USCIRE DALL’EURO di Jacques Sapir

Pubblichiamo il recente articolo di Jacques Sapir e uscito sul suo blog Russeurope. Riteniamo che sia di grandissima importanza.
Traduzione di Etienne Ruzic
- La constatazione
- Va ricordato anzitutto quanto è costato l’Euro all’economia francese [1]
- L’Euro è direttamente responsabile del 30% del tasso di disoccupazione attuale, a causa dell’effetto di frenatura che ha esercitato sulla domanda e sull’attività della Francia, a partire dalla seconda metà degli anni Novanta. La percentuale del 30% è stata data da Ragot, sulla base dei calcoli dell’OFCE. È più che probabile che si possa estendere non solo ai disoccupati della categoria A, ma anche a quelli delle altre categorie.
- L’Euro è indirettamente responsabile, attraverso politiche di austerità che sono state imposte dal 2011 per portare la competitività dell’economia francese al livello della Germania senza un deprezzamento della moneta, del circa 20% della disoccupazione attuale [2]. Ancora una volta questa stima è stata convalidata da Xavier Ragot. Ma gli effetti dell’Euro non si fermano qui.
- L’Euro è anche responsabile, a lungo termine, di un’accelerazione del processo di deindustrializzazione della Francia, il cui costo (escludendo gli effetti di (a) e (b)), in termini di limitazione della domanda a causa della riduzione relativa dei salari dovuta al posto assunto dai servizi nell’economia, può essere stimato al 15% della disoccupazione. Misuriamo che questa deindustrializzazione è accelerata dall’inizio degli anni Novanta, ossia a partire dal trattato di Maastricht e dal momento in cui la Francia ha dovuto “qualificarsi” per l’Euro. E’ opportuno dunque capire che gli effetti negativi dell’Euro si sono fatti sentire prima della sua creazione ufficiale (1999), a causa del quadro macroeconomico che esso ha imposto e che ancora legittima. Non è ovviamente l’unico responsabile di questa deindustrializzazione, ma senza dubbio ha accelerato il fenomeno. Può pertanto essere imputato ad esso il 5% -10% della disoccupazione legata al calo della domanda solvibile derivante dal trasferimento di posti di lavoro industriali verso lavori di servizio.
- Bisogna, quindi, insistere su ciò che l’Euro costerà, in termini di disoccupazione e austerità, per poter essere mantenuto.
- Contrariamente a quanto che si dice, la Francia non ha ancora applicato tutte le misure che verranno imposte dall’Eurozona. Da questo punto di vista, l’allineamento è rimasto limitato rispetto a quanto hanno subito la Grecia, la Spagna, l’Irlanda o il Portogallo. L’effetto depressivo, che nel periodo 1999-2008 è stato limitato da un grande deficit di bilancio [4], dovrebbe essere molto più forte nei 3-5 anni a venire, senza che questo abbia un impatto positivo, perché il calo della domanda che ne risulterà in Francia avrà l’effetto di abbassare la domanda in tutta l’Eurozona. Queste misure sono esplicitamente evocate da certi politici (come Fillon e Juppé), ma in realtà anche in modo molto trasparente da alcuni membri del governo, come si è visto con Emmanuel Macron o François Rebsamen.
- Tenuto conto del moltiplicatore fiscale stimato per la Francia dal FMI[5], dobbiamo aspettarci, se si procede ai tagli finanziari pianificati e programmati e anche a nuovi tagli che si riveleranno necessari, un ristagno nella crescita, o addirittura un calo, fino al 2018-2020, che dovrebbe provocare un calo del reddito medio del 10-15% e un aumento della disoccupazione (cat. A) al di sopra di 4 milioni [6].
- Ma questo non include l’effetto indotto sui deficit (sia dei sistemi sociali che di bilancio) dalla disoccupazione di massa e dalla bassa crescita. Se la Francia resta nell’Euro, saranno “necessari” nuovi piani di austerità. I loro effetti cumulativi si tradurranno in un totale declino del reddito medio del 15% – 20% e porteranno la disoccupazione (cat. A) a 4,5 milioni e il tasso di disoccupazione effettivo verso 6 milioni.
