Euro, Sapelli: nuove valute alternative strumento prezioso
"Le valute alternative rappresentano sicuramente un aspetto interessante, evolutivo, di questa nostra epoca complessa". Lo dichiara il prof. Sapelli, parlando di Bitcoin e di altre valute alternative

Intanto bisogna notare come ormai se ne parli in modo naturale, disinibito e non più come se fossero lo sterco del diavolo o il Monopoli. Questo è un bene. A patto però di non dar seguito a un’altra confusione. Bitcoin, che è l’esempio più rilevante ed è piuttosto utilizzato in Argentina, è un’unità valutaria online, che non ha riferimenti diretti a beni reali. Diverso, invece è il discorso che molti attori hanno fatto durante i momenti più drammatici della crisi greca: in quel caso hanno evocato il ricorso a unità valutarie diverse.
Nel mio libro “Europa del Sud dopo il 1945”, appena ristampato, raccontavo cos’era la politica agricola europea, già allora molto criticata dai paesi del Sud perché avvantaggiava quelli del Nord. Ebbene, per calcolare le quote si usava un’unità di conto denominata “lira verde”. Era, di fatto, un’anticipazione di una moneta virtuale, il liquida, che però faceva riferimento a quantità fisiche. Ma attenzione: la “lira verde” non era una moneta ufficiale, era la commissione all’agricoltura che determinava i valori.
I problemi dell’euro sono esplosi adesso che è venuta fuori in modo drammatico una macrorigidità, un ingessamento globale che ha ampliato le divisioni tra Paesi creditori e debitori. Prima non esisteva questa distinzione, al massimo c’era un gap di produttività, di competitività, che i riallineamenti delle parità all’interno dello Sme si incaricavano di bilanciare. Oggi però assistiamo alla creazione di strumenti alternativi di pagamento che esulano dagli attori istituzionali come la Commissione Europea. Un esempio è quello di Marco Melega che, col suo circuito Crevit, ha saputo attrarre 3.500 imprese. Gli aderenti a quel circuito hanno attribuito un valore condiviso alla moneta e hanno deciso di lanciarsi in una sorta di nuovo baratto, in cui le imprese offrono e ricevono beni o ervizi pagandoli in valuta Crevit e ottenendo in questa forma anche finanziamenti.
Sì, molto ha contribuito il credit crunch, quando le banche, per non capitolare, hanno chiuso i rubinetti del credito. Questi nuovi attori monetari privati emettono a loro rischio monete, ma ne consentono la circolazione solo all’interno di una comunità di persone e aziende che si iscrivono e che permettono solo ad altre imprese associate di accedere a questo sistema. Una cosa molto diversa dalla moneta ordinaria.
Non è un unicum. A Nimes, in Francia, per esempio, si è diffusa una moneta alternativa, ma anche lì per usarla è necessario essere iscritti a un club che ne riconosce la transitabilità. Questi fenomeni sono stati molto sottovalutati dalla pubblicistica contemporanea. E’ un errore. E’ un ambito in cui non c’entra solo la fiducia, ma anche l’appartenenza a un club vasto, che è poi la vera grande garanzia: la moneta è trasferibile, scambiabile e fa riferimento a beni materiali. Nessuno può andare in banca a farsela cambiare in euro, ma ci si appoggia a una comunità che condivide questo riferimento. Volendo semplificare, si tratta di un baratto differito che condivide e usa un’unità di conto, basato sulla fiducia e sul giudizio arbitrario di chi scambia.
Recentemente Bankitalia si è espressa sul tema delle monete condivise, di fatto aprendo a questo nuovo sistema valutario a patto che vengano rispettate alcune norme come, ad esempio, il mantenimento di una riserva in euro. Si sta diffondendo l’idea che tutto questo sia possibile, purché avvenga alla luce del sole.
Per nulla! Prima dell’avvento delle banche centrali, le singole banche emettevano moneta. Basti pensare alla Banca Subalpina, che emetteva una valuta diversa da quella del Regno delle Due Sicilie. In America, al momento della fondazione degli Stati Uniti, c’è stata una pressione fortissima per evitare la creazione di un’unica banca centrale. Thomas Jefferson, l’uomo che campeggia sulla banconota da due dollari, era assai contrario alla realizzazione di un soggetto unitario: ce l’aveva con le banche. Ezra Pound, più di un secolo dopo, si ispirò a lui.
Sicuramente non un’invenzione diabolica, ma se si vogliono sviluppare devono essere curate con attenzione. Io, ad esempio, non utilizzerei mai i bitcoin, ripeto, perché è una società quotata che emette solo on-line. Invece guardo con attenzione le nuove valute che permettono uno scambio di beni e che esistono dal punto di vista fisico. Ma, come dicevo, bisogna fare le cose per bene: bisogna chiedersi, innanzitutto, che cosa accadrà quando queste comunità si espanderanno. Se al posto di 3.500 aderenti ce ne fossero un domani 3,5 milioni, che cosa farebbero? Sarebbe un guaio, per esempio, se si instaurasse un meccanismo anarchico populista che, al grido di “Viva Ezra Pound”, esautorasse completamente le banche. Così come si stanno sviluppando le cose ora, l’attenzione della Banca Centrale e della Commissione Europea fa capire che non si tratta di strumenti sovversivi ma, piuttosto, lenitivi. E, me lo lasci dire, meglio così.
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