Il piano MPS è tutto in forse, a partire dai numeri. Mentre la posizione dell'ad Marco Morelli si fa difficile, avanza l'ipotesi Saccomanni alla presidenza, già uomo di Enrico Letta al governo. Una scelta per il dopo referendum?
Giuseppe Timpone
12 Ottobre 2016, ore 11:39

Il piano di messa in sicurezza di MPS si fa sempre più ingarbugliato, “opaco” per utilizzare un termine dell’ex direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli. I numeri della complessa operazione finanziaria guidata dal fondo USA, JP Morgan, non quadrano e adesso c’è anche una questione non meno seria e dirompente, ossia la nomina del nuovo ad Marco Morelli, che stando allo scoop de Il Fatto Quotidiano, non godrebbe dei requisiti di “onorabilità e indipendenza”, richiesti ai manager bancari dal Testo Unico Bancario. L’uomo risulta, infatti, sanzionato per oltre 200.000 euro nel 2013, in relazione all’aumento riservato del 2009 da 950 milioni, che MPS aveva esercitato in favore, manco farlo apposta, di JP Morgan.
La nomina di Morelli dovrà essere ratificata dal cda il prossimo 14 ottobre, ma qui si apre il giallo: come faranno i consiglieri di amministrazione ad avallare una scelta del Tesoro, azionista al 4%, priva dei requisiti basilari? E come farà il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, lo stesso che comminò la sanzione tre anni fa, a chiudere gli occhi dinnanzi a questo “vulnus”, esponendo non solo Siena, ma sé stesso e Palazzo Koch alle reprimende nazionali e internazionali?
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