la polemica non è un male, è solo una forma di confronto crudo sincero, diciamo tutto quello che pensiamo fuori dai denti, e vediamo se riusciamo a far venir fuori le capacità di cui siamo portatori e spenderle per il Bene Comune.
Produrre, organizzare, trovare soluzioni,
impegnarci a far rete, razionalizzare e mettere in comune, attingere alle nostre risorse. CUI PRODEST?
Pensa cchiu' a chi o' dicè ca' a chello ca' dice
L'albero della storia è sempre verde
L'albero della storia è sempre verde
"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"
giovedì 21 gennaio 2016
Banca Etruria, più passa il tempo e più la melma avvolge l'operato del Boschi
Bufera su papà Boschi: ora evasione fiscale per un castello e una tenuta comprati in nero
La vicenda risale al 2007. In casa dell'acquirente fotocopie di banconote per 250 mila euro. "Li ha voluti in nero". A Pierluigi, con un socio citato in indagini antimafia ma uscito pulito, multe per illecito fiscale: paga subito
Arezzo, 21 gennaio 2016 - E' sempre nel mirino.Papà Boschi è al centro di una vicenda opaca che si apre nel 2007, si chiude a novembre 2013 e riesplode oggi dopo il default di Banca Etruria. Pierluigi Boschi, ex vice presidente di Bpel, è stato indagato e successivamente prosciolto in seguito alla compravendita di una grande tenuta agricola, la Fattoria di Dorna, a Badia al Pino.
Anno 2007. Alla procura di Arezzo arriva un esposto nel quale si denuncia l’acquisto sotto costo della tenuta e il successivo frazionamento per ricavare il massimo dai lotti venduti. La fattoria, una villa padronale, diversi annessi e 150 ettari di terreni, è dell’Università di Firenze che la mette all’asta per oltre 9 milioni e poi la cede a trattativa privata.
Se la aggiudica la società cooperativa agricola Valdarno Superiore, di cui Boschi è presidente del consiglio di amministrazione. Subito dopo la coop cede la tenuta a un’altra società, appena costituita, denominata Fattoria di Dorna. Boschi detiene il 90% delle quote, l’altro 10% è di Francesco Saporito. Il nome di Saporito compare in un’ordinanza del Gip di Catanzaro: titolare di un oleificio a Petilia Policastro, nell’atto viene indicato da un pentito di ’ndrangheta come prestanome per un gruppo criminale calabrese.
Accuse che non hanno condotto a contestazioni nè condanne. Nella vicenda della tenuta, Saporito ha poi aumentato la sua partecipazione fino a diventarne, assieme alla moglie, l’unico titolare. Nell'esposto, è già il 2010, si sottolineano irregolarità nelle modalità di vendita dei lotti e l’allora procuratore capo Scipio apre un fascicolo, co-assegnato a Roberto Rossi, suo successore, ma all’epoca semplice sostituto. La Guardia di Finanza, su mandato di Rossi, perquisisce sia casa Boschi sia quelle degli acquirenti dei lotti: nella residenza romana di uno dei proprietari – tale Apollonio – spuntano le fotocopie di banconote da 500 euro per un totale di 250mila.
Apollonio racconta che Boschi ha preteso da lui 250mila euro al nero per acquistare la proprietà (pagata in tutto 460mila euro) e il padre di Maria Elena viene interrogato tre volte: la prima dalle Fiamme Gialle, poi da Rossi e infine da Scipio. L’ipotesi di accusa è estorsione (era già caduta la turbativa d’asta), ma non emergono profili penali: Apollonio avrebbe potuto ritirarsi, non è stato obbligato a comprare con la pistola alla tempia e quindi niente estorsione. Ma il Pm Rossi non si arrende e prosegue le indagini con l’accusa di evasione fiscale per il pagamento in nero.
Subentra l’Agenzia delle Entrate a cui il verbale è stato trasmesso: essendo due i soci, la sanzione va calcolata non solo per Boschi, ma anche per Saporito. E così facendo, si va sotto la soglia della punibilità penale; cade quindi anche la seconda accusa. Resta solo l’illecito fiscale che Boschi corre a coprire: paga la multa all’Agenzia delle Entrate e ne paga anche una seconda a Bankitalia. Il versamento in nero viola la normativa antiriciclaggio sul massimo di contante utilizzabile, che certo non arriva ai 250mila euro riscossi.
Nel corso dell’indagine arriva dal pm della Dda di Firenze, Ettore Squillace Greco, la richiesta alla Guardia di Finanza del fascicolo relativo a Francesco Saporito. Squillace sta indagando, con i carabinieri di Siena, su un gruppo criminale che agisce nel senese. Il fascicolo, però, viene rispedito indietro e Saporito esce da quell’indagine.
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