Grecia, un gioco complesso
Jacques Sapir
Jacques Sapir
analizza la strategia della partita che si sta giocando tra la Grecia e
l’Euroestablishment alla luce della teoria dei giochi, di cui il
Ministro Varoufakis è un esperto: si starebbe giocando al “gioco del
pollo”, in cui vince chi tiene duro e non molla, ma se nessuno dei due
molla alla fine si sfascia tutto (e considerando che in questa seconda
ipotesi a sfasciarsi sarebbe la gabbia dell’euro, non ci sembra
l’ipotesi più peregrina)

Syriza
ha vinto le elezioni greche del 25 gennaio. E’ passato un po’ di tempo,
e possiamo quindi cominciare a farci un’idea degli eventi. Dopo una
settimana di stupore per un governo che applica il suo programma (e che
mantiene le sue promesse), dopo aver preso atto dei primi atti politici
della squadra di Alexis Tsipras (e del suo nuovo ministero delle
Finanze), dopo aver relegato la “Troika”, ossia l’alleanza di FMI, Banca
centrale europea e Commissione europea, nell’angolo degli strumenti
obsoleti [1], conviene ora interrogarsi sulla strategia di Syriza.
La strategia di Syriza
Quest’ultima si riassume in un punto.
Tsipras vuole ritrovare dei margini di manovra di bilancio. Per questo
ha bisogno di poter “recuperare” dai 6 agli 8 miliardi di euro,
attualmente assegnati al pagamento degli interessi sul debito greco. Ha
bisogno di questi soldi per mettere in atto delle misure che possano
evitare che il popolo greco soccomba. Si tratta di una tragica realtà,
ma abbastanza ovvia. Questa riduzione della spesa per interessi è
necessaria e consentirà al governo di istituire un programma di uscita
dall’austerità. Questo è il motivo per cui Syriza ha fatto della
cancellazione parziale del debito, o almeno di una moratoria dei
pagamenti dai 20 ai 30 anni, una delle sue priorità.
Sappiamo che, su questo punto, ha il
sostegno sia degli economisti – e non tra gli ultimi – sia del governo
americano. Sappiamo anche che le riserve della Grecia sono insufficienti
per consentire al paese di effettuare i pagamenti previsti ai primi di
luglio. In totale, la Grecia dovrebbe pagare 23 miliardi di €. Dato che
Tsipras ha respinto l’ultima rata del piano di aiuti della “troika”, ciò
significa che un accordo dovrà necessariamente essere trovato prima di
questa estate.
Ma egli dovrà affrontare un fronte molto
duro di paesi guidati dalla Germania. Sappiamo che questi ultimi, in
base a quanto dichiarato dalla Cancelliera Angela Merkel, si oppongono
fermamente a qualsiasi cancellazione del debito. Tuttavia, questo lascia
aperta la porta alla soluzione della moratoria. È chiaro quindi che la
discussione si focalizzerà sulla natura e sulla durata di quest’ultima.
In realtà, Alexis Tsipras vorrebbe collegare il problema del suo paese a
quello di una revisione generale delle politiche di austerità. In tal
modo si scontra frontalmente con la politica tedesca che sostiene che,
al di fuori dell’austerità, non c’è salvezza. Ciò significa che lo
scontro con la Germania, e con i suoi alleati, è inevitabile. Qualunque
siano i giri di parole, è chiaro che in questo scontro ci sarà un
vincitore e un perdente. La posta in gioco è alta per Alexis Tsipras, ma
anche per Angela Merkel. Se la Merkel dovesse subire una sconfitta, e
piegarsi alla volontà di altri paesi, non è solo la sua personale
posizione politica in Germania che ne verrebbe molto indebolita, ma ne
sarebbe notevolmente influenzata anche la credibilità della sua
posizione. Se cedesse su questo punto cruciale, quali argomenti potrebbe
far valere la Germania per evitare che la zona euro a poco a poco si
trasformi in una unione di trasferimento? Ma se fosse Alexis Tsipras a
cedere decisamente, distruggerebbe il suo futuro politico, e quello di
Syriza; lascerebbe il campo alla destra più estrema.
