“… bisogna sempre opporsi alla potenza più forte, più aggressiva, che più domina…”
W. Churchill, The Second World War, vol I, p. 207
Nel
1941, H. R. Luce, l’editore di Life, pubblicava uno storico editoriale
il cui titolo era: “The American Century”, espressione poi divenuta un
concetto. Nel 1997, viene fondato a Washington un think tank che si
chiamava “Project for the New American Century” (PNAC), il quale, nel
2000, pubblica un rapporto Ricostruire le difese dell’America: strategie, forze, e risorse per un nuovo secolo. Del
gruppo facevano parte sia pezzi importanti dell’intellighenzia
geopolitica americana (R. Kagan, F. Fukuyama), sia praticamente tutto il
governo della presidenza Bush jr , da D. Cheney a D. Rumsfeld. L’idea
del “secolo di qualcuno”, poggia sul precedente britannico ed anche se
nessuno lo formalizzò come concetto, l’antesignano del secolo americano
fu l’Impero britannico. Dopo l’uno viene il due e dopo il due viene il
tre, ed ecco che alle avvisaglie di una possibile contrazione americana o
più che altro, di una espansione cinese, alcuni intravedono un “secolo
cinese”.
La
struttura dell’idea è che esiste un lungo tempo (il secolo) in cui il
mondo è considerato un sistema che deve avere un centro ordinatore.
L’idea, proietta in macro, quella che è la struttura del potere politico
ovvero la centralizzazione in capo ad un “sovrano”. Può essere un re o
imperatore o dittatore o un governo che agisce (dichiara di agire) in
nome e per conto del popolo, da cui l’espressione “il popolo sovrano”. A
parte gli anarchici, non c’è praticamente nessuna ideologia politica
conosciuta che pensi possibile un autogoverno acentrico dei sistemi
politici. Tutte, prevedono che qualcuno o qualcosa funga da centro della
decisione, poiché l’informe presuppone un governo, il governo
presuppone l’azione politica, l’azione politica presuppone una
intenzione e l’intenzione una capacità di decisione, esattamente come
avviene con la mente, per il singolo essere umano. Altresì, l’azione
politica si ritiene necessaria per governare l’ordine e gli interessi di
un aggregato geo-demografico ovvero uno stato, una nazione, ed è
proprio questa facoltà di governo ciò che fa di una aggregato, un
sistema.
La struttura principale che dà ordine ed
interessi alle comunità umane riunite in Stato-nazione o anche solo
Stato, però, non è solo la politica, c’è anche ed a volte soprattutto,
l’economia. Qui la quasi unanimità registrata a proposito dei sistemi
politici si rompe. Ad
un
estremo, ci sono le idee dirigiste ovvero una qualche forma di
subordinazione del sistema economico alla capacità ordinatrice della
politica, come fu nel caso del comunismo storico e per gran parte del
caso socialista. In mezzo ci sono idee relazionali per le quali il
politico ordina alcune parti del sistema economico (istituzionalismo) o
ne cura le condizioni di possibilità (non ha nome ma è in pratica quello
che fanno tutti i governi) o si mette al servizio dell’economia per
gestirne le disfunzioni sociali (ordo-liberismo tedesco) senza però
intervenire (o quasi) nel sistema propriamente economico. All’altro
estremo c’è infine la concezione simmetrico-inversa a quella
social-comunista. Qui si ritiene che il sistema economico si avvantaggi
laddove è lasciato libero di autoregolarsi, il sistema della
domanda-offerta basato su bisogni-prezzi, il famoso “mercato”, rende il
sistema economico fluido, veloce e funzionale molto meglio che se
qualcuno di umano ne gestisse le intenzioni, i flussi ed i parametri.
Questa concezione della filosofia economica è detta “liberale”. Anche se
non usava questa definizione, Adam Smith ne fu l’antesignano e più di
un secolo dopo,F. von Hayek ne fu il profeta, entrambi erano anche e
soprattutto (il primo più del secondo), “filosofi”. Anche Keynes aveva
tendenze filosofiche oltre a Marx. Lo sottolineo solo per ricordare che
il pensiero complesso e generale è pertinenza dei filosofi, non degli
economisti che stanno all’economia come i meccanici stanno
all’automobile (non sono -cioè- gli ingegneri).
