RomaOrmai
la guerra nel Pd è dichiarata. Il terreno di battaglia è la riforma del
Senato, la posta in palio è il governo stesso.
Matteo Renzi lo sa bene, e ieri sera ha raccolto il guanto di
sfida ai senatori ribelli del suo partito: «Abbiamo offerto spazi di
confronto, ma è evidente che per confrontarsi bisogna essere in due. Ora
si voterà, e vedremo chi ha i numeri».
A Palazzo Chigi sanno che
la partita d'autunno, quando si inizierà a esaminare in terza lettura la
riforma costituzionale, «sarà dura, durissima». Proprio ieri la
minoranza Pd - sono 28 i senatori firmatari - ha messo sul tavolo un
pacchetto di emendamenti volto a smontare l'impianto del nuovo Senato e a
ripristinare i senatori eletti, puntando a dare - con i voti del
centrodestra, in un Nazareno rovesciato - un colpo esiziale
all'esecutivo.
Il livello di allarme è alto, tanto da far scendere
in campo l'ex presidente Napolitano: attenti a non affondare anche
questa ultima, decisiva occasione per riformare un sistema ormai
inceppato. Annusata aria di tempesta, l'ex capo dello Stato ha deciso di
prendere carta e penna e scrivere poche righe, assai chiare, pubblicate
ieri dal Corriere della Sera , rivolgendo «un forte appello a quanti
continuano a esprimere orientamenti così rischiosi per le sorti di una
già troppo tardiva riforma costituzionale», un appello ad «evitare
proposte che si traducono in fattori di paralisi» e a fermare le
«contrapposizioni politiche distruttive e i puri artifizi polemici».
Il
messaggio di Napolitano ha un destinatario palese - l'opposizione di
centrodestra e la minoranza Pd - ma ne ha soprattutto uno non
dichiarato: il presidente del Senato Pietro Grasso. Napolitano conosce
bene i suoi polli, e sa che Bersani e compagni hanno ormai scelto la
strada del «Vietnam» contro il premier, e che - ora che lui non sta più
al Quirinale - gli ex Pci della fronda anti-Renzi non hanno alcun
interesse a dargli retta. Tanto più visto che hanno ancora il dente
avvelenato con un presidente che non ha mai nascosto, nel suo decennio
al Colle, di tenerli in scarsa stima. L'avvertimento a non avallare
operazioni che hanno il solo intento di «far saltare le basi su cui si è
posta la riforma del bicameralismo» è dunque rivolto a chi ne ha il
potere e - è il timore radicato a Palazzo Chigi - la tentazione. Spetta a
Grasso infatti la decisione finale sull'ammissibilità degli emendamenti
volti a reintrodurre l'elezione diretta dei senatori e l'ampliamento
dei poteri del Senato, cancellando così i due cardini della riforma e
riproponendo un bicameralismo spurio. Già Anna Finocchiaro ha detto che,
da presidente della commissione Affari costituzionali, considera
inammissibili modifiche che azzererebbero la riforma. Mentre il
presidente del Senato ha aperto.
Lo scontro istituzionale, da
sotterraneo, minaccia di farsi esplicito. E la posta in gioco è tutta
politica: far saltare la riforma del Senato vuol dire affondare il
governo: esattamente ciò che perseguono non solo le opposizioni (e
infatti ieri Brunetta ha sparato a zero contro Napolitano) ma anche un
pezzo di Pd. Tanto che, a nome della minoranza, il senatore bersaniano
Corsini attacca a testa bassa Napolitano, che «ha superato il limite» e
difende «l'autonomia di Grasso» che «costituisce una garanzia per
tutti», e in particolare per il fronte anti-Renzi.
E infatti,
contando sulla copertura di Grasso (che secondo i maligni già immagina
un futuro da sostituto di Renzi a Palazzo Chigi), la minoranza Pd
conferma la presentazione dei suoi emendamenti. E stavolta per Renzi -
lettere ai giornali a parte - non ci sarà al Quirinale la forte sponda
pro-riforme di Napolitano.
http://www.ilgiornale.it/news/politica/napolitano-aiuto-renzi-salvarlo-vietnam-pd-1159056.html
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