Inizia il declino del dollaro con un segnale storico: la Cina non
è più il maggior detentore dei titoli del debito pubblico statunitense
Attilio Folliero, Caracas 15/04/2015 – Aggiornato 29/04/2015 e 01/05/2015 (*)
Si avvicina il collasso e il collasso sarà economico, político, ambientale e sociale come scrive Dane Wigington (1). In particolare, gli Stati Uniti, come abbiamo scritto tante volte in passato (2)
sono immersi in una grave crisi che diventerà terminale con il crollo
del valore della sua moneta. A titolo di esempio sulla situazione
attuale degli USA diamo solamente due dati: il debito pubblico
statunitense è superiore ai 18.000 miliardi (3);
la Federal Reseve, la Banca Centrale degli USA, una banca privata, nel
2007 aveva un bilancio di 869 miliardi ed oggi è attorno ai 4.500
miliardi (4). La Federal Reserve come ha potuto accrescere il proprio bilancio di ben 5/6 volte in pochissimi anni? Stampando dollari!
Questa estate si svolgeranno negli Stati Uniti delle esercitazioni militari conosciute col nome in codice “Jade Helm”;
l’esercito e varie agenzie governative realizzeranno delle
esercitazioni congiunte e, come dicono in molti, queste esercitazioni
hanno per obiettivo il controllo della popolazione civile. In sostanza
molti intravedono un peggioramento della crisi, conseguenti disordini
sociali ed il governo che impone la legge marziale. In questi termini ne
parlano i media alternativi (per esempio Infowars), media
internazionali (Globalresearch) e media di regime (Wasghington Post);
tutti si interrogano sul futuro della crisi e molti intravedono la
possibilità che possa sfociare in disordini sociali e nella conseguente
applicazione della legge marziale; si parla anche della possibilità che
la crisi possa sfociare nella terza guerra mondiale (5).
Come detto sopra, il declino del dollaro porterà gli Stati Uniti ad un tracollo. Oggi analizziamo un segnale inequivocabile
che il declino del dollaro è già cominciato; ovviamente il declino non
avverrà improvisamente, ma sarà graduale. Stiamo parlando di un evento
storico, taciuto dai media ufficiali, o riportato in qualche trafiletto
ben nascosto. Come era prevedibile e come avevamo in pratica annunciato un mese fa (6),
la Cina ha cessato di essere il maggior detentore dei titoli del debito
pubblico statunitense. Secondo gli ultimi dati, pubblicati dal Tesoro USA (7),
a febbraio 2015 la Cina deteneva titoli del debito pubblico
statunitense pari a 1.223,70, contro i 1.224,40 miliardi del Giappone.
La
Cina era diventato il paese che deteneva la maggior quantità di titoli
del debito pubblico USA nel settembre del 2008; a luglio del 2011 arriva
a detenere titoli per 1.314,90 miliardi. Fino a quella data
l’incremento nel possesso dei titoli del debito USA è sempre stato
crescente e dell’ordine del 20%, 30%, 40% e perfino 50% ed oltre
all’anno (Vedasi di seguito la Tabella 1). Poi, però le cose cambiano:
la Cina non solo smette di acquistare i titoli del debito USA, ma inizia
a vendere quelli in suo possesso. Alla fine del 2011 i cinesi riducono
dello 0,71% il possesso dei titoli USA rispetto al 2010; nel 2012
aumentano gli investimenti di circa il 6%; nel 2013 l’aumento è del 4%;
nel 2014 abbiamo una riduzione del 2%, nei primi due mesi del 2015
continuano a vendere: a gennaio la riduzione è dello 0,42%; a febbraio è
dell’1,24%.
Che cosa è successo nel 2011? Perché l’inversione di tendenza?
Il problema è che gli USA continuano a a vivere sperperando risorse che
non possiedono. In sostanza il resto del mondo produce e gli
statunitensi consumano. Vedasi la bilancia commerciale USA (8).
Questo modello di vita imperniato sul consumismo sfrenato, coinvolge
tutta la società statunitense: famiglie, imprese e governo consumano
tutti più delle risorse che hanno a disposizione, indebitandosi. Ogni
finanziamento, ogni consessione di un debito ha un limite oltre il quale
nessuno può andare, nemmeno se si tratta degli USA, la prima potenza
economica. Il deficit del Governo USA inizialmente era finanziato con la
vendita di titoli del debito pubblico, che privati, istituzioni e paesi
correvano in massa ad acquistare perché ermessi da un paese con la
Tripla A (9).
Quando
le somme necessarie a ripianare un disavanzo sono sempre piu alte,
diventa sempre più difficile trovare qualcuno disposto a prestare. Ed è
quello che è successo al Governo degli Stati Uniti, che ad un certo
punto della sua storia ha dovuto far ricorso alla stampa di denaro
inorganico, politica che prende il nome di alleggerimento quantitativo,
o quantitative easing (QE) in inglese (10).
