Qassem Soleimani, generale iraniano
della Forza Quds. Chi è il Comandante Ombra che protegge Damasco
Andrea Purgatori, L'Huffington Post
Pubblicato: 07/10/2015
“Sapete
qual è oggi l’uomo più potente del Medio Oriente? Qassem Soleimani”. Benjamin Netanyahu, a cui è
attribuita questa frase pronunciata in un incontro riservato durante l’ultima
visita a Roma, sono anni che ritrova quel nome nei rapporti del Mossad. Una
costante e un’ossessione, con cui sa di dover fare i conti nel presente e nel
futuro del conflitto a cavallo tra Siria e Iraq. E forse il vero obiettivo del
raid aereo compiuto a gennaio dall’aviazione israeliana sulle alture siriane
del Golan dove rimasero uccisi sei ufficiali iraniani tra cui Hassan Shateri,
che di Soleimani era amico fraterno dai tempi della guerra a Saddam.
Generale, comandante
della Forza Quds che riunisce tutti i reparti speciali dei Guardiani della
Rivoluzione con compiti di intelligence e intervento militare all’estero, amico
personale della Guida Suprema ayatollah Ali Khamenei che lo definì “martire
vivente della guerra contro l’Iraq”, in questo momento Qassem Soleimani è certo
il top player più odiato o adulato dello scenario mediorientale. L’uomo che più
spesso incontra Putin e Assad e, che ne dicano gli strateghi del Pentagono o
gli stati maggiori della Nato, ha nelle proprie mani il destino del Kurdistan
iracheno. Lì, la scorsa estate, un migliaio dei suoi militari è bastato a
salvare Erbil dall’assedio dell’Isis. Con il tacito assenso della Casa Bianca.
Lo chiamano il Comandante
Ombra, per l’estrema segretezza con cui organizza le operazioni, la
riservatezza e la capacità di sottrarsi ad ogni intercettazione. E non a caso
lo hanno paragonato a un paio di grandi spie: una romanzesca – il Karla di John
LeCarré, nemico di Smiley – e una realmente esistita – Markus Wolf, capo della
sezione controspionaggio della Stasi nella Germania Orientale di Honecker. Che
poi erano la stessa persona. Ma a differenza di Wolf, Soleimani è prima di
tutto un raffinato militare cresciuto sui campi di battaglia, oltre che un
musulmano devoto e strenuo difensore della teocrazia sciita al potere in Iran.
Nel 2013, Dexter Filkins ne ha tracciato un
profilo eccellente e senza sconti sul New Yorker. Ne ha raccontato le qualità di padre
(cinque figli), l’attenzione con cui segue uno ad uno i suoi uomini e le
famiglie dei caduti, ma anche il ruolo che la Forza Quds sotto il suo comando
avrebbe avuto in una serie di attentati contro un centro ebraico in Argentina
(1994, 85 morti), le ambasciate americane in Kenia e Tanzania (1998, 200 e 11
morti), il consolato israeliano ad Ankara (2011, 11 morti) il tentativo di
uccisione dell’ambasciatore saudita a New York (2011) e altre azioni contro
obiettivi israeliani in Georgia, India e Thailandia.
Dal conflitto iracheno
post-Saddam in cui strinse un’alleanza temporanea con Al Qaida a quello
afghano, dove si dice che i suoi pasdaran siano presenti nella zona di Herat
(la base del contingente italiano), l’ombra di Soleimani si è ora spostata
stabilmente sul regime di Damasco. Tanto che si dice che un reparto della Forza
Quds stia già operando insieme agli Spetsnaz inviati in Siria da Putin. Mentre
è confermato che da più di cinque mesi i caccia iraniani bombardino le
roccaforti dei ribelli anti-Assad bucando lo spazio aereo iracheno, con gli
americani che si sono limitati a qualche formale protesta per non turbare il
corso del negoziato sul nucleare che di fatto si sta dimostrando un accordo di
respiro strategico per ridisegnare e riequilibrare il quadro di tutte le forze
in campo in Medio Oriente.
Dunque, immaginare che il
cuore del conflitto stia tutto nel braccio di ferro tra Mosca e Washington, con
l’aggiunta ininfluente di qualche Paese europeo (come la Francia, e forse tra
un po’ l’Italia con i suoi quattro vetusti cacciabombardieri Tornado basati in
Kuwait – per rinfrescare la memoria, era un Tornado anche quello di Bellini e
Cocciolone abbattuto dalla contraerea di Saddam durante la Guerra del Golfo del
1991), sarebbe almeno riduttivo. E non tenere conto nello scenario della
variabile Soleimani e della sua linea di intransigente sostegno ad Assad,
sposata dal Consiglio supremo della rivoluzione iraniana, sarebbe peggio.
L’uomo è lungimirante, determinato, influente. Spietato, direbbe Netanyahu. Che
per una volta si troverebbe d’accordo col Califfato. Più delle bombe e di Obama
è proprio lui che gli jihadisti temono. Lui e i suoi uomini, faccia a faccia
sul terreno.
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