Riassumendo
quindi, il sistema politico è sempre previsto avere un potere
ordinatore intenzionale, il sistema economico no. Vi sono molti casi di
idee secondo le quali, l’economico deve sottostare al potere politico o
deve dialogare a vari livelli ed intensità con questo o deve essere reso
del tutto immune da questo. C’è anche una posizione estrema nello
spettro “liberale”, la posizione di coloro (i libertariani) che
ritengono che il sistema economico debba ordinare, nel suo ordinarsi per
autorganizzazione, lo stesso sistema politico. Qui il “meno stato e più
mercato” tende a “nessuno stato, solo mercato”. Ancora più estrema è la
posizione libertaria assoluta ( o anarchica) per la quale sia il
sistema economico, sia il sistema politico debbono esser lasciati liberi
di auto organizzarsi.
Abbiamo visto il sistema politico
stato-nazionale ed il sistema economico ma cosa succede al livello più
alto di questa gerarchia di sistemi ovvero a quello planetario e non
stato-nazionale, il livello delle relazioni internazionali o
geopolitiche ed al pari livello delle relazioni geo-economiche?
L’ambiente politico a livello planetario è ritenuto essere una anarchia di default. A parte
qualche
fuga utopico-distopica di origine letteraria o visionaria, si parte
dalla prese realistica d’atto che il pianeta è frazionato in stati (poco
più di duecento, ad oggi), in potenziale competizione hobbesiana. La
visione distopica profeta lo stato-mondo, un unico governo di un unico
sistema integrato che riproduca in macro, il pattern tipico dello stato
nazionale locale. Ha anche la versione simmetrica contraria, il mondo
Mad Max, la barbarie pura. Menti semplici, usano spesso lo spettro della
seconda per promuovere la prima. La visione utopica, prevede una o più
confederazioni sul modello ipotizzato da Kant nel “Per la pace
perpetua” (1795). Una confederazione non è una federazione. La
federazione è un sistema di parti che si regolano per creare un sistema
unico che esternamente non differisce in nulla da un tipico stato, com’è
nel caso degli Stati Uniti d’America. La confederazione è
sostanzialmente un’alleanza che mantiene livelli importanti di
decisionalità politica in capo ai singoli stati locali, i quali
devolvono a dei trattati o ad una qualche struttura che li rappresenti,
parti di decisionalità. Gli europei, ad esempio, avrebbero potuto non
imbarcarsi nello scombinato progetto di rinunciare alla sovranità
monetaria che comporta perdite consistenti di sovranità economica che
comporta perdite consistenti di sovranità politica ed invece creare una
confederazione, una lega, di tipo militare. Quando si sentono storici o
politici dire che le idee dell’Unione o della moneta unica, nacquero
dalla volontà di inibire qualsiasi rigurgito bellico tra gli stati
europei e specificatamente quelli tra Francia e Germania, si dovrebbe
domandare a costoro in base a quale perversa logica si pensò che una
blanda unione politica o una stretta ed asimmetrica unione monetaria
fossero meglio dell’idea più semplice e lineare di rinunciare ognuno
alla propri sovranità militare e mettere tutte le forze in capo ad un
centro militare confederale.
Tra
l’altro, essendo una funzione politica, avrebbe abituato a convergere
verso strategie comuni, come secondo effetto, avrebbe creato la
possibilità di una emancipazione dalla NATO che è una unione tra
diseguali ed infine, avrebbe creato positivi effetti di retroazione sul
circuito ricerca-industria. Comunque, di minima valgono le
considerazioni che se non si ha un esercito è ben difficile fare una
guerra e se ogni confederato avesse devoluto la funzione, nessuno
avrebbe più potuto aggredire l’altro.