- La moneta fiduciaria Vengono chiamate “moneta fiduciaria” le monete e banconote. La produzione delle banconote è semplice da decidere (una nuova matrice elettronica) e può essere terminata in tre settimane, con la fornitura di distributori. Nel frattempo, le banconote in Euro verranno timbrate con la lettera “F”. Le monete portano già su una faccia il riferimento al Paese emittente.
- La moneta scritturale. Bisognerà convertire al tasso di 1: 1 di tutti i conti bancari (conti correnti e conti risparmio). Questa operazione, che equivale ad una manipolazione informatica, dovrà avvenire il giorno stesso del cambiamento.
- Le misure finanziarie. Queste misure finanziarie sono decisamente le più importanti. Istintivamente, si pensa che il rischio è che ci siano debiti in valuta estera mentre i beni si svaluteranno con il corso della nuova moneta. Ma una regola (e una giurisprudenza) del diritto internazionale distingue non la moneta, ma il luogo di emissione del debito. In altre parole, questo debito è emesso in diritto francese, o tedesco, o inglese o di Singapore, ecc. In effetti, l’idea di un forte aumento dei debiti a causa dell’uscita dall’Euro e di un deprezzamento della nuova moneta francese, idea che è spesso portata avanti da chi è contro l’uscita dall’Euro, non si basa su motivi seri. Ciò è chiaro se guardiamo precisamente le questioni del debito pubblico, l’indebitamento delle famiglie e i debiti delle imprese.
- Il problema del debito pubblico. Il debito pubblico francese è composto al 97% da titoli emessi nel diritto francese. La Lex Monetae, che è un principio di diritto internazionale, implica la loro conversione automatica nella nuova moneta legale in Francia.
- I debiti delle famiglie. I debiti delle famiglie sono per la maggioranza (98%) dei debiti emessi nel diritto francese. Viene applicato lo stesso principio. Le famiglie avranno dunque beni e debiti in Franchi per lo stesso valore nominale dei loro beni e debiti in Euro. Il problema degli abitanti frontalieri, che hanno sottoscritto un debito in diritto estero potrebbe essere un problema locale.
- I debiti delle imprese. Qui si deve distinguere tra i debiti delle Piccole e Medie Imprese e quelli dei gruppi internazionali. Gli studi condotti da diverse società gestionali obbligazioniste mostrano che nella stragrande maggioranza i debiti delle PME sono stati sottoscritti con le banche francesi. Per i gruppi internazionalizzati, se una parte significativa del loro debito viene sottoscritto in diritto straniero (inglese o americano), una grande parte del loro fatturato è anch’essa in valuta estera. Sono state fatte diverse simulazioni i cui risultati vanno da un equilibrio complessivo all’apparizione di perdite globali (per tutte le società) pari a 2 miliardi di dollari. Queste perdite devono essere rapportate ai profitti realizzati da questi grandi gruppi e appaiono in realtà insignificanti.
- Il problema delle banche e delle compagnie di assicurazione. L’internazionalizzazione del settore bancario ed assicurativo francese è grande, con operazioni significative in Italia, in Belgio e in misura molto minore in Spagna. Ma l’uscita dell’Euro da parte della Francia comporterebbe effettivamente uno smembramento di questa zona. Si vedrà che anche l’Italia dovrebbe uscire dall’Euro e lasciare deprezzare la sua valuta; lo scarto con la Francia dovrebbe essere del 5% – 10%. Anche qui le stime sono state fatte nel 2012 e nel 2014. La conclusione è che per tutto il settore finanziario francese le perdite non dovrebbero superare i 5 miliardi di Euro (attuali). D’altra parte, alcune istituzioni potrebbero conoscere problemi più seri mentre altre realizzerebbero dei profitti. Per poter condurre una gestione globale del settore finanziario dagli effetti dell’uscita dell’Euro, sarà dunque importante procedere ad una temporanea nazionalizzazione di questo settore (bancario e assicurativo).
