Conferenza mondiale sul cambiamento climatico di Parigi: Italia da che parte stai?
Le politiche energetiche
italiane stentano ad allontanarsi da una logica di dipendenza dagli
idrocarburi, trascurando le possibilità offerte dalle energie
rinnovabili.
di Paolo Fedrigo
A dicembre, anche l’Italia sarà presente a Parigi alla ventunesima Conferenza mondiale sul cambiamento climatico che
molti definiscono, per l’ennesima volta, “l’ultima spiaggia” per una
strategia ambientale seria a livello internazionale. Ma come si sta
muovendo la politica italiana in questa direzione? Ne parliamo con
Gianfranco Padovan, presidente di Energoclub, associazione che si occupa di promuovere le energie rinnovabili a livello nazionale.
Con quale politica energetica si presenterà l’Italia a Parigi?
Purtroppo non credo ci saranno grandi novità. La Strategia Energetica Nazionale si
fonda principalmente sulla coltivazione e sull’utilizzo delle fonti
fossili, un’idea che invece dovrebbe far parte del passato per investire
con decisione sulla produzione energetica da fonti rinnovabili.
L’Italia punta ancora sulle fonti fossili e sull’estrazione di idrocarburi in mare…
Sì, il Ministero dello Sviluppo Economico punta sul mare per estrarre prevalentemente gas naturale e sulla terra ferma per il petrolio.
Nel documento “Il Mare” della Direzione Generale Risorse Minerarie del
MISE vengono individuate le zone per regione con le concessioni di
estrazione mineraria, ci sono dati aggiornati e statistiche ma non si
parla dell’impatto dell’attività estrattiva sull’ecosistema marino e
nulla si dice sulla coltivazione delle rinnovabili nei nostri mari. In
particolare non viene fatto nessun riferimento sugli effetti a livello
d’inquinamento acustico dell’airgun. Si tratta
di un dispositivo che comprime l’aria e la spara sott’acqua in modo da
creare un’onda acustica di cui si studia la diffusione nel fondale,
tramite geofoni e accelerometri, per poi ricostruire la struttura
geologica e scoprire giacimenti di idrocarburi. Adesso
che al largo della Sardegna si vogliono aprire le operazioni di ricerca
nei fondali profondi sarebbe opportuno che il problema dell’inquinamento acustico non
venisse sottovalutato proprio lì dove ci sono colonie di grandi
mammiferi marini che potrebbero subire danni e importanti alterazioni
comportamentali.
Il mare potrebbe invece essere una risorsa energetica rinnovabile anche in Italia?
Certo, è da dire che i nostri mari e le nostre coste non sono caratterizzate da moti ondosi con densità energetiche come quelle delle coste atlantiche della Scozia, Gran Bretagna e Norvegia. Non ci sono neppure maree come
nei fiordi norvegesi o in Francia, dove a La Rance c’è una centrale da
240 MW in funzione dal 1966 che farà da modello per le future centrali
in Gran Bretagna. Ci sono però correnti marine nello
Stretto di Messina e in prossimità delle isole. Ci sarebbe anche la
possibilità di generare energia utilizzando il gradiente termico tra la
superficie del mare e il fondale, oppure la differenza di salinità tra
l’acqua dei fiumi che sfociano in mare e l’acqua salata del mare. Molto
importante può essere l’eolico offshore la cui potenzialità è ben oltre i
2 GW, limitandoci a conteggiare le potenze dei progetti studiati e
interrotti dal 2006 a oggi, che purtroppo sono ben quindici.
Perché il settore eolico offshore in Italia non è mai partito?
Il governo Renzi e i governi che lo hanno preceduto sono
inadempienti. Due di questi progetti sono stati ritirati mentre gli
altri oltre all’autorizzazione attendono di ottenere gli incentivi, in analogia a quanto deciso dal Governo per gli impianti a biomassa. Al momento sull’eolico offshore non
esistono regole per valutarne i progetti, non si dicono quali sono le
aree da tutelare e perché sono da tutelare, non si dice come informare i
cittadini, non si dicono quali sono le linee guida per realizzare i
parchi offshore. E questo accade mentre Germania, Olanda, Spagna e
Francia hanno già realizzato 85 parchi offshore per 10,4 GW di potenza
installata. La Germania proprio quest’anno ha aggiunto altri 20 parchi
eolici offshore e raggiungerà i 7,4 GW di potenza installata entro il
2019. Il bello è che questi 20 progetti hanno ottenuto finanziamenti
dalla Commissione Europea.