Se quindi non si opta per il
governo-mondo o la aggregazione confederale, rimangono le entità
stato-politiche in regime di anarchia. L’anarchia politica planetaria,
viene parzialmente ordinata da tre fatti. Il primo è una rete di
trattati ed istituzioni inter-nazionali, dall’UN+Consiglio di sicurezza
ad una rete di diverse migliaia di trattati che regolano taluni aspetti
delle relazioni globali e d’area. Il secondo è una rete di
interrelazioni economiche e finanziarie che ha visto varie fasi di
quella che chiamiamo “globalizzazione”. Oltre al WTO sono circa tremila i
trattati specifici dell’interrelazione economica. Di recente, la
potenza planetaria egemone, gli Stati Uniti d’America, sta promuovendo
un processo di frantumazione areale che dovrebbe sostituire il “tutti
con tutti” del WTO, con sub-trattati che prevedono gli USA al centro di
diverse configurazioni. Il modello è il NAFTA, il TPP è il primo tra
quelli che sono giunti alla firma dopo lunga trattativa, il TTIP ed il
TISA sono in discussione. Ve ne sono anche di asiatici, promossi dagli
USA (APEC) o dalla Cina (RCEP) o inter-asiatici (ASEAN, ASEAN+3 etc.) ed
altri ancora, tra cui l’Unione europea ed altre forme in Sudamerica.
Ognuna di queste reti giuridico-commerciali è accompagnata da
istituzioni di vario tipo, ad esempio l’IMF e WB a livello planetario,
sfidati
dalla prossima banca dei BRICS o dalla nuova banca d’investimenti e
partenariato Cina + altri (AIIB). Questo secondo strato di trattati ha
anche versioni militari come la NATO o versioni miste come lo SCO. Ma se
lo strato di trattati giuridici e giuridico-economici (e militari)
tenta di ordinare le interrelazioni tra entità altrimenti votate
all’anarchia sistemica, ciò che più dà ordine a questo mondo complesso è
la presenza o meno di potenze o di un potente più potente di tutti: l’egemone.
Da qui, la dizione “secolo xyz” ovvero quel periodo in cui l’ambiente
anarchico planetario vede la presenza di un egemone che domina o
controlla che non dominino altri che non lui, prima britannici, poi
americani, poi … cinesi?
Si noti un fatto ovvio ma non sempre
chiaro nelle menti, anche quelle informate se non addirittura quelle
degli studiosi. L’egemone non è solo una potenza militare molto più
potente di tutte le altre. Molti infatti non usano il termine “egemone”
(di derivazione gramsciana, sebbene abbia valore sistemico generale) ma
“gendarme”. Non potendo esserci un “sovrano”, ci sia almeno un
“gendarme”, un poliziotto del mondo che decide chi può fare guerra a chi
e chi no, quando e dove.
Ma
questa forma di potere poliziesco-militare è in capo a soggetti che
hanno anche potere economico, finanziario, politico e culturale, poiché
in natura, il potere è uno, viene diviso solo perché la nostra forma di
conoscenza moderno-occidentale è divisa in discipline ma questa è una
peculiarità epistemica, non la forma delle cose che sono lì fuori nel
mondo. Negli ospedali la medicina è divisa in reparti ma prima di finire
in corsia, o si va dal medico generico o si va la pronto soccorso che è
altrettanto generico perché il portatore del male va prima
diagnosticato nel suo intero.
Così, il portatore del potere che più
merita questa definizione, ha varie versioni di questo potere per
candidarsi non solo a fare il gendarme ma l’egemone. Gli americani ad
esempio, non solo hanno una forza militare da gendarme del mondo
(spendono ogni anno quanto la somma dei successivi diciannove stati),
diretta (NATO) ed indiretta, hanno anche tutti i presidenti della WB da
quando è stata fondata e l’egemonia di fatto all’IMF oltreché
l’intenzione di superare il quasi “democratico” WTO con trattati di cui
saranno il centro cosmico (NAFTA, TPP, TTIP, TISA etc.), nonché il ruolo
principe all’UN e al Consiglio di sicurezza che è l’unica struttura in
cui ogni tanto prendono qualche schiaffo. Poi hanno “l’esorbitante
privilegio” del dollaro, moneta nazionale ma anche benchmark e riserva
di valore planetaria, nonché Wall Street e parecchio altro. Hanno
inoltre una pervasiva presenza di egemonia culturale, tanto nella
cultura “alta” (soprattutto tecno-scientifica, economica e politica,
tanto per i sistemi nazionali che per quelli internazionali),
quanto
in quella “bassa”, dal consumo, all’intrattenimento, alla lingua
inglese, al marketing di consumo. Inoltre, c’è una tendenza, promossa
proprio dagli americani, a frantumare i poteri quanto più è possibile:
organizzazioni non governative o multinazionali o reti informative o
gruppi di pressione o think tank o altro che è in pieno sviluppo, anche a
seguito della diffusione delle nuove tecnologie informatiche ed
informative. Insomma, il mondo è complesso e se vuoi avere una qualche
presa su gli eventi, presa finalizzata alle tue condizioni di
possibilità economiche ma non solo limitate a queste, e relative a
queste anche quando si presentano in altre eterogenee forme, devi essere
un egemone, non un gendarme. Il gendarme è solo un di cui dell’egemone
come lo è il leader morale o intellettuale o il Pil più grosso o il
concetto di “nazione indispensabile”. Naturalmente, l’egemone svolge il
compito di domare l’anarchia secondo i suoi peculiari interessi e così
non potrebbe diversamente essere laddove l’arbitro è anche giocatore.
