Secondo Gramsci, che le sinistre
neoliberali e gli ex comunisti apostati hanno gettato letteralmente nel
dimenticatoio, la politica è espressione della volontà di giungere a
nuovi equilibri di forze, nella società che realmente esiste, fondando
la propria azione su una forza progressiva. La politica, a un livello
più alto, dovrebbe essere razionalità e non esattamente “passione”.
Questo è quanto ho compreso, rammentando la lezione gramsciana che in
troppi hanno scordato, e ritengo che l’Italia, oggi, sia molto lontana,
anni e anni luce, dalla sostanza della vera politica.
Del resto, dietro le parole di Gramsci vi
è la concezione della società spaccata, come sede del conflitto
permanente, che ci viene da Karl Marx e i partiti politici dovrebbero
essere attori a pieno titolo di questo conflitto, inesauribile e reale.
Oggi i partiti politici italiani sono niente di più che comparse, nella
recita liberaldemocratica, e il piddì, in particolare, è semplicemente
una creatura sub-politica del grande capitale finanziario
internazionalizzato, destinata a governare il paese per conto terzi.
Se a detta del grande Platone i re
avrebbero dovuto essere filosofi (oggi che esistono le specializzazioni
diremo filosofi politici), il governo italiano attuale, così come quelli
che l’hanno preceduto dal novembre del 2011, è mosso soltanto dagli
interessi dei poteri esterni che lo manovrano, in netto contrasto con
quelli della popolazione.
Ecco che la politica, oggi, non è
espressione della volontà di giungere a nuovi equilibri di forze, nel
paese vero, ma semplicemente il riflesso dei desiderata di una classe
dominante esterna all’Italia, che controlla i governi locali attraverso
entità sovranazionali stabilendo, a proprio vantaggio, il programma
politico, le strategie, le alleanze, le scomposizioni e ricomposizioni
di forze esistenti.
Una realtà lontanissima, quella italiana,
dalla nobilitante concezione della politica che aveva il filosofo
Costanzo Preve, che ne individuava i presupposti fondanti nel comunismo
comunitario e nella sua etica. Oggi, però, sotto le decisioni politiche
che interessano tutte le comunità e le classi nella penisola, non vi è
alcun solido legame comunistico-comunitario, non vi è una vera etica, ma
soltanto la volontà mercatista e globalizzante di Bruxelles,
Francoforte e Washington.
La questione della politica italiana
ridotta sempre di più a simulacro di se stessa è, a ben vedere,
abbastanza semplice da comprendere. Il “partito” di governo, con
l’ambizione di diventare il partito (unico) della nazione, deve
sottostare ai poteri esterni nel definire, a monte, le linee di politica
strategica da applicare al paese e alla sua popolazione. Inoltre, non
ha il controllo della moneta, soggiace al ricatto del debito pubblico
(opportunamente stabilito, anche con la sua fattiva complicità) e non ha
autonomia nel campo della politica estera (sanzioni contro la Russia
mal digerite, scelte obbligate negli approvvigionamenti energetici,
sostegno alla linea statunitense in Siria, Iraq, Libia). Più che di un
partito, in senso gramsciano, trattasi di un’entità sub-politica
anti-nazionale al servizio di poteri esterni, colpevole di
collaborazionismo, intelligenza con il nemico, alto tradimento.
Gli altri partiti presenti in parlamento,
nonostante qualche protesta a scopo elettorale, accettano supinamente
le regole del gioco liberaldemocratico corroborate da “riforme”
costituzionali e della legge elettorale contrarie agli interessi del
paese, rivelandosi politicamente deboli anche se forti negli slogan
(come ad esempio la Lega), o addirittura nocivi perché trattengono la
protesta popolare (cinque stelle). Così facendo, i partiti
“d’opposizione” parlamentare nei fatti sostengono il governo
collaborazionista dei poteri esterni, affidato da questi al piddì, e
fungono da stampella al “sistema democratico”, che maschera con il
binomio volontà popolare – suffragio universale un ferreo dominio
elitista-finanziario.
