Washington
continua ad avere come obiettivo la divisione del territorio del paese,
frenando i raid russi con la giustificazione delle difficoltà a
distinguere le opposizioni considerate legittime dai gruppi jihadisti

Aiuti dell’Onu per Madaya (Foto: International Committee of the Red Cross)
di Stefano Mauro – Contropiano
Roma, 1 luglio 2016, Nena News – “Quest’anno l’estate sarà
particolarmente ‘rovente’ in tutto il territorio siriano”. Con questo
titolo è uscito un editoriale del quotidiano libanese Al Akhbar
legato ai numerosi fronti di combattimento in tutto il territorio
siriano. Sicuramente lo scontro principale è nella parte settentrionale
del paese vicino alle città di Aleppo, principale centro logistico del Fronte Al Nusra (Al Qaida), ed a quella di Raqqa, capitale dell’autoproclamato Stato Islamico.
Altrettanto cruciali per importanza strategica sono però gli altri
due fronti di combattimento: nella parte centro orientale del paese in
prossimità della città di Deir Ezzor, ultima roccaforte
di Daesh (ISIS) e fondamentale crocevia per i collegamenti con il
territorio iracheno, e quello nel suo meridione nei pressi della città
di Deraa.
Dopo l’intervento russo nel settembre 2015 le sorti della
guerra sembravano notevolmente tendere in favore delle forze lealiste.
Bisogna anche dire che la scelta di Putin di sospendere le operazioni
militari russe in Siria, dal febbraio 2016, per favorire una tregua,
aveva lasciato perplessi i suoi principali alleati nel paese: Iran ed
Hezbollah per primi. Il governo russo aveva, però, da subito
chiarito quale era il suo principale obiettivo: ristabilire un
equilibrio sul campo per favorire il regime di Al Assad negli accordi di
pace e mantenere le proprie basi, strategiche per la zona del
mediterraneo, visto il continuo accerchiamento dell’alleanza NATO verso
oriente. Lo stesso si può dire per quanto riguarda la volontà di non
opporsi militarmente agli USA, ad Israele ed alla stessa Turchia,
nonostante l’incidente del velivolo russo abbattuto dalle forze turche.
Dalla sua entrata in vigore, però, le cose non sono andate come il governo russo aveva previsto. Dopo
appena un mese l’amministrazione statunitense non ha rispettato gli
accordi legati ad una separazione nel supportare i gruppi “moderati”
ribelli, (principalmente quelli legati all’Esercito Siriano Libero –
ESL) da tutte quelle milizie legate ad Al Qaida. In aprile le
forze sostenute dagli americani, i jihadisti come Ahram al Sham e Al
Nusra (Al Qaida) si sono alleate per sferrare un nuovo attacco per
conquistare tutta la regione di Aleppo.
Nonostante due risoluzioni delle Nazioni Unite per “combattere Al
Qaida in Siria come lo Stato Islamico”, il governo statunitense ha
sempre richiesto ai russi di non bombardare il fronte Al Nusra. La
motivazione era legata al fatto che “non è possibile separare gli
alleati moderati dai jihadisti” e che un attacco avrebbe inevitabilmente
colpito gli “amici” del governo americano, come denunciato più volte
dal governo russo. In una sua intervista, durante il recente
Forum Economico di San Pietroburgo, il ministro degli esteri russo, M.
Lavrov, ha ufficialmente dichiarato che “gli americani dicono che hanno
bisogno di alcuni mesi perché non riescono a separare i loro alleati
“moderati” dai gruppi jihadisti, anche se penso che sia una tattica per
mantenere ancora un legame con Al Nusra e usarlo poi in seguito per
rovesciare il regime di Assad”.
La stessa stampa occidentale, come il giornalista tedesco Jurgen
Todenhofer primo inviato occidentale ad essere accolto a Raqqa
dall’ISIS, ha più volte evidenziato come gli USA giochino su
“più tavoli” ed appoggino “diversi gruppi, anche jihadisti, pur di
rovesciare il regime siriano”, senza tener conto che una
numerosa parte delle milizie armate dalla CIA ha poi raggiunto i diversi
gruppi islamici come Al Nusra o Daesh.
Con gli accordi di pace inter-siriani sempre più impantanati ed il
mancato impegno Usa nel combattere la galassia jihadista presente in
territorio siriano, il governo russo ha preso sempre più coscienza della
volontà statunitense di non rispettare la tregua. Le stesse rilevazioni
aeree russe hanno documentato l’ingresso indisturbato di centinaia di
miliziani di Al Qaida, attraverso il confine turco, diretti verso
Aleppo. Lo stesso sostegno Usa nei confronti dei combattenti
curdi dell’YPG o la creazione delle Forze Democratiche Siriane (insieme
ad arabi e turcomanni) ha lo scopo di indebolire non solamente lo Stato
Islamico, ma anche le forze lealiste: siriani, iraniani ed Hezbollah.
