Gli
altri si lamentano delle tasse, loro accendono un cero a San Fisco. I
concorrenti maledicono la burocrazia, loro se ne nutrono come linfa
vitale.
Sono quei fortunati imprenditori nel cui curriculum spicca
un'abilità su tutte: avere nella rubrica del cellulare il numero di
telefono giusto, dall'usciere al sottosegretario.
Il resto degli
imprenditori, i Tartassati, combatte su due fronti, concorrenza e
malaburocrazia, loro, i Privilegiati, veleggiano nel porto sicuro degli
appalti facili. Attenzione: Stato ed enti locali sono spesso pessimi
clienti (tuttora rimangono non pagati un terzo dei loro debiti verso le
imprese) ma non per tutti. Le intercettazioni dell'inchiesta Mafia
Capitale ci hanno rivelato il volto estremo di questo mondo, quello che
vede Salvatore Buzzi dire di un consigliere comunale del Pd «me lo so'
comprato, ormai gioca con me» e il 23 gennaio 2014 raccontare di avergli
«promesso 150 mila euro se fosse intervenuto per sbloccare un pagamento
di 3 milioni sul sociale», scrivono gli inquirenti.
Ma non c'è
solo il sottobosco perverso delle mazzette. Anche senza le manovre di
Buzzi, ora detenuto, la contiguità di un certo mondo imprenditoriale con
la cosa pubblica è una garanzia di successo. Proprio ieri l'E spresso
ha pubblicato l'interrogazione al ministro Alfano con cui Massimo
Artini, parlamentare ex 5 Stelle, elenca 52 appalti dati ad aziende e
cooperative coinvolte in Mafia Capitale, come la «29 giugno» o «La
Cascina», dopo che Buzzi era già in galera. Si tratta di incarichi di
ogni tipo, dall'accoglienza ai migranti ai servizi per anziani e
bambini, assegnati in tutta Italia, a Roma, ma anche a Bari, Cagliari,
Sassari e Lecco. A scandalo già esploso nella Capitale.
Ci sono
settori in cui i buoni rapporti con la politica hanno consentito a certi
imprenditori di costruire immense fortune: immobili in locazione,
rifiuti, sanità, formazione, manutenzioni. A Roma è noto il caso di
Sergio Scarpellini, re dei palazzi affittati alle istituzioni. Dal 1997
fino a qualche mese fa ha incassato canoni d'oro anche dalla Camera per i
suoi uffici: «Se volevano -ha detto al Fatto l'anziano imprenditore
dopo essere caduto in disgrazia - con questo denaro che mi hanno dato,
circa 369 milioni di euro, un paio li potevano acquistare». Scarpellini
non comprende il perché di tanto astio visto che, racconta, «durante la
campagna elettorale vengono qui bianchi, rossi e verdi e noi un
contributo lo diamo sempre. A tutti. Gli imprenditori romani fanno
così». Non è un caso isolato: lo Stato, pur avendo un patrimonio
immobiliare da 281 miliardi, prende in affitto il 40% dei suoi uffici,
regalando ad alcuni fortunati padroni di casa un miliardo l'anno.
E
non è un'esclusiva romana. In Abruzzo ha fatto scalpore la storia di
Rodolfo Di Zio, per anni monopolista della raccolta dei rifiuti nella
regione, attività che gli ha consentito di accumulare una fortuna prima
di finire nei guai con la giustizia. In un'intercettazione spiegava il
suo metodo: «Sono apolitico, nel senso che noi non facciamo politica» e
ancora: «Non ho rapporti soltanto con la destra, io ce li ho anche con
la sinistra».
Proprio come gli enti di formazione, spesso legati a
sindacati e associazioni di categoria, con la loro industria dei corsi,
spesso inutili. L'intero settore è sotto inchiesta ad esempio in
Sicilia, ma al netto degli scandali, in Italia in cinque anni si sono
tenuti 504mila corsi costati 7 miliardi, dice uno studio del professor
Roberto Perotti su Lavoce.info . I risultati? In Italia sarebbero
serviti a trovar posto a 233 persone contro 31mila in Germania e 49mila
in Francia. In realtà, dice Perotti, non c'è uno studio serio
dell'impatto avuto. A parte ingrassare i fortunati enti di formazione e
sperperare fondi europei. Che, spiega Perotti, all'Italia costano due
euro per ognuno ricevuto: un euro pagato come adesione all'Ue, l'altro
aggiunto dallo Stato, tenuto a cofinanziare i corsi. Bell'affare, ma
solo per qualcuno.
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/squali-degli-appalti-pubblici-amici-giusti-palazzo-1158097.html
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