«Con holding Cassa centrale saremo il sesto polo italiano»
FIRENZE
Il decreto “Salva-risparmio” servirà a «frenare la sfiducia nel
sistema bancario italiano, ma il Paese ha perso cinque anni, rispetto
alla Spagna, per mette in sicurezza le criticità», mentre gli istituti
di credito locali efficienti e sani «avranno spazi di crescita
importanti». Lorenzo Bini Smaghi ha da poco indirizzato verso il futuro
polo trentino delle Bcc, che ruoterà intorno alla holding Cassa centrale
banca (Ccb), la prua di ChiantiBanca, l’istituto di credito cooperativo
che l’economista fiorentino ex membro del comitato esecutivo della Bce,
e attuale numero uno del colosso bancario francese Société Générale,
presiede dalla scorsa primavera.
Bini Smaghi ha così smentito quanti ritenevano che il suo arrivo al
vertice della dinamica banca di San Casciano Val di Pesa, guidata dal
direttore generale Andrea Bianchi e diventata la terza Bcc italiana per
dimensioni (alle spalle di Alba e Roma) dopo aver incorporato nel corso
del 2016 quelle di Pistoia e Area Pratese, fosse il preludio all’uscita
di ChiantiBanca dal sistema cooperativo, in vista di qualche nuova
alleanza. L’assemblea straordinaria dei soci, domenica 18 dicembre, ha
invece accolto con un plebiscito (due soli contrari e due astenuti su
3.886 votanti) la proposta del consiglio d’amministrazione di rinunciare
alla way out dal sistema cooperativo e di aderire al nascente polo
trentino delle Bcc, alternativo a quello di Iccrea-Federcasse. Una
decisione che, tra l’altro, farà risparmiare a ChiantiBanca 62 milioni
(il prelievo straordinario del 20% sul patrimonio previsto in caso di
trasformazione in società per azioni).
«Si tratta di una scelta meditata - spiega Bini Smaghi -. Avevamo
fatto richiesta di way out alla Banca d’Italia con l’impegno, dichiarato
ai soci, di prenderci il tempo per valutare entro l’anno quale fosse
l’opzione migliore per ChiantiBanca. Il concretizzarsi di un secondo
raggruppamento nazionale delle Bcc intorno alla holding Cassa centrale
banca, che di fatto diventerà il sesto polo italiano del credito, ha
rappresentato l’approdo naturale per il nostro istituto, che già
utilizza il sistema informativo trentino e così potrà mantenere la sua
natura mutualistica e puntare a crescere in Toscana, oltre a contribuire
alla scrittura di regole e governance della nuova aggregazione».
ChiantiBanca ha 26mila soci, 52 sportelli, 450 dipendenti, 3,2
miliardi di raccolta, 2,6 miliardi d'impieghi e 310 milioni di
patrimonio con il 13,3% di coefficiente Cet1. L'utile netto nel 2015 è
stato di 5 milioni. Le sofferenze, a novembre, erano pari all'11,9%
(prima d’incorporare Pistoia e Prato erano al 7,6%). «Stiamo crescendo
in tutti i territori e vogliamo diventare il punto di riferimento del
gruppo Ccb in Toscana dove, per effetto della nuova alleanza, non si
creeranno sovrapposizioni, come sarebbe invece accaduto nel caso di
adesione al polo Iccrea-Federcasse», sottolinea Bini Smaghi. Che
aggiunge: «L'idea di realizzare una sola aggregazione per tutto il
sistema italiano delle Bcc era arrogante e comunque non avremmo
accettato di restare in un sistema che non ha saputo indicare
cambiamenti, o rotture, rispetto al passato».
Il riferimento di Bini Smaghi è al fatto che il sistema delle Bcc ha
“lasciato” crescere una serie di potenziali criticità al proprio interno
(una cinquantina di istituti di ricapitalizzare secondo le stime di
Bankitalia). «Il polo del Trentino sarà solido (indice di
patrimonializzazione Cet1 al 20%), con un socio internazionale
importante che è la banca cooperativa tedesca Dz (ha il 25% di Ccb) e
potrà contare su un centinaio di Bcc, tra cui ChiantiBanca come
principale istituto sul mercato nazionale, leader in Toscana e nel
Centro Italia - dice Bini Smaghi -. Vogliamo allargare la nostra
presenza in ambito regionale e restare vicino al territorio, perchè c'è
una domanda di credito e soprattutto di servizi, da parte delle famiglie
e delle imprese, che i grandi gruppi hanno lasciato scoperta».
Sul fondo “Salva-risparmio” dello Stato, l'ex banchiere centrale
europeo ha le idee chiare. «Si tratta di una prima mossa per bloccare la
spirale di sfiducia - dice - poi si dovrà procedere alle
ristrutturazioni delle singole banche, attraverso misure di
efficientamento e aggregazioni, per arrivare a un sistema bancario in
grado di remunerare il capitale investito. Ma una cosa è certa -
sottolinea - abbiamo perso cinque anni rispetto a Paesi come la Spagna:
potevamo utilizzare il fondo Esm nel 2011 e invece adesso ricorriamo ai
soldi pubblici». Come dire che è sempre meglio non rinviare le scelte,
soprattutto quelle difficili.
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