L’estate delle vacanze è
terminata, per quei pochi fortunati che le hanno fatte, ed anche per il
premier e segretario del Pd, Matteo Renzi, che ha voluto “ripartire”, il
25 agosto, con tre appuntamenti al fulmicotone, come si diceva una
volta quando un bomber del calcio segnava goal memorabili. Il primo
appuntamento in mattinata a Rimini, al Meeting di Comunione e
Liberazione, dove è stato ricevuto dalla consueta folla dei
frequentatori della kermesse giunta ormai alla sua 35esima edizione.
Dopo Rimini, dove ha voluto precisare di essere “tra amici”, e ci
mancherebbe altro, si è spostato a Pesaro, tra i “compagni” di Pesaro,
per inaugurare il tour delle 100 città, al teatro Rossini, e infine a
l’Aquila, dove però il timore di essere fischiato e criticato ha indotto
gli organizzatori a far saltare l’appuntamento nel nuovo Municipio e a
trasferire Renzi nell’Istituto di Fisica Nucleare del Gran Sasso, molto
più tranquillo, almeno all’apparenza.
Renzi ai ciellini: la legge elettorale Italicum serve a zittire minoranza e opposizione
Per ciascuno degli appuntamenti, Renzi
ha piegato le sue argomentazioni al tipo di uditorio che aveva di
fronte. Insomma, ha fatto come faceva Andreotti, né più né meno, per il
quale ogni forno aveva bisogno del suo linguaggio e delle sue
argomentazioni. Ha ammiccato e strizzato l’occhio ai cinquemila ciellini
di Rimini, fingendosi l’uomo della provvidenza per le centinaia di
migliaia di migranti che attraversano ogni giorno il mar Mediterraneo. A
loro ha detto con tono serio, ma poco umile, per la verità: “Noi prima
salviamo vite umane, anche a costo di perdere tre voti. È una questione
di civiltà”. Uno statista, per di più cattolico, e dinanzi ad una platea
di cattolici, non calca la mano sull’alternativa salvezza-voti perduti.
Calca la mano sulla missione, cristiana, civile, umana, di salvare
vite. Null’altro. Non c’è bisogno di affermare che così si perdono voti,
con il chiaro, evidente, tentativo di arginare le eventuali simpatie
verso le chiacchiere xenofobe da bar dei leghisti. Se salvare vite umane
è una questione di civiltà, lo è a prescindere dalle ideologie. Ora,
però, sarebbe stato interessante udire da Renzi parole di riconoscimento
verso quelle persone, guardie costiere, finanzieri, poliziotti e
volontari soprattutto medici, che le vite le salvano sul serio e
concretamente, e che vedono morire persone tra le loro braccia. Detto
ciò, puntale è arrivata la polemica politica alle orecchie molto attente
del pubblico di Comunione e Liberazione, che nel corso di questi anni,
da Andreotti a Berlusconi ed ora a Renzi, hanno sempre guardato con
simpatia “all’uomo solo al comando”. Ed ecco Renzi concedersi alla
platea ciellina con un ragionamento che, sapeva, i ciellini avrebbero
apprezzato: “il sistema non prevede la corrispondenza tra chi si candida
e chi guida il paese”, e già a questo punto l’obiezione è che non il
sistema, ma la Costituzione prevede una Repubblica parlamentare e non
presidenziale, e la netta separazione tra Parlamento ed Esecutivo. Però,
poiché Renzi nel corso del suo mandato ha già più volte scardinato
l’autonomia del Parlamento, paventando una sorta di Costituzione
materiale in cui l’Esecutivo decreta e il Parlamento ubbidisce, anche a
costo di usare decine di voti di fiducia, ecco che finalmente il premier
svela l’ideologia che è al fondo della pessima legge elettorale
chiamata Italicum. Renzi ha potuto dirlo ai ciellini che “la legge
elettorale è il primo tassello per riuscire finalmente a governare e non
difendersi dagli assalti della minoranza o dell’opposizione. È una
rivoluzione”. Certo, ma è ampiamente e significativamente una
rivoluzione di destra, finalmente smascherata dallo stesso autore. Si
vuole cancellare minoranza e opposizione per governare con maggioranze
blindate di nominati, questo è il progetto di annichilimento della
funzione e dell’autonomia parlamentare. È evidente che questa riforma,
di segno nettamente conservatore e totalitario (come avrebbe detto
Hannah Arendt), supera di gran lunga l’elenco delle riforme passate in
questi mesi, e sulle quali più volte su questo giornale abbiamo espresso
giudizi critici. Qui ci preme segnalare che Renzi, ai ciellini, ha
pensato bene di costruire una griglia argomentativa che legittima una
nuova Costituzione che demotiva e annichilisce il Parlamento. È una
svolta pericolosa per la nostra democrazia.