L’obiettivo di conquistare parte del territorio siriano, Raqqa
compresa, e di costituire una zona indipendente curda, sotto tutela
statunitense e francese, ha proprio la “finalità di smembrare lo stato
siriano e di indebolire il regime di Assad” come ammesso dalle fonti CIA
sul New York Times.
Anche da questo punto di vista le cose però non sono andate come gli americani avevano programmato. La
Turchia, pur di contrastare le milizie curde, ha tentato di chiudere
parte dei rifornimenti di armi ai gruppi ribelli ed ha tentato un
riavvicinamento con il governo russo. Le stesse forze curde e arabe
hanno da subito avuto diversi motivi di frizione ed hanno evidenziato
una certa incompatibilità principalmente per due motivi. Il
primo è legato alla diffidenza degli arabi e dei turcomanni, sostenuti
dal governo turco, nei confronti delle aspirazioni curde visto che
coinvolgerebbero anche una parte di territorio non propriamente
appartenente al Kurdistan siriano. C’è, inoltre, una differenza
sostanziale tra i due fronti: i gruppi arabi delle FDS vogliono la
caduta del regime, mentre quelle curde intendono consolidare la loro
zona di controllo nel nord del paese per poi ottenere una maggiore
autonomia anche, eventualmente, con Bashar Al Assad. Il secondo, invece,
è legato ai rapporti di curdi e arabi con Damasco e la Russia. In
diverse occasioni, infatti, i gruppi ribelli arabi hanno accusato le
forze curde dell’YPG di aver combattuto insieme alle truppe lealiste e
russe nella regione di Aleppo.
Come nel settembre del 2015 e nel febbraio 2016, il governo russo ha
nuovamente sorpreso sia i suoi alleati sia il governo Usa. Lo stesso
Lavrov ha dichiarato che “la pazienza russa è finita… la strada per una
tregua ed una pacificazione del conflitto attraverso la diplomazia è
ormai difficile vista la continua azione di disturbo del governo
americano che mira con qualsiasi mezzo a far cadere il regime siriano”.
Il cambio di strategia e l’approvazione di un nuovo
intervento è stato sancito il 9 giugno a Teheran nella riunione a tre
con la partecipazione dei ministri della difesa di Russia, Iran e Siria.
Subito dopo il summit il governo russo ha “annunciato la ripresa delle
azioni militari di terra ed aeree su tutto il territorio siriano e su
qualsiasi gruppo ribelle al regime”. Dopo poche ore, infatti,
l’aviazione russa ha sferrato numerosi attacchi su Aleppo, Raqqa, Deir
Ezzor e Deraa.
La scorsa settimana è stato confermato, invece, l’attacco nella zona
di confine con la Giordania (città di Tanf) che aveva come obiettivo un
campo di addestramento di milizie ribelli sostenute dagli USA. Il
portavoce del Cremlino, Dimitri Peskov, ha dichiarato ironicamente che
“è difficile distinguere tra i diversi gruppi ribelli quelli moderati
dagli altri”. Il messaggio, sintetizzato dall’agenzia stampa russa Sputnik,
è stato: “Dovete finire con gli inganni e dividere subito le milizie
che appoggiate da quelle jihadiste, perché altrimenti tutti i vostri
effettivi ed i vostri alleati diventeranno un obiettivo per i caccia
russi”.
Da quanto riportato dal giornale Al Akhbar, l’obiettivo
statunitense era utilizzare le milizie del campo di Tanf per
conquistare parte del territorio meridionale, fino a Deir Ezzor, e
insediare una zona di influenza arabo-sunnita ribelle per indebolire
ulteriormente il regime.
Appare, infine, nuovamente rinvigorita l’alleanza tra lealisti
siriani, iraniani, Hezbollah e russi. Le truppe della coalizione
sembrano, infatti, aver resistito ai nuovi attacchi sia ad Aleppo che a
Deraa portati avanti dal fronte Al Nusra e dai suoi numerosi alleati. Lo
stesso si può dire per la battaglia di Raqqa, dove sia le forze
lealiste che quelle curdo-arabe hanno rallentato la loro avanzata verso
la capitale dello Stato Islamico. Anche in questo caso l’obiettivo di
dividere il territorio siriano è stato in parte ostacolato con
l’avanzata lealista da ovest e la conquista di territori strategici per
il controllo dell’area. Le sorti della guerra sono ancora incerte e di
difficile previsione. L’unica certezza è che sarà un’estate “rovente” in
Siria, come purtroppo avviene da più di cinque anni a questa parte.
Nena News
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