- Le misure macroeconomiche.
- Il problema dell’inflazione indotta o ‘importata’. Questo rischio viene presentato come un rischio maggiore, come se il deprezzamento della moneta provocasse immediatamente un aumento dei prezzi annullando gli effetti positivi di quest’ultimo. In realtà, l’aumento dei prezzi indotto è una piccola frazione del deprezzamento, e questo aumento dei prezzi non è immediato, ma si estende su diversi anni. Nel caso di un deprezzamento del 20% del “nuovo” Franco e tenendo conto degli effetti del deprezzamento delle altre valute (in Spagna, Italia, Portogallo…), l’effetto dell’aumento globale dei prezzi dovrebbe essere dell’8%, ripartito su tre anni. Più della metà di questo effetto si manifesterebbe nel primo anno, poi scenderebbe rapidamente (4,5% il primo anno, 2,5% il secondo e 1% il terzo). Questo implica che se i prezzi formulati in Franchi sono all’80% dei vecchi prezzi in Euro (per l’esportazione), tre anni dopo, e supponendo le altre cause di inflazione stabile, sarebbero all’ 86,5%. Dunque, il guadagno di competitività del deprezzamento monetario continuerà a verificarsi.
- La questione delle monete di riserva. Sappiamo che in materia di moneta internazionale di riserva, l’Euro non è stato in grado di competere con il Dollaro degli Stati Uniti. La quota nelle riserve di cambio delle Banche Centrali corrisponde in realtà a ciò che rappresentavano il DM e il Franco prima dell’introduzione dell’Euro. Questa valuta quindi non è stata un sostituto, e ancor meno un concorrente per il Dollaro, nonostante ciò che si sente dire talvolta.
- Le monete di transazioni finanziarie internazionali. Se il Dollaro gode per il momento di una forza schiacciante come moneta di transazione finanziaria, ormai ha come concorrente non l’Euro, ma lo Yuan. L’Euro non è riuscito ad affermarsi a livello internazionale, e ora è contestato non solo dallo Yuan cinese, ma anche da diverse “piccole”. E’ possibile un nuovo “Bretton Woods”? Sappiamo che gli accordi di Bretton Woods, che sono stati applicati solo a partire dalla fine degli anni Cinquanta, sono diventati caduchi nel 1973. A partire da questa data, stiamo vivendo in un altro sistema, che possiamo chiamare tallone Dollaro che è in via di decomposizione. E’ necessaria una nuova conferenza internazionale, ma gli Stati Uniti stanno facendo tutto il possibile per impedirlo. La decisione dei Paesi europei di costituire l’Eurozona (l’unione economica e monetaria) è stato in realtà un disertare il dibattito internazionale. Infatti, mentre l’Europa si chiudeva sulla costruzione dell’Euro, accettava, attraverso le regole sia finanziarie che commerciali dell’OMC, la supremazia americana. Questa doppia capitolazione ha fatto dell’Unione europea un “non-attore” in questo campo. La dissoluzione dell’Euro avrà come conseguenza immediata quella di costringere un certo numero di Paesi a riguadagnare terreno in questo dibattito internazionale.
- Le alternative politiche. Le alternative sono pertanto le seguenti: o rimanere nell’Euro, cosi come è (con le conseguenze economiche e sociali catastrofiche che ne derivano), o imporre un cambiamento della governance dell’Euro, ma che implica che la Germania si impegni a trasferire ai Paesi del “Sud” dell’Eurozona tra i 220 e i 250 miliardi di Euro all’anno su un periodo di dieci anni (cioè tra l’ 80% e il 100% del suo PIL) , oppure uscire dall’Euro. Quest’ultima soluzione sembra essere la scelta del realismo e del pragmatismo di fronte all’immobilismo (Euro così com’è) o alla mancanza di realismo (“imporre” alla Germania il trasferimento dell’8% – 10% del PIL all’anno). Tuttavia bisogna indicare che la gestione concreta dell’uscita dall’Euro impone una serie di regole che dovranno essere rigorosamente rispettate.