Ci parlava dello Stretto di Messina, quali sono le potenzialità di quest’area?
Nello Stretto di Messina, nel canale di Sicilia,
nelle bocche di San Bonifacio, pure nella laguna di Venezia e attorno
alle isole, ci sono correnti mare-motrici che possono generare energia
elettrica con tecnologie che hanno molte analogie con l’eolico. Solo che
in questo caso al posto dell’aria c’è l’acqua, che ha densità mille
volte maggiore. Uno studio dell’ENEA del
2012 ha messo a confronto le varie tecnologie stimando che dallo
Stretto di Messina potrebbero essere ottenibili da 9 a 180 GWh per una
potenza da 16 a 280 MW in funzione delle soluzioni tecnologiche
utilizzate. Non ci sarebbe neanche l’impatto visivo degli impianti
offshore.
Quali sono le principali novità inserite dal decreto Sblocca Italia per la politica energetica italiana?
Anche in questo caso si parla di sfruttamento di idrocarburi e
la novità più rilevante è stata introdotta con l’articolo 38 dello
stesso Decreto che prevede un procedimento unico (durata massima di 180
giorni), per il rilascio di un titolo concessorio unico che riguarda sia
la fase di ricerca che quella di coltivazione di idrocarburi. Inoltre,
possono essere autorizzati, per la durata di cinque anni, eventualmente
prorogabili, progetti sperimentali di coltivazione delle risorse
nazionali di idrocarburi offshore. Si afferma che le attività saranno
sottoposte a un programma dettagliato di monitoraggio e in caso di
fenomeni di cedimento del fondale marino dall’estrazione
di idrocarburi, la sperimentazione verrà immediatamente sospesa. Ma
nessun accenno viene fatto ai danni sulla fauna marina. Di fatto lo Sblocca Italia ribadisce
che le risorse energetiche fossili sono considerate come strategiche
per il paese e che le decisioni sul da farsi sono assunte dal Governo
esautorando le Regioni e i Comuni. In estrema sintesi, avanti tutta con
le prospezioni, le concessioni e gli sfruttamenti dei giacimenti lungo
le coste e nell’entroterra italiano.
Quali sono le principali azioni che il Governo dovrebbe attuare per una transizione verso le rinnovabili?
Le possibili azioni da mettere in atto le abbiamo descritte nel
Piano Energetico Nazionali proposto da Energoclub. Il Governo deve
capire prima di tutto che continuare a utilizzare le fonti fossili, al
di là di andare in direzione opposta alla sfida al cambiamento
climatico, significa anche caricarsi di responsabilità nei confronti di
migliaia di morti premature provocate dalla PM2,5.
Morti legate per oltre il 70% alle combustioni nei motori a combustione
interna e alle caldaie residenziali. È comodo però, comodissimo trovare
nel Governo le cause di tutto il male che ci avvolge. Sulla questione
energetica c’è una fortissima corresponsabilità di noi tutti, della
nostra cultura, della nostra incapacità di comunicare e di decidere.
Ognuno di noi ha la possibilità di utilizzare solo fonti rinnovabili sia
che si tratti di elettricità sia di energia termica. Non è un’utopia.
Le tecnologie e le soluzioni ci sono, basta informarsi. Per esempio,
ogni famiglia può cambiare il proprio fornitore di energia che nella
maggior parte dei casi è prodotta con fonti fossili e acquistare
l’energia elettrica da un distributore che a sua volta acquista energia
generata però con fonti rinnovabili. Ancora, oggi le auto elettriche hanno costi di gestione che sono da un terzo fino a un quinto più bassi rispetto a una auto a combustione che puzza e inquina.
In generale quando acquistiamo qualsiasi oggetto informiamoci sul
modo in cui è stato prodotto prima che arrivi nelle nostre mani e
premiamo quelli con un minore impatto ambientale. Se queste informazioni
non ci sono sulle etichette, esigetelo. Scrivete ai produttori. Fatevi
sentire.
http://www.agoravox.it/Conferenza-mondiale-sul.html
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