Mogherini a Bruxelles all’incontro dei leader della Ue (LaPresse)
Appuntamento
a Parigi, per stasera, ora di cena. Menù politico di massimo interesse
per l’Europa: Iran, sicuramente Siria, probabilmente Libia. Ma il
ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, ha previsto solo altri
tre commensali: il collega tedesco Frank-Walter Steinmeier, quello
britannico Philip Hammond e Federica Mogherini, Alto rappresentante
dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza.
Chiusa la due giorni di vertici corali sull’immigrazione a Bruxelles,
l’Unione europea riparte da un trilaterale che sarebbe dovuto restare
riservato. Il ministro degli esteri italiano, Paolo Gentiloni,non è
stato chiamato. Da Roma nessun commento, mentre da Bruxelles si fa
sapere che «gli inviti sono partiti da Parigi e che la cena è un
incontro tra i componenti europei del gruppo 5+1 (Stati Uniti, Cina,
Russia, Francia, Gran Bretagna più la Germania ndr) che ha negoziato con
l’Iran. Si farà il punto della situazione dopo l’accordo e in questo
senso si parlerà anche di Siria».
La spiegazione non convince la diplomazia italiana
che, secondo una ricostruzione affidabile, non sarebbe stata neanche
ufficialmente informata. Qualcuno nel governo si aspettava almeno una
telefonata da Federica Mogherini, candidata con decisione all’incarico
europeo da Matteo Renzi, giusto un anno fa.
I tre ministri
partiranno dal nucleare iraniano e rapidamente arriveranno all’ esodo
dei siriani. Guerra e immigrazione, e dentro c’è anche la Libia, fanno
ormai parte dello stesso dossier. La scorsa settimana il segretario di
Stato americano John Kerry ha visto prima il britannico Hammond e poi il
tedesco Steinmeier. La linea degli Stati Uniti poggia su un paio di
punti fermi: no a un intervento militare massiccio in Siria, sì ad
azione mirate contro l’Isis. Ma il mini-direttorio europeo è diviso: i
francesi sono pronti a bombardare le posizioni dello Stato Islamico, i
britannici anche, senonché il premier David Cameron non sembra avere la
maggioranza in Parlamento per autorizzare l’intervento; i tedeschi
vogliono solo sentire parlare di negoziati. Qualunque sia la strategia
che prevarrà, tutti gli altri Paesi europei dovranno semplicemente
adeguarsi.
Fabius, Steinmeier e Hammond terranno conto anche della relazione presentata ieri al vertice di Bruxelles da
Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo. Tusk è appena tornato da
un lungo giro nei campi di accoglienza di Libano, Giordania e Turchia.
Ha descritto una situazione devastante, sostenendo che in tutta la
regione ci sono «10-12 milioni di potenziali rifugiati che potrebbero
diventare potenziali migranti».
Cifre difficili da
controllare, ma per mantenere l’allarme al massimo livello bastano i
quasi due milioni di profughi siriani ospitati dalla Turchia. «I
campi di accoglienza turchi di fatto sono ormai aperti», ha riferito
Tusk.. Al di là dell’appoggio finanziario promesso da Bruxelles, il
governo di Istanbul insiste: dobbiamo creare una zona cuscinetto fuori
dai confini in cui accogliere i rifugiati sotto il controllo di Turchia,
Ue e Usa.
Non sarà una cena leggera.
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