la polemica non è un male, è solo una forma di confronto crudo sincero, diciamo tutto quello che pensiamo fuori dai denti, e vediamo se riusciamo a far venir fuori le capacità di cui siamo portatori e spenderle per il Bene Comune.
Produrre, organizzare, trovare soluzioni,
impegnarci a far rete, razionalizzare e mettere in comune, attingere alle nostre risorse. CUI PRODEST?
Pensa cchiu' a chi o' dicè ca' a chello ca' dice
L'albero della storia è sempre verde
L'albero della storia è sempre verde
"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"
lunedì 29 giugno 2015
Il Circo Mediatico, funzionale al potere dominante, ci avvelena lentamente con le sue menzogne
Al Azhar e il Vaticano sul terrorismo – di Bernardo Cervellera
Le ambiguità della comunità internazionale
(fdm)
Questo interessante articolo ci è stato segnalato e volentieri lo
pubblichiamo. Non senza osservare che il suo concetto base “tutta la
comunità internazionale contro il terrorismo” appare ingenuo
e francamente utopistico, se si pensa al gran numero di Potenze che di
servono dei loro (abbastanza buoni e quasi scusabili e in ogni caso utili) terroristi, contrapposti ai pessimi terroristi (degli altri).
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L’autorevole
università sunnita denuncia le violenze “odiose” dello Stato islamico e
domanda al mondo di sconfiggere questo gruppo “attraverso ogni modo
possibile”. Vaticano: il terrorismo è una minaccia per l’umanità intera.
La Francia dice di combattere il terrorismo, ma poi vende armi, aerei,
elicotteri da guerra all’Arabia saudita, che sostiene il fondamentalismo
islamico. Il Kuwait lascia vivere i salafiti che appoggiano al Nusra e
lo Stato islamico. La Turchia contro i kurdi; gli Stati Uniti contro
Iran, Russia e Cina.
Roma (AsiaNews) – Di fronte al sangue
versato in Tunisia, Kuwait, Francia, Somalia (e potremmo aggiungere
Siria e Iraq), vi è una chiara visione comune fra al-Azhar, la più
autorevole università del mondo sunnita, e quanto il Vaticano va dicendo
da oltre un anno, che cioè il terrorismo è una sfida globale e va
affrontato con una lotta a tutto campo. Al contrario, è sempre più
evidente che molti Paesi – anche vittime del terrorismo – preferiscono
dei distinguo, delle ambigue alleanze, mettendo in primo piano meri
interessi economici.
All’indomani degli attentati sulla
spiaggia di Sousse, della moschea sciita in Kuwait e della decapitazione
vicino a Lione, al-Azhar ha condannato le violenze “odiose”, che sono
“una violazione di tutte le regole religiose e umanitarie”. Essa ha pure
chiesto “alla comunità internazionale di “sconfiggere questo gruppo
terrorista [lo Stato islamico-ndr] attraverso ogni modo possibile”.
Questo richiamo alla “comunità
internazionale” non è retorico ed è in profonda sintonia con gli appelli
che papa Francesco, la Segreteria di Stato vaticana, i nunzi all’Onu a
Ginevra e a New York, i patriarchi orientali hanno lanciato in
quest’anno: e cioè che la comunità internazionale deve affrontare e
combattere questo pericolo per l’umanità intera, senza lavarsene le mani
o peggio, cercando solo di circoscriverlo in regioni lontane dal
proprio Paese: i morti sono ormai di molte nazionalità e l’Europa, come
l’America sono divenute un target quasi quotidiano.
La stessa Tunisia, l’unico Paese dove la
primavera araba è abbastanza riuscita, colpita dagli attacchi, domanda –
con le parole del suo presidente Essebsi – di potere non lottare da
sola contro la minaccia terrorista, e dice che occorre “una strategia
unitaria e globale”.
La “strategia unitaria” è necessaria per
la Francia – pure colpita dal terrorismo – che continua a giocare sulle
divisioni in Medio oriente, sostenendo al-Nusra (al-Qaeda) contro Assad
e dicendosi nemica dello Stato islamico in Iraq. Ma intanto vende armi,
aerei, elicotteri da guerra all’Arabia saudita che li usa per
combattere gli Houthi in Yemen e favorire i fondamentalisti sunniti di
al Qaeda e dello Stato islamico.
“Strategia unitaria” è importante anche
per il Kuwait, dove da anni si sopporta la presenza di salafiti
implicati in massacri contro sciiti in Siria e accusati di sostenere
organizzazioni legate ad al-Nusra e allo Stato islamico.
Ed è importante anche per la Turchia,
che per non avere vicino uno Stato kurdo, è disposta al compromesso con i
miliziani del califfato lasciando le frontiere porose per il traffico
di nuove reclute e di petrolio di contrabbando.
Una richiesta di impegno per una
“strategia unitaria e globale” è necessaria anche agli Stati Uniti per
il loro ambiguo sostenere al Nusra nella lotta contro Bashar Assad, e
nel combattere (in realtà solo contenere) lo Stato islamico in Iraq,
vendendo armi all’Arabia saudita e non ai curdi, tacciando di terrorismo
l’Iran e chiudendo volentieri un occhio verso il Qatar e Riyadh.
E’ ormai urgente che la lotta al
terrorismo non passi da decisioni di “volenterosi” malati di parzialità,
ma venga assunta dalle Nazioni unite che, con la collaborazione di
tutti – anche di Iran, Russia e Cina – fermi i finanziamenti alle
milizie e condivida informazioni e strategie.
Ciò che succede in Siria e in Iraq, a Raqqa e a Mosul, interessa tutta la comunità internazionale. Bernardo Cervellera
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