L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

mercoledì 23 settembre 2015

2015 crisi economica, cominciamo dalla terminologia, il debito pubblico e privato, bisogna distinguerlo e il primo non è pubblico ma Debito di Stato, e se l'economia non punta alla Piena Occupazione è inutile, è un orpello che serve ad abrutire i popoli e perpetuare l'arricchimento dei pochi a discapito degli altri

Usa, Cina e i rischi di una crisi del debito mondiale
 
22 Sep 2015
A cura di Rocki Gialanella

La BIS (Bank for International Settlements) ha reiterato l’allarme sui rischi derivanti dai livelli estremi di debito raggiunti a livello planetario

L’enormità raggiunta dalle dimensioni del debito planetario fa lievitare la vulnerabilità del sistema finanziario globale e sembra aver svolto un ruolo attivo nella scelta della Federal Reserve di rinviare a data da stabilire il primo ritocco post crisi al rialzo del costo del denaro.

La Bank for International Settlements sostiene che la volatilità proveniente dalla Cina, capace di scuotere con forza i listini azionari di mezzo mondo e di avviare un importante deflusso di capitali dal gigante asiatico, sia un segnale che dimostri come l’eccesso di credito potrebbe finire con l’imporre l’arrivo di una nuova fase recessiva all’economia reale. Secondo la BIS, non si tratta di casi isolati di leverage fuori controllo ma della necessità di liberarsi di una pressione che si è accumulata gradualmente nel corso degli ultimi due decenni.

La combinazione di debito pubblico e privato è aumentata del 36% a partire dal 2007, anno di inizio dell’ultima crisi finanziaria che ha avviato la peggiore recessione post Grande Depressione degli anni ’30. La somma di debito pubblico e privato ammonta al 265% del Pil delle economie industrializzate.

La situazione attuale si differenzia da quelle vissute in passato perché anche le economie emergenti stanno accumulando livelli di debito molto elevati dopo più di sei anni di denaro a basso costo fomentati dalla Federal Reserve (che ha mantenuto i tassi fermi all’interno del range 0-0,25% dalla fine del 2008 ed ha assorbito –mediante il lancio dei vari quantitative easing- oltre 4.500 mld di dollari in titoli di debito).

I flussi di capitali diretti verso i bond dei mercati emergenti, a caccia di rendimenti più elevati rispetto a quelli offerti dalle emissioni di titoli di stato dei paesi industrializzati, hanno comportato una lievitazione di ben 50 punti percentuali nel ratio debito/Pil degli EM. Attualmente tale ratio ha raggiunto il 167%.

In Cina, la seconda economia del pianeta, questo ratio raggiunge il 235% del Pil, registrando un ritmo di crescita che richiama le peggiori crisi finanziarie del passato. L’indebitamento denominato in usd detenuto dalla Cina ha raggiunto l’esorbitante cifra di 9.600 mld (anche questo alimentato dalla politica monetaria messa in campo dalla Fed per stimolare l’economia Usa). Di tale ammontare, circa 3.000 mld corrispondono a titoli di debito emessi dai paesi emergenti, il cui indebitamento denominato in usd è raddoppiato a partire dal collasso di Lehman Brothers.

Sul versante del mercato valutario, la Bis sottolinea che le politiche monetarie divergenti –perseguite o annunciate- da parte delle diverse banche centrali dei paesi industrializzati, sono stati un importante driver negli ultimi mesi. L’istituto sostiene che, anche se la data del prossimo rialzo dei tassi negli Usa resta incerta, i differenziali tra i tassi tra gli Usa e altri paesi continuano a permanere elevati, con importanti ricadute sui mercati dei cambi. La Bis avverte che i mercati finanziari sono diventati eccessivamente dipendenti dalla politica monetaria per riuscire a far fronte al peso economico derivante da una produttività debole e un indebitamento troppo elevato. Non è realistico ma pericoloso pensare che la politica monetaria possa curare tutti i mali dell’economia globale. 

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