solco della tradizione non interventista, mantenendo un approccio multilaterale anche rispetto a Siria e Libia. Tuttavia, ha pagato un prezzo alto in termini di perdite economiche. Negli ultimi anni la Cina è dovuta intervenire più volte con operazioni di salvataggio dei propri lavoratori. In Libia, dove prima del 2011 gli investimenti cinesi ammontavano a circa 20 miliardi di dollari, più di 35mila lavoratori cinesi sono stati evacuati a seguito delle violenze scoppiate con la fine del regime di Gheddafi. Più di recente nello Yemen, dopo l’intervento armato saudita, in Nigeria e in Sud Sudan.
Tutto questo per due ordini di ragioni. Gli obiettivi strategici della Cina nel Mediterraneo sono strettamente collegati alla realizzazione delle nuova Via della Seta, che nella duplice versione della Silk Road e della Maritime Silk Road collegherà la Cina con il Golfo Persico e il Mediterraneo attraverso l’Asia centrale e l’Oceano indiano. Una rete fittissima di connessioni terrestri e marittime uniranno tre continenti a conferma delle ambizioni di cinesi di restituire al “Middle Empire”, la sua antica vocazione di centro mondiale di scambi commerciali e culturali.

Fig. 4 – Un elicottero della Marina cinese in visita a Malta
La creazione di insediamenti portuali in Africa, Medio Oriente e Asia sud orientale consentirà al petrolio cinese di evitare la “maledizione dello stretto di Malacca”. La Via della Seta Marittima arriverà al Mediterraneo attraverso lo stretto di Suez, dove Pechino partecipa alla realizzazione del nuovo canale di Suez, un progetto che raddoppierà la capacità di transito dello stretto. Va da sé che la stabilità del Mediterraneo è essenziale per la realizzazione della Maritime Silk Road.
Il Mediterraneo preoccupa la Cina anche per un’altra ragione. Il caos politico dell’area potrebbe facilmente avere un effetto a macchia d’olio arrivando a lambire zone molto più vicine, perfino interne alla Cina stessa. La minaccia di possibili connessioni tra l’estremismo islamico e i movimenti separatisti della provincia dello Xinjiang non è mai sottovalutata dalle autorità cinesi.
C’è il fattore Stati Uniti tra le ragioni della uscita cinese nel Mediterraneo. Schierandosi con la Russia in acque occidentali, Pechino ha controbilanciato, sul piano simbolico, il peso che gli Stati Uniti hanno gettato nel Pacifico nel sostenere i loro tradizionali alleati contro le mire cinesi. Per più di una ragione, quindi, c’è da aspettarsi che con il passare del tempo la Cina aumenterà la sua presenza nel Mediterraneo.
UNA PRESENZA DISCRETA – Non accadrà in tempi brevi, né si può immaginare che in un futuro non molto lontano la Cina si presenti come nuova potenza regionale in grado di contenere la supremazia del modello occidentale. Pechino, del resto, non può pensare di competere con Stati Uniti ed Europa nel loro cortile di casa. E non sembra essere questa la sua intenzione. La Cina è consapevole di non avere né i mezzi, in termini di capacità militare, né l’appeal per diventare il perno dei futuri assetti della regione. Di certo sarà sempre più difficile difendere ingenti interessi economici senza ricorrere ad una presenza militare.
Nel Mediterraneo Pechino deve muoversi con circospezione, dosando con perizia soft e hard power nel rispetto della special relation che la lega alla Russia, della cooperazione economica con Stati Uniti ed Europa e, non in ultimo, della cornice ideologica della non ingerenza funzionale a coltivare relazioni non conflittuali con il mondo che “conta” e a proseguire lungo la nuova Via della Seta.
Mariangela Matonte
http://www.ilcaffegeopolitico.org/28364/cosa-ci-fanno-navi-cinesi-nel-mediterraneo
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