Renzi a Pesaro: a gamba tesa sull’autonomia sindacale e la falsa equiparazione di berlusconismo e antiberlusconismo
Il delirio di onnipotenza di Renzi non
poteva certo fermarsi agli “amici” ciellini di Rimini. Nello splendido
teatro Rossini di Pesaro, ai “compagni” delle Marche ha affidato il
seguito del suo racconto sull’Italia, un racconto distorto e ideologico.
Non bastava bastonare il Parlamento, annichilendone funzioni e
autonomia, occorreva tornare a bastonare il sindacato, proprio su uno
dei punti più demagogici e controversi, quello dei permessi. “Noi
abbiamo il maggior numero di sindacalisti e politici, e se riduciamo il
numero un po’ non è un attacco al sindacato, ma è un modo per dire fai
meglio il tuo lavoro”, ha detto Renzi alla platea pesarese, che però non
sappiamo come abbia accolto queste provocazioni. È compito del premier
dire ad un soggetto organizzato per la tutela del lavoro e dei
lavoratori come “fai il tuo lavoro”? Renzi ha di fatto cambiato le
regole del gioco attraverso il Jobs act, ha abolito l’articolo 18 e
parte decisiva dello Statuto dei lavoratori, ha attaccato un giorno sì e
l’altro pure i sindacati, ed ora vorrebbe anche intervenire sul diritto
costituzionale allo sciopero. Tutto ciò è contenuto nella provocazione
pesarese sui sindacati che devono imparare “a fare il loro lavoro”. Se
questo non è pensiero totalitario, neoautoritario, cosa è? In una
società democratica e complessa, come ampiamente dimostrano grandi
teorici come Jurgen Habermas, l’autonomia dei cosiddetti soggetti
organizzati intermedi è intoccabile e nessun esecutivo (nemmeno la
Merkel ha osato spingersi fino a quel punto), nemmeno un Parlamento
sovrano, può interferire nella loro libertà decisionale, organizzativa e
contrattuale. È il sale della democrazia. E non ancora contento di aver
detto queste incommensurabili sciocchezze, che però nascondono un
progetto politico di destra, ecco che Renzi ha spinto sull’acceleratore
del racconto di un’Italia degli ultimi vent’anni, come infettata e
bloccata dal berlusconismo e dall’antiberlusconismo. Questa lettura è
una parodia degli ultimi vent’anni. Gioverà ricordare, a noi stessi e a
Renzi, che sul piano delle riforme strutturali con chiaro segno
progressista e democratico la memoria va ai governi dell’Ulivo, del 1996
e del 2006. Andrebbe rammentato che quando il berlusconismo ha osato
riformare l’articolo 18, si è fermato dinanzi ai milioni di lavoratori e
cittadini portati a Roma dalla Cgil di Cofferati, mentre il governo
Renzi ha proseguito come una schiacciasassi. Andrebbe rammentato che il
berlusconismo è stato un’ideologia del potere, che ha perseguito
politiche neoliberiste basate sul debito pubblico e sul taglio lineare
dei servizi pubblici, a cominciare dalla scuola, dall’università e dalla
sanità. Cosa sta facendo Renzi in queste settimane economicamente
difficili? Taglia. Sulla scuola, sull’università e sulla sanità. C’è
differenza tra berlusconismo e renzismo?
Renzi a L’Aquila: contestazioni, scontri e la fuga verso il Gran Sasso
Dicono le agenzie di stampa che la prima
tappa in Abruzzo di Renzi, presso il nuovo Municipio de L’Aquila è
stata cancellata a causa delle tensioni tra forze di polizia e
manifestanti. Renzi è stato dirottato verso l’Istituto di Fisica
Nucleare al Gran Sasso. Per capire la rabbia, l’inquietudine, la
tensione collettiva dei cittadini de L’Aquila basta citare questa
dichiarazione del leader degli studenti aquilani, William Giordano:
“veniamo chiamati a fare da spettatori all’ennesima passerella
istituzionale sul suolo aquilano. Alle promesse mai mantenute sui tempi
della ricostruzione e alla futile ricerca di consensi e medianicità da
tempo opponiamo percorsi di partecipazione attiva e reale in grado di
orientare il processo della ricostruzione sulla base del soddisfacimento
dei bisogni della popolazione studentesca aquilana”. Gli studenti,
insomma, e non solo loro, vorrebbero essere protagonisti e non passivi
spettatori della ricostruzione. Per questa ragione hanno opposto le loro
legittime richieste all’ennesimo comizio di Matteo Renzi.
Al termine di questa giornata che
avrebbe dovuto segnare la ripresa dell’attività politica, Renzi ha forse
guadagnato le simpatie andreottiane dei giovani di cielle, ma
certamente non ha avuto il coraggio di misurarsi con gli argomenti
legittimamente critici degli studenti de L’Aquila.
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