Sulla sovranità fiscale non si tratta
La
lettera aperta scritta dall’economista ed ex ministro Paolo Savona al
Presidente della Repubblica Sergio Mattarella pubblicata su “Milano
Finanza”. Un invito al Capo dello Stato a riflettere sui rischi connessi
a un accordo che imporrebbe ulteriori pesantissimi vincoli alla
sovranità nazionale con conseguente violazione del dettato della nostra
Costituzione.
Caro Presidente Mattarella,
per
il rispetto che porto all’istituzione che presiede e a Lei
personalmente è con molta ansia che Le indirizzo questa lettera aperta
riguardante una scelta che considero fondamentale per il futuro
dell’Italia: la cessione della sovranità fiscale per far funzionare la
sovranità monetaria europea, dato che questa è stata ceduta dagli Stati
membri senza stabilire quando e come si dovesse pervenire
all’indispensabile unione politica necessaria per rendere irreversibile
l’euro, né attribuire alla Banca Centrale Europea il potere di svolgere
la funzione di lender of last resort in caso di attacchi speculativi come quelli che abbiamo vissuto dopo la crisi finanziaria americana del 2008.
Invece
di affrontare questi due problemi vitali per il futuro dell’Europa si
chiede di sottoscrivere un accordo per cedere la sovranità fiscale
residua, che per pudore viene chiamata “gestione in comune”. Il
presidente della Bundesbank ha riproposto e precisato i contenuti in un
recente discorso.
persone
Leggo
sui giornali che Lei avrebbe concordato con il presidente della Bce e
con il ministro dell’Economia italiano una strategia in attuazione del
previsto accordo. Non credo di dover spiegare a Lei perché nomino
istituzioni e non persone. Penso che queste notizie siano suggerimenti
di persone scriteriate (l’aggettivo è di un Suo illustre predecessore,
Luigi Einaudi) che, non fidandosi più del Paese, ammesso che mai se ne
siano fidate, lo vogliono colonizzare; una sorta di fastidio per i
disturbi che provengono per i loro interessi. Spero che la notizia sia
infondata, perché, se non lo fosse, sarebbe Suo dovere smentirla,
secondo un insegnamento che mi ha dato Ugo La Malfa: se un notizia è
falsa, non si smentisce, se è vera, si deve farlo; e aggiungeva che, se i
contenuti della notizia erano particolarmente importanti – come sarebbe
la cessione della sovranità fiscale che marcherebbe la fine della
democrazia italiana senza che ne nasca un’altra – non si doveva solo
smentire, ma farlo in modo energico.
A
ogni buon conto, se una tale scelta maturasse, Lei non potrebbe
ratificarla, perché l’articolo 11 della Costituzione dice chiaramente
che l’Italia consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle
limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la
pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le
organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. Naturalmente diranno
che la decisione risponde a queste condizioni (pace, giustizia e parità
con altri Stati) ma, sulla base dell’esperienza fatta con la cessione
all’Unione Europea della sovranità di regolare i mercati e di battere
moneta, queste sono pure ipotesi, una vera truffa per taluni e
un’ingenuità per altri, che né la scienza economica (mi passi il
termine) né la politica, che pretese di scienza non ha mai avuto,
possono asseverare. I trattati internazionali sono contratti giuridici
tra nazioni e l’oggetto del Patto stipulato a Maastricht in attuazione
dell’Atto unico e ribadito a Lisbona nel 2000 parla chiaro: all’articolo
2, punto 3, afferma che L’Unione si adopera per lo sviluppo sostenibile
dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla
stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente
competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e
su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità
dell’ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico.
L’Unione combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni e promuove
la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la
solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore. Essa
promuove la coesione economica, sociale e territoriale e la solidarietà
tra gli Stati membri.
Le
chiedo, caro Presidente, se Lei ritiene che questo impegno sia stato
adempiuto e quali siano, anche dopo l’esperienza della crisi greca, le
probabilità che lo possa essere, anche ipotizzando di cedere la parte
residua della sovranità nazionale in cambio (il termine è già un
eufemismo) di un’assistenza finanziaria accompagnata da vincoli che
violano il dettato della nostra Costituzione che Lei è deputato da
tutelare. Invece di uscire dal paradosso di un non-Stato europeo formato
da non-Stati nazionali, si intende approfondire questa strana
configurazione istituzionale perché appare vantaggiosa a pochi Paesi
capeggiati dalla Germania.
Poiché
la tesi del vantaggio che potremmo ricavarne è priva di fondamento, da
tempo si insiste nello spargere terrore su quello che avverrebbe se
l’euro crollasse, trascinando il mercato unico, aggiungendo la ciliegina
della speranza che in futuro le cose andranno meglio e che si va
facendo di tutto affinché ciò avvenga. Vivere nel terrore del dopo e
nella speranza che le cose cambino, senza attivare gli strumenti adatti
affinché ciò avvenga, non è posizione politica dignitosa. L’Italia non
si è tirata indietro quando le è stato chiesto di pagare un costo
elevato in termini di vite umane per giungere all’unità e per uscire
dalla dittatura nazifascista, perché sapeva valutare il costo di
rimanere nelle condizioni in cui si trovava; spero che la nuova classe
dirigente non si tiri indietro e sappia chiedere e far accettare un
ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni. Per
l’Italia non esiste alternativa al chiedere il rispetto congiunto del
dettato costituzionale e dell’oggetto del Trattato europeo vigente e Lei
ne è garante.
Paolo Savona
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