Negoziazione e teoria dei giochi.
Attualmente stiamo assistendo a una partita
di bluff e contro-bluff. Il duo Tsypras-Varoufakis (ministro delle
Finanze) giocano a meraviglia la parte di “poliziotto buono / poliziotto
cattivo”. Allo stesso modo, Angela Merkel gioca a meraviglia la carta
del rigore burbero. Chiaramente ci sono un sacco di maneggi in tutto
questo. E si dovrebbe sapere che la Teoria dei Giochi è proprio uno dei
punti di forza del ministro delle Finanze[2]. Varoufakis pensa che
possiamo rappresentare gli attuali negoziati con una versione del
“dilemma del prigioniero”. Ma questo gioco può trasformarsi in una
configurazione ben nota nella teoria dei giochi, chiamata “gioco del
pollo” (in inglese il pollo ha la fama del pavido, come da noi il coniglio, ndt) [3]. Questo schema teorizza una scena familiare agli amanti del cinema ( (La Fureur de Vivre);
due automobilisti competono lanciandosi in corsa l’uno contro l’altro.
Il primo che ha paura della collisione e sterza, ha perso. Diventa il
“pollo“. Se nessuno cede, i due veicoli si scontrano, e ci sono due
morti … Questo gioco, se non è ripetuto (e non c’è apprendimento), e se
non sopraggiunge un evento inatteso, ammette solo la vittoria totale di
uno sull’altro. In questo, è molto diverso dal dilemma del prigioniero,
che mostra l’interesse ad una cooperazione implicita. [4]
Possiamo vedere come, dati i rischi che si
corrono in caso di “debolezza” in questo confronto, sia Tsipras che
Merkel potrebbero entrare in rotta di collisione, e andare fino in
fondo. Pertanto c’è un forte rischio che il negoziato non porti alla
ricerca di un compromesso, ma che ognuno venga rinforzato nella sua
determinazione a non deviare.
Che cosa significherebbe una collisione
frontale, nel contesto della Grecia? Se abbiamo un rifiuto della
Germania di ammettere che l’austerità non funziona, rifiuto motivato sia
da una questione ideologica che da una certa visione degli interessi
della Germania, che è anche un rifiuto di cedere alla Grecia in quanto
Grecia (ricordate le parole offensive sui “raccoglitori di olive”), e
che dalla parte di Atene c’è un rifiuto a cedere perché questo
significherebbe la fine dell’esperienza di Syriza, l’idea di una
collisione frontale acquista significato. In questo caso, non si
troveranno soluzioni da qui a luglio e la Grecia dovrebbe fare default
sul suo debito. La reazione della BCE sarà quella di tagliare i
finanziamenti alle banche greche, che si tradurrà nella decisione del
governo greco di mobilitare la Banca centrale greca perché non venga
tagliato il credito alle banche e, di conseguenza, la Grecia uscirà
dall’Euro.
Il discredito o la rottura
In questo gioco strategico, è chiaro che la
Grecia ha deliberatamente scelto una strategia definita da Thomas
Schelling, uno dei fondatori della teoria dei giochi, ma anche dalla
teoria della deterrenza nucleare, della “coercive deficiency” [5] . In realtà, il termine “coercive deficiency”
è stato inventato da L. Wilmerding nel 1943 per descrivere una
situazione in cui degli agenti si impegnano in spese prive di preventivo
finanziamento, sapendo che moralmente il governo non potrà
rifiutare di finanziarle [6]. Il contributo di Schelling è stato di aver
dimostrato che potremmo generalizzare questa situazione e che una
posizione di debolezza potrebbe risultare essere uno strumento di
coercizione sugli altri. È anche mostrato come potrebbe essere
razionale, per un attore che sa a priori di essere in una posizione
debole, aumentare la sua debolezza per poterla meglio utilizzare in un
negoziato. All’opposto di Jack London, qui si può parlare di una “forza
dei deboli” [7]. E’ in questo contesto che si può comprendere la
rinuncia da parte del governo greco all’ultima tranche di aiuti promessi
dalla “troika”, pari a 7 miliardi di euro. Naturalmente, respingendo la
legittimità della cosiddetta “Troika”, non si poteva logicamente
accettare di beneficiarne. Ma, in un senso più sottile, questo gesto
pone la Grecia volontariamente
sull’orlo di un precipizio e indica allo stesso tempo la sua
determinazione ad andare sino in fondo (come Cortez ha bruciato le sue
navi prima di conquistare il Messico) e aumenta la pressione sulla
Germania. Siamo qui in piena “coercive deficiency“.
