Durante la conversazione con Geoffrey Pyatt, suo ambasciatore a Kiev, la signora Nuland indicò anche da chi sarebbe dovuto essere composto il nuovo governo ucraino e chi della “marmaglia” (rabble – parola da lei usata) che occupava le piazze ne avrebbe dovuto far parte. Quanto all’atteggiamento dei Paesi europei, lo giudicò come delle “interferenze incompetenti” e da lì i suoi termini ingiuriosi. Probabilmente, dal suo punto di vista aveva qualche motivo per affermarlo perché Germania, Polonia e Francia, anziché puntare decisamente all’allontanamento di Janukovic, stavano cercando una soluzione di compromesso che prevedesse un passaggio elettorale, allontanando così nel tempo la “soluzione” per cui gli americani avevano lavorato.
In effetti, anche quei Paesi europei, con la Gran Bretagna in aggiunta, puntavano al drastico cambio di governo ma immaginavano un processo più lento e più rispettoso delle apparenze.
Occorre ricordare che la Germania ha un sistema di finanziamento per i propri partiti che passa attraverso le Fondazioni e tutti i partiti tedeschi ne hanno almeno una di riferimento. I socialdemocratici contano sulla Friedrich Ebert Stiftung, e i cristiano-democratici sulla Konrad Adenauer. Proprio quest’ultima fu la più attiva in Ucraina sin dal 2011, anno in cui fu formalizzato un accordo (anche di finanziamento) con il partito di opposizione Alleanza Democratica Ucraina per la Riforma (UDAR), guidato dall’ex pugile Vitali Klitschko. Costui fu immaginato dai tedeschi quale futuro leader del Paese, ma gli americani avevano altri progetti e ora è “soltanto” sindaco di Kiev per la seconda volta e presidente del blocco che fa riferimento a Poroshenko. L’intervento della Konrad Adenauer nelle vicende ucraine fu subito palesemente ostile al Governo in carica fino al punto da invitare Klitschko al congresso della CDU nel dicembre 2012 quale ospite privilegiato e fissargli numerose occasioni d’incontri e interviste. In quell’occasione vide anche il ministro degli Esteri tedesco in carica Guido Westerwelle e il consigliere per la politica estera della Merkel Christoph Heusgen. Questi incontri si ripeterono più volte fino al punto che Westerwelle arrivò a incontrarlo a Kiev anche quando erano già cominciati gli scontri di piazza. In quei giorni il ministro tedesco, così come fece anche la signora Nuland, infranse ogni procedura diplomatica e, prima ancora di incontrare gli esponenti del governo in carica, si recò sulla piazza Maidan per esprimere sostegno ai manifestanti.
I tedeschi non furono i soli a intromettersi volutamente e non richiesti nelle questioni interne dell’Ucraina. Anche il ministro degli esteri francese Laurent Fabius invitò ufficialmente l’ex pugile a Parigi ma, a causa dell’aggravarsi degli scontri di piazza, l’incontro non avvenne e fu sostituito da una telefonata. Da parte loro, i polacchi fecero molto di più e, in aggiunta ad estesi interventi di sostegno ai manifestanti e a dichiarazioni in cui il ministro degli Esteri polacco Sikorski comparava la figura di Klitschko al ruolo di Walesa in Polonia, sembra che addestrassero agenti provocatori che si mischiavano con la gente comune nelle piazze. Questa circostanza è stata denunciata da uno dei candidati alle ultime elezioni polacche per la presidenza, Janusz Korwin–Mikke: “Maidan era anche la nostra operazione. I cecchini furono addestrati in Polonia e il loro scopo era di provocare ulteriori disordini”. Si riferiva a quando qualcuno, mai identificato ufficialmente, sparò sui poliziotti e sulla folla uccidendo diverse persone e dando così il via al precipitare degli eventi.
Un giornalista americano presente a Kiev durante i moti di Maidan ebbe occasione di dirmi in seguito che, pur avendo assistito per motivi professionali a numerosi moti di piazza “spontanei”, mai ne aveva visti così ben organizzati e si domandava come e chi avesse pagato le numerose tende e il cibo che, ordinatamente e regolarmente, era distribuito ai manifestanti.

Che quelle manifestazioni non fossero per nulla spontanee è cosa oramai assodata e che dietro la caduta di Janukovic ci fosse un disegno americano programmato da qualche tempo è oggi altrettanto evidente. Resta da chiedersi perché anche l’Europa si sia prestata a un qualcosa che forse è già sfuggito di mano e corre il rischio di creare le premesse per un conflitto che trascenda i limiti geografici locali. Chiunque si occupi di politica sa che l’Ucraina non ha alcuna importanza strategica per l’Europa, mentre lo è per la Russia che la considera, nel migliore dei casi, la radice storica della propria esistenza come Stato e, nel peggiore, uno “Stato cuscinetto” indispensabile per la propria sicurezza.
Pur non avendo, la maggior parte degli europei, alcun sentimento di ostilità verso gli ucraini (tra l’altro, sono anch’essi mangiatori di polenta come gli italiani del nord), nessuno riesce a immaginare perché mai dovrebbero diventare membri dell’Unione. Si tratta di un Paese di quasi cinquanta milioni di abitanti a bassissimo reddito, con un’economia principalmente orientata verso il mercato russo e con prodotti locali che, in un mercato comune con i Paesi europei, ne rimarrebbero schiacciati. Considerati i gravi problemi economici e finanziari del sud dell’Europa, perché mai ci si dovrebbe accollare un debito pubblico enorme, un tessuto industriale avulso dai nostri standard e crearci problemi con la Russia che, al contrario, costituisce per noi uno sbocco molto promettente per le nostre merci e per il nostro know-how?
I polacchi e i baltici vogliono a tutti i costi “proteggersi” dalla vicinanza della Russia temendone potenziali mire aggressive e hanno ricattato, anche su incoraggiamento americano, il resto dell’Europa spingendo per quella “Partnership” il rifiuto della quale da parte innescò le prime proteste. Tuttavia è totalmente evidente a qualunque osservatore sincero e di buon senso che i russi non solo non hanno alcun interesse ma nemmeno potrebbero permettersi un atto aggressivo contro un qualunque Paese europeo.
Sull’Ucraina e su altro i tedeschi han sempre giocato su due tavoli. Da sempre puntano a esercitare una loro egemonia economica e politica sull’Europa orientale, trovandosi così in competizione con Mosca. Nello stesso tempo, anche per loro la Russia è un importantissimo partner economico e, di conseguenza, cercano di dare un colpo al cerchio e uno alla botte. La cancelliera Merkel, in tutti gli incontri internazionali non fa che ripetere l’assoluta necessità di mantenere le sanzioni in vigore mentre il suo vice Sigmar Gabriel e l’attuale ministro degli Esteri Frank Walter Steinmeier presenziano a ogni incontro si tenga in Russia per ribadire che la collaborazione tra i due Paesi è inevitabile e necessaria.
Stretti tra il gioco dei tedeschi e gli isterismi baltico – polacchi il resto dei Paesi europei, orfani di qualche grande statista, subisce il volere e gli interessi altrui e, intanto, i morti aumentano, le economie soffrono e i mercanti di armi si fregano le mani pensando agli affari futuri.
Il prossimo articolo prenderà in considerazione le conseguenze economiche in Europa della crisi in atto.
Quei dollari Usa per portare l’Ucraina nell’area Atlantica… (
prima parte)
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