Profughi, un business da 28 milioni
UDINE. Dalle cooperative alle imprese di Comunione e liberazione, dalle aziende vicine ai partiti alle multinazionali. Il business sugli immigrati è una torta gigantesca che cresce giorno dopo giorno nonostante appetiti bulimici di molti “avvoltoi”. E nel mentre Viminale, Prefetture, Regioni e Comuni cercano di fronteggiare un’emergenza non ancora sotto controllo, c’è chi i conti li ha già fatti, buttandosi a capofitto sul’affaire-immigrati.
Il sindaco di Tarvisio, Renato Carlantoni, proprio ieri, ha annunciato che sta predisponendo tutta una serie di numeri e cifre su quanto stanno «spendendo Comuni, Regione e Stato. Bene, dai primi risultati mi accorgo sempre più che ci sono dati oggettivamente non giustificabili e irreali».
Carlantoni ricorda che dal 2005 al 2011 il costo giornaliero per i minori (problema che attanaglia il suo Comune) è lievitato del 156 per cento, passando dai 45 euro al giorno per minore agli attuali 120. Ma c’è dell’altro. «Tarvisio - insiste - deve onorare le fatture a trenta giorni, mentre la Regione risarcisce il 100 per cento della cifra con una media di 15 mesi. Questo ovviamente provoca, per un Comune piccolo, problemi di liquidità, che si riverberano sulla possibilità, ad esempio, di pagare gli stati di avanzamento delle opere pubbliche a danno delle nostre imprese».
Tariffa quasi triplicata in pochi anni. Carlantoni: Stato e Regione pagano in ritardo, Comuni in difficoltà
Che fare dunque? L’obiettivo dovrebbe essere quello della massima scrupolosità nei controlli sulla rendicontazione dele spese, che può essere analitica o forfettaria. «La prima - dice ancora Schiavone - deve dimostrare la spese effettivamente sostenute, e nel caso, prevede la restituzione o l’aggiunta di contributi. Questo avviene per quei 400 Comuni che danno ospitalità a 22 mila persone. Lì non ci sono infiltrazioni mafiose». Altra cosa, invece, è la rendicontazione forfettaria che prevede la tenuta della contabilità ma senza obbligo di presentare conti precisi per cui eventuali rimanenze vengono intascate dalle società appaltanti. Non solo, ma l’esperienza di questi primi anni insegna che il malaffare predilige appalti grandi e concentrazioni importanti di immigrati.
«Chi appalta questi servizi in maniera molto corretta, come insegna la regola del sistema di accoglienza dei 400 Comuni - conclude Schiavone - non ci guadagna nulla perchè si tratta di servizi dove i controli sono analitici. Il business si fa su quantità e qualità di cibo, sulle paghe agli operatori, su figure professionali inesistenti, ma che risultano a libro paga».
http://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2015/06/10/news/il-business-dei-profughi-che-nessuno-controlla-1.11590185
Nessun commento:
Posta un commento