Nel
novembre del 2008, la Banca Centrale degli Stati Uniti, la Federal
Reserve, banca privata come ricordiamo sempre, ha cominciato a stampare
dollari per acquistare Buoni del Tesoro Usa a lungo termine ed altri
titoli. Inizialmente stampa 600 miliardi di dollari per comprare titoli
garantiti da ipoteca, denominati in inglese "Mortgage-backed
security" (MBS).
Da
allora, la Federal Reserve stampa dollari, raggiungendo la cifra di
2.100 miliardi di dollari nel mese di giugno del 2010. Dopo di che,
grazie alla “ripresa economica” decide di interrompere questa pratica di
stampare soldi. L’interruzione, però è breve; la ripresa economica è
effimera e già nel novembre del 2010 la FED annuncia un nuovo ricorso
alla stampa di dollari. Questo nuovo ricorso alla stampa di moneta
inorganica passerà alla storia col termine QE2, per distinguerlo dal QE1 iniziato nel 2008. Il QE2 prevede la stampa di 30 miliardi al mese per complessivi 600 miliardi.
Il
ricorso alla stampa di dollari non termina con il QE2; infatti, il 13
settembre del 2012 la FED annuncia che continuerà a stampare dollari ed
anzi incrementerà la cifra mensile a 40 miliardi. Questa nuova
operazione prenderà il nome di QE3. Il 12 dicembre il ricorso alla
stampa di dollari diventa a tempo indeterminato e si porta l’importo
mensile a 85 miliardi di dollari.
L’acquisto
di titoli, sia del debito pubblico che di altro genere, da parte della
Federal Reserve attraverso la stampa di dollari termina ufficialmente il
29 ottobre del 2014 (11).
Complessivamente la Federal Reserve ha acquistato titoli per 4.500
miliardi di dollari, ovvero ha stampato 4.500 di dollari. È dunque
stampando dollari che ha potuto incrementare il proprio bilancio!
Ricordiamo
che contemporaneamente alla stampa di dollari, la FED ha portato avanti
una politica dei bassi tassi di interesse, prossimi allo 0. Sono stati
proprio questi due strumenti (stampa di dollari e costo del denaro
prossimo allo 0) che hanno fatto riversare grandi quantità di soldi su
Wall Street, il cui índice ha superato i 18.000 punti (12).
L’aumento dell’indice della Borsa di New York (Dow Jones) di questi
ultimi anni – secondo noi – essendo totalmente artifciale, non legato ad
una crescita dell’economia reale, è destinato a crollare (13).
La
scusa ufficiale per il ricorso alla stampa dei dollari era dettata
dalla necessità di iniettare denaro fresco al mercato, per stimolare la
crescita e ridurre la crescente disoccupazione. Mentre la stampa USA
giustificava tale política (14), in altri paesi cresceva la la preoccupazione.
La
stampa di denaro inorganico crea i presupposti per la sua svalutazione.
Ovviamente, i cinesi che avevano investito grandi quantità di soldi in
titoli di stato USA ed avevano una enorme riserva internazionale in
dollari erano fortemente preoccupati: il possibile crollo del valore del
dollaro avrebbe significato per la Cina grosse perdite.
Il 19 gennaio del 2011 alla Casa Bianca c’è lo storico incontro tra il presidente Barack Obama ed il presidente cinese Hu-Jintao.
In quel momento (al 31 dicembre 2010), la Cina aveva titoli del debito
pubblico USA per 1.160,10 miliardi di dollari e riserve internazionali
per 2.847,34 miliardi di dollari (15).
In
quell’incontro, per la prima volta nella storia qualcuno osa dire in
faccia al presidente USA ed a casa sua, nella Casa Bianca, che il dollaro non è eterno, che ha già compiuto la sua principale funzione e che si va verso un’evoluzione (16).
Dato
che la potenza economcia statunitense si basa principalmente sul fatto
che il dollaro sia la moneta del commercio internazionale e quindi la
moneta di riserva internazionale, tutti coloro che hanno cercato di
abbandonare il dollaro sono stati letteralmente eliminati: è successo a Saddam Hussein in Iraq che nel mese di novembre del 2002 annuncia l’intenzione di commercializzare il proprio petrolio in dollari e trasferisce in Euro tutte le sue riserve internazionali in dollari; l'Iran va nella stessa direzione, di qui lo scontro tuttavia in atto con la scusa del nucleare; il Venezuela di Hugo Chavez
è ancora più radicale, oltre ad iniziare una politica di scambi
commerciali con gli altri Stati evitando l'uso del dollaro (fornendo
petrolio in cambio di merci), propone la creazione di una banca e di una
moneta latinoamericana ed è per questo oggetto di vari tentativi di
colpi di stato (17). Quando all’inizio del 2011, Domenique Strauss-Khan, segretario del FMI, chiede l’abbandono del dollaro noi dicevamo che si stava giocando il futuro e così è stato (18).
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