(Francesco Gori) – L’opposizione siriana è in
frantumi. Delegittimata e priva di rappresentanza politica nel paese, la
cosidetta Coalizione nazionale siriana (Cns) delle forze
dell’opposizione e della rivoluzione, fondata a Doha l’11 novembre
2012, deve incassare l’ennesimo abbandono. Lo strappo questa volta
arriva da una nota rete di attivisti siriani, i comitati di
coordinamento locali (LCC), che ha attaccato l’opposizione in esilio,
accusata di essere minata da “conflitti interni” e da “ambizioni
personali”.
Per l’organo che riunisce la maggior parte delle forze di opposizione
al governo di Bashar al Assad, comprese le formazioni militari, è
l’ennesima doccia fredda: la rete degli attivisti locali ha
accusato la Coalizione di essere formata da “blocchi legati a forze
straniere”, come Arabia Saudita, Qatar e Turchia. Le stesse
forze che sono accusate di aver finanziato il terrorismo nel paese e di
aver ingrassato di denaro i miliziani dello Stato Islamico, di al Nusra e
di altri gruppi islamisti e di matrice jihadista.
“L’LCC ha deciso di ritirarsi formalmente dalla Coalizione”, ha annunciato in una lettera diffusa dall’AFP. “Noi
speravamo che questo partito politico, di cui siamo uno dei fondatori,
volesse realizzare le aspirazioni del popolo e i principi della
rivoluzione, per la quale ha pagato un prezzo inimmaginabile. Purtroppo,
abbiamo visto in diverse occasioni la sua incapacità di intraprendere
questa missione. Ci vergogniamo nel vedere cosa è successo alla
Coalizione”.
Dalla sua nascita a oggi, la Coalizione nazionale
siriana è stata teatro di una guerra fratricida tra i sunniti
dell’Arabia Saudita e quelli del Qatar con l’obiettivo di imporre i
propri uomini alla presidenza e di dominare un organismo che per una
parte della comunità internazionale (Stati Uniti, Unione Europea e
Monarchie del Golfo ) è il legittimo rappresentante del popolo
siriano. La Coalizione ha creato un governo provvisorio in esilio ed
è inoltre, attraverso il Consiglio nazionale, il principale
interlocutore politico dell’Esercito Siriano Libero.
Nel 2013, a luglio, ci fu il primo passaggio di
consegne: il Qatar, fino allora assoluto dominatore della Coalizione,
dovette cedere davanti al presidente imposto dall’Arabia Saudita, Ahmad
Assi Jarba, capo di una tribù della Siria orientale, che rappresentava
gli interessi dell’Arabia Saudita a cui la sua tribù è ancora oggi
associata. Da allora gli scontri, le fratture e gli abbandoni si
sono moltiplicati. Così come i presidenti di un organismo che, come
hanno denunciato molti oppositori del governo siriano, ha caratterizzato
la sua azione per l’immensa ingordigia dei suoi componenti, abituati a
vivere nel lusso e a sperperare ingenti somme di denaro mentre il paese
sprofondava nel caos e nella miseria di una guerra che si protrae da
oltre quattro anni.
Le accuse rivolte da più parti e il fatto che la
Coalzione abbia perso importanza nel conflitto a favore di gruppi
estremisti islamici considerati più efficaci nella lotta ad Assad non ha
impedito però al governo statunitense di concedere il permesso di
aprire una missione diplomatica negli Stati Uniti. Una misura che non è
servita a placare l’infinita lotta tra due dei paesi che la sostengono,
il Qatar e l’Arabia Saudita. Ovvero i paesi che più di tutti vogliono
mettere le mani sulla Siria.
LA BANCAROTTA DEL GOVERNO DELL’OPPOSIZIONE SIRIANA
Un’opposizione frantumata e al verde. Si, perchè lo
scorso febbraio il “governo” dell’opposizione siriana in esilio ha
dichiarato fallimento e ha informato i suoi dipendenti che si trovavano in Turchia “che il loro lavoro, da ora in poi, deve essere volontario”. Secondo
varie stime, il “governo siriano di opposizione” ha avuto fino a 400
dipendenti che sono stati pagati tra i 1000 e 1.600 dollari al mese fino
al “primo ministro” Ahmad Tohmé, che riceveva 8.000 dollari mensili,
pari allo stipendio del presidente della Turchia, che ospita il quartier
generale di questo sedicente “governo”.
Ahmad Tohmé, vicino ai Fratelli musulmani e
sostenuto dal Qatar, è stato rieletto nell’ottobre del 2014 dopo il
solito braccio di ferro tra Qatar e Arabia Saudita, principali
sostenitori della rivolta contro Assad. Il “premier” era stato rimosso
nel luglio dello stesso anno dall’assemblea generale dell’opposizione,
dopo fortissime pressioni dei sauditi.
Il governo di opposizione in esilio è stato accusato più volte di
corruzione e appropriazione indebita di fondi su questioni quali la
costruzione della sede del “governo” di Istanbul. In più c’è da
registrare un sostanzioso calo di finanziamenti verso un’organismo
scarsamente rappresentativo delle forze di opposizione in Siria. Come
rivela la televisione libanese al Manar, del movimento sciita Hezbollah,
il governo in esilio non è stato in grado di raccogliere le donazioni
necessarie neppur in Qatar, suo sponsor principale. Ciò anche a
seguito di scontri tra il “governo” Tohmé e alcuni membri della
cosiddetta Coalizione nazionale siriana, tra cui l’ex leader Ahmed
Yarba.
http://spondasud.it/2015/08/siria-opposizione-in-frantumi-la-coalizione-nazionale-perde-altri-pezzi-9411
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