Com’è
allora (domanda retorica) che i fautori del liberismo economico non
teorizzano il pieno liberismo politico nell’ambito delle relazioni
internazionali ed anzi, che siano realisti difensivi od offensivi, o
idealisti o costruttivisti (quasi sempre americani), prevedono tutti
forme assai intenzionate e coattive di intervento per domare l’anarchia?
Com’è che il mercato è virtuoso quando è anarchico e il mondo delle relazioni inter-statali è virtuoso quando è monarchico?
C’è forse una relazione sottile che tiene le cose vere assieme quando
invece la narrazione ad uso e consumo di quegli ingenui che sono gli
incatenati delle caverna platonica, invoca gli imperativi del
“lasciateci fare”, “vogliamo esser liberi”, “nessuna coercizione”? Forse
che il gioco è lasciateci liberi di farvi da monarca? E’ questo il sottostante dell’impero liberale stelle e strisce?
= 0 =
Esatto! Il gioco è proprio quello.
Affinché si possa dare un sistema economico-finanziario libero di esser
dominato dai più forti, il più forte deve regolare il più possibile
tutti i parametri delle condizioni di possibilità degli ordini generali.
Regolazione che ovviamente crea e favorisce quei specifici “più forti”
ai quali è poi garantito il diritto di agire il più liberamente
possibile. E’ così che diventano i più forti economici e finanziari,
creando poi il sistema più forte, che diventa l’egemone sul pianeta. Di
fatto, il facente funzione di “sovrano”: gli Stati Uniti d’America.
Per iniziare bene una nuova epoca di
effettiva liberalità geopolitica si dovrebbero allora unire tutti gli
anti-monarchici, tutti coloro che desiderano ardentemente la libertà di
fare affari con chi vogliono, come vogliono, quando vogliono, di
istruire una vera liberalità culturale, politica, militare, economica,
monetaria e finanziaria, basata sul pluralismo, la molteplicità
dialogante e il bilanciamento dei poteri, la distruzione sistematica dei
monopoli di potere, l’unione sistematica di tutti gli altri quando uno
sembra prendere il sopravvento. L’unione di tutti gli altri quando uno
tende ad allargarsi troppo, è l’equivalente della “mano invisibile” nei
mercati, è il principio puro di autoregolazione dei molteplici sistemi
politici planetari in un unico sistema multipolare o apolare o
complesso. Questo è il significato del motto di Churchill riportato in
esergo, l’equilibrio di potenza garantito da tutti, nell’interesse di ognuno.
Un mondo veramente liberalizzato in cui vengono garantite piene
condizioni di possibilità a tutti e dove le regole non sono in mano al
giocatore più forte. Insomma è l’ora di portare il re alla ghigliottina
come c’insegnarono gli inglesi nel 1649.
Se non ci batteremo per la libertà nel
gioco più grande, rimarremo schiavi e servi in tutti i giochi minori. Se
non ci battiamo per la libertà, non arriveranno mai uguaglianza e
fraternità. In cosa possiamo sperare? Per cosa dovremmo batterci? Per
un secolo di potere planetario diffuso ed auto-organizzato, il secolo di
tutti e di nessuno.
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