Federal
Riserve
Usa a rilento? Ma se per Goldman Sachs economia si sta
surriscaldando
ROMA (WSI) – E ora, dopo la pubblicazione del report occupazionale Usa
migliore delle attese, Goldman Sachs afferma che l’economia americana rischia il
surriscaldamento. Una sorpresa visto che, lo scorso 12 settembre, la
stessa aveva detto che “la Fed dovrebbe valutare ulteriori misure di stimolo”. Di
seguito le riflessioni della banca.
I numeri di venerdì hanno scacciato i timori precedenti, relativi a un forte
rallentamento del mercato del lavoro.
Sebbene la crescita dei nuovi posti di lavoro di ottobre (in Usa), pari a
271.000 unità, abbia tratto vantaggio da due fattori particolari – tra cui la
ripresa di alcuni settori da una fase di debolezza, come quella del commercio
al dettaglio e dei servizi aziendali – il trend appare ancora vicino a 200.000
unità.
Una soglia importante,
in quanto è
ben al di sopra della crescita +85.000 di “equilibrio” che noi riteniamo sia
necessaria al fine di mantenere stabile il tasso di disoccupazione.
Continuando:
I migliori dati, combinati con una chiara dichiarazione della presidente
(della Fed) Yellen, hanno aumentato le nostre stime sulla decisione del Fomc di
alzare i tassi sui fed
funds il prossimo 16 dicembre, dopo esattamente sette anni in cui sono rimasti
attorno allo zero. Niente è mai certo, ma sarebbero necessarie ora sorprese
decisamente negative sia sul fronte dei dati che su quello dei mercati, per
dissuadere la Fed ad
avviare il processo di normalizzazione, a partire dal prossimo mese. Eccetto
queste sorprese, i dati del prossimo mese avranno probabilmente più importanza
nel determinare il percorso dei tassi dopo il primo rialzo, che non la
decisione stessa di dicembre.
A questo punto, tuttavia, Goldman Sachs si pone una domanda.
E’ una buona idea adottare a questo punto una politica monetaria
restrittiva?
GOLDMAN SACHS SPIEGA IL TASSO DI DISOCCUPAZIONE: U-3
CONTRO U-6
Per capire il ragionamento di Goldman Sachs è importante premettere che il
tasso di disoccupazione degli Stati
Uniti di cui si parla nella maggior parte dei casi sui media, e
che è quello che viene comunicato dal governo, è noto con la sigla “U-3″. Tale cifra è stata pari all’8,1% nel febbraio del
2009.
Ma la banca americana prende in considerazione un altro indicatore, “U-6″, che include due gruppi che non sono presenti nell’U-3.
Si tratta di 1) chi non sta cercando attivamente lavoro, ma che ha indicato
il desiderio di averne uno e hanno comunque cercato lavoro (e senza successo)
qualche volta negli ultimi 12 mesi. Si
tratta appunto degli scoraggiati.
2) chi sta cercando un lavoro
full time ma nel frattempo è stato costretto ad accettare un impiego part time.
Ciò significa che si tratta di persone che vorrebbero lavorare a tempo pieno,
ma che non ci riescono.
Ora, nel febbraio del 2009, questo tasso di disoccupazione era pari al
14,8%. Da allora Goldman Sachs che fa notare come, recentemente, il tasso
sia sceso di 0,2 punti percentuali al 9,8% nel mese di ottobre, dopo una
flessione di 0,3 punti percentuali a settembre. E come il valore attuale sia
inferiore di meno di 1 punto percentuale a quello che la banca definisce il tasso
strutturale.
Insomma, Goldman Sachs ritiene che le cose stiano andando bene…forse anche
troppo bene
Il continuo rapido miglioramento delle condizioni del
mercato del lavoro – meglio illustrato dal calo di 1,7 punti percentuali
dell’U6 nel corso degli ultimi dodici mesi, suggerisce che l’economia potrebbe
iniziare a surriscaldarsi entro la fine del 2016/ inizi 2017 a meno che la
crescita non rallenti il passo dal ritmo attuale.
La banca prevede anche una crescita graduale dell’inflazione. Eppure era
circa due mesi fa che il colosso aveva consigliato alla Fed di attendere fino
alla metà del 2016.
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