Se questo è il quadro della situazione,
viene da chiedersi chi potrà “ricostruire la politica” in Italia, e in
quali condizioni lo farà, dopo che il paese è stato espropriato anche di
questa con i trattati europei, l’imposizione dell’euro, la persistenza
della Nato e delle sue basi. Ciò che sappiamo è chi non potrà farlo. Non
sarà il movimento cinque stelle, ridicola caricatura di una forza
proto-rivoluzionaria destinata, forse, a fare il finto “competitor” del
piddì in una futura farsa elettorale (con tanto di ballottaggio?). Non
sarà la Lega di Salvini che ha ricompattato in forma un po’ diversa e
con numeri più ridotti – manifestazione di Bologna, Liberiamoci e
ripartiamo – il vecchio centro-destra, sconfitto con facilità dagli
occupatori del paese (troika) fin dai tempi di Monti. Men che meno
saranno le improvvisate formazioni dell’ipocrita “sinistra radicale” a
operare questa ricostruzione necessaria, perché totalmente interne al
sistema capitalistico-finanziario-neoliberale e interessate
esclusivamente a occupare qualche scranno nel parlamento nazionale, a
Bruxelles-Strasburgo e nelle commissioni. Costoro sanno soltanto tirare
bidoni agli imbecillissimi italiani con identità, ormai patologica, “di
sinistra” (in sequenza: sinistra arcobaleno, rivoluzione civile, l’altra
Europa con Tsipras, possibile/podemos e da qualche giorno sinistra
italiana).
Fuori dai recinti liberaldemocratici non
c’è più nulla. Il vecchio extra-parlamentarismo, nei decenni lontani
vicino ai territori della lotta armata, si è estinto in un “riflusso nel
privato” di portata epocale, che pare irreversibile, segnato da
rilevanti mutazioni antropologico-culturali. I figli del ’68 e del ‘77
si sono rivelati, crescendo l’età, supporter della globalizzazione di
matrice neoliberista. Lo spazio extra-parlamentare è quasi scomparso.
Ciò che ne rimane è occupato da partitini falliti come rifondazione
comunista, che non riesce a rientrare alla camera e in senato (fin tanto
che ci sarà), oppure da “attivisti” di collettivi e centri sociali che
fungono, in molta parte, da cani da guardia sinistroidi, attaccando in
piazza i “razzisti” che non accettano valanghe di immigrati, i
“fascisti” reduci dalla ridicola destra italiana, e quanti vorrebbero
tornare, almeno a parole, alle frontiere dello stato nazionale
(vietatissimo! La libera circolazione è in primis a favore del
capitale!).
Se quella che vediamo oggi, in Italia,
non è la politica, ma la sua caricatura più grottesca, non dobbiamo
illuderci che sarà un partito presente in parlamento a ridare dignità a
quest’arte, oppure riporre un’ingenua speranza in ciò che ancora si
muove fuori dal parlamento liberaldemocratico.
Ma allora, ci si chiederà, stando così le
cose, chi riuscirà a ricostruire la politica in Italia, ridandole
dignità e scopi più alti del semplice servaggio nei confronti dei
potentati esterni (piddì) o del vivacchiare ottenendo seggi in
parlamento, consiglieri regionali e posti nelle commissioni (gli altri)?
In questo momento nessuno pare
all’altezza di un tale compito, il vuoto etico e la scarsa qualità umana
che riscontriamo in ogni dove, nella penisola, e in ogni gruppo
sociale, non lasciano ben sperare. Forse nel prossimo futuro le
crescenti difficoltà che la popolazione incontrerà, il procedere
dell’impoverimento di massa e della marginalità sociale genereranno
uomini in grado di affrontare i problemi e di risolverli positivamente.
Per ora, purtroppo, passività sociale, rassegnazione e disgusto per la
politica dilagano, i collaborazionisti sub-politici della troika
prosperano, e non c’è neppure uno straccio di voce (nicciana) a gridare
inascoltata nel deserto …
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