Gli Stati Uniti si sono resi conto della
gravità. Sappiamo che Barack Obama ha convocato Angela Merkel a
Washington il 9 febbraio [8]. All’ordine del giorno di questo incontro,
ci sarà naturalmente il problema greco. Si noti che questo dimostra il
continuo coinvolgimento degli Stati Uniti negli affari europei. Tutti
quelli che urlano che l’Euro doveva darci l’indipendenza dal dollaro
farebbero bene a meditare sul significato di questo incontro. La
politica “europea” è in gran parte decisa a Washington. E’ anche
abbastanza logico, perché l’euro è l’ultima linea di difesa del dollaro.
Se l’euro scompare il dollaro rimane scoperto davanti alla speculazione
internazionale.
È quindi possibile che la Merkel sia
costretta a cedere. Ma, se lo fa, inizia un processo in cui perde
totalmente il controllo della situazione, sia in Europa che in Germania.
In Europa, il fatto di cedere alla Grecia stimolerà immediatamente
nuove richieste. La credibilità della posizione tedesca sarà distrutta, e
la Germania sarà costretta a ulteriori concessioni che inevitabilmente
aumenteranno il costo del suo contributo all’Europa. Questo segnerà
l’ingresso nella famosa “Unione di Trasferimento”, che è l’incubo di una
gran parte dei dirigenti tedeschi. Ma, anche all’interno, Angela Merkel
perderà il beneficio della sua posizione “dura” e sarà soggetta a
molteplici pressioni sia da parte del suo elettorato che dai suoi
alleati politici, e senza parlare del partito anti-Euro AFD, sempre in
agguato.Alla Merkel quindi non rimane che la scelta tra il discredito,
all’interno e all’estero, o la rottura.
L’inizio della fine?
Questo contesto è, naturalmente, ampiamente
seguito negli altri paesi. Le autorità francesi sognano di essere i
grandi mediatori di questo conflitto annunciato. Ma non siamo a un
congresso del PS. Non ci può essere una “sintesi” tra interessi
chiaramente opposti. La posizione della Francia è ostaggio di un credo
religioso nell’euro che unisce una parte della nostra classe politica.
E’ chiaro che nel disperato tentativo di trovare una “sintesi”, Francois
Hollande finirà di screditarsi. E’ d’altronde simbolico che la Germania
discuta con gli Stati Uniti e non con la Francia. Quest’ultima non
conta. E questa è una delle lezioni della crisi e dell’arrivo di Syriza
al potere ad Atene. Dimostrando la possibilità di un’altra politica,
questo arrivo distrugge tutto ciò che restava del discorso del PS.
Siamo probabilmente all’inizio della fine,
sia in Europa che in Francia. E questa prospettiva terrorizza e
affascina gli attori politici.
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[2]Leggere Y. Varoufakis, .Rational Conflict, Oxford, Blackwell, 1991 o dello stesso autore (con Hargreaves-Heap S.), Game Theory: A critical test, Londra e New York, Routledge, 2004
[3] Sugden, R., The Economics of Rights, cooperation and welfare , 2 ° edizione, Palgrave Macmillan, London-New York 2005
[4] Skyrms, B., Evolution of the Social Contract, New York, Cambridge University Press, 1996.
[5] T. Schelling, The Strategy of conflict, Harvard University Press, Cambridge (Mass.), 1960.
[6] Kiewiet, D. Roderick McCubbins e Mathew D., The logic of delegation: congressional parties and the appropriations process, Chicago (Ill.), University of Chicago Press. 1991, pag. 213-249.
[7] T. Schelling, The Strategy of conflict, op.cit. p. 37.