- Le proposte di referendum su questo particolare argomento, come appaiono nel programma di alcuni partiti (FN) o nelle discussioni all’interno di altri partiti (l’amministratore delegato, ma anche Syriza in Grecia[9]) devono essere proibite per motivi di fattibilità e motivi politici.
- L’indizione di un referendum sarà in realtà tecnicamente impossibile, perché la speculazione più sfrenata sarà immediata e non si possono chiudere i mercati finanziari per più di pochi giorni.
- Peraltro, un referendum sull’uscita dall’ Euro comporterebbe tutte le manipolazioni politiche possibili e non corrisponderebbe ad una reale democrazia.
- Un governo eletto sulla premessa degli effetti nocivi dell’Euro deve considerare che ha ricevuto il mandato di valutare tutte le possibilità tra cui l’uscita dall’Euro. In effetti, l’Euro è stato introdotto come una misura puramente tecnica ed è dunque da un punto di vista puramente tecnico che bisogna affrontare il suo smantellamento. Ora, la procedura di referendum ha senso solo se si riferisce a questioni politiche.
- Bisogna affermare la necessità di discutere la possibilità di uno smontaggio concertato; ma questo non deve portare alla paralisi della decisione dannosa per l’economia e alla libertà di decisione.
- La possibilità di un cambiamento nella governance dovrebbe essere esposta chiaramente, ma specificando le implicazioni reali di questo cambiamento. In particolare, bisognerà chiarire la portata dei trasferimenti che dovrebbero essere consentiti da alcuni Paesi se si vuole che l’Eurozona funzioni.
- L’opzione di una dissoluzione concordata dell’Eurozona deve anch’essa essere chiarificata, perché questa soluzione è senza dubbio la migliore.
- Ma il periodo di proposta e negoziazione deve essere ridotto a 48 – 72 ore, ancora una volta per evitare la lunga paralisi che si sta verificando attualmente in Grecia. Il governo (o la Presidenza) francese deve proporre queste soluzioni ai propri partner chiedendo loro degli impegni di principio. In caso di rifiuto o di mancanza di una posizione chiara, dovrà sentirsi esonerato da qualsiasi obbligo nei confronti dei partner.
- Una volta trascorso il periodo di proposta, la Francia dovrà prendere le proprie responsabilità.
- Deve essere riaffermata la garanzia dei depositi bancari (in moneta nazionale), per i privati come per le imprese e questo senza limiti di somma. Ciò non è completamente soddisfacente dal punto di vista di un’analisi in termini di giustizia sociale. Ma, ancora una volta, ciò che prevale è la nozione di “fiducia”. Da questo punto di vista, una garanzia per tutti i depositi appare molto più adatta a convincere la popolazione sull’impegno del governo, piuttosto che un sistema certo teoricamente più giusto ma ben più complesso per attuare garanzie differenziate. Da questo punto di vista la «giustizia» delle misure dipenderà in realtà dalla loro capacità di creare fiducia.
- Dovrebbe essere presa in considerazione la possibilità di una temporanea nazionalizzazione del sistema bancario. Qui, ancora una volta, è certo che delle misure differenziate, nazionalizzazione per alcune istituzioni, controlli per altre, sarebbero in teoria giustificate e senza dubbio più adatte. Ma la differenza tra il mondo teorico e il mondo reale è che in quest’ultimo appaiono delle “frizioni” che compromettono le misure che in apparenza sono le migliori ma anche le più complesse. Bisognerà fare qualcosa di semplice e robusto. Pertanto, la temporanea nazionalizzazione di tutte le banche e assicurazioni sarà molto probabilmente la misura più robusta e quella in grado di produrre gli effetti più positivi.
- I sistemi di assicurazione vita devono essere garantiti in moneta nazionale con, se necessario, uno scambio di obblighi dei Paesi dell’Eurozona con obblighi pubblici francesi.
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