la polemica non è un male, è solo una forma di confronto crudo sincero, diciamo tutto quello che pensiamo fuori dai denti, e vediamo se riusciamo a far venir fuori le capacità di cui siamo portatori e spenderle per il Bene Comune.
Produrre, organizzare, trovare soluzioni,
impegnarci a far rete, razionalizzare e mettere in comune, attingere alle nostre risorse. CUI PRODEST?
Pensa cchiu' a chi o' dicè ca' a chello ca' dice
L'albero della storia è sempre verde
L'albero della storia è sempre verde
"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"
martedì 27 dicembre 2016
La Strategia della Paura ha come riflesso un Mercato che la Cia e il Mossad si contendono
“Così, dopo qualche centinaio di morti, l’idea che il terrorismo
abbia reso le nostre vite a rischio come quelle degli israeliani, e che
dunque dovremmo modellare il nostro stile di vita sul loro, comincia a
farsi strada tra le ingenuità e l’arteriosclerosi del vecchio
continente” scriveva Libero il 22 luglio 2016. Era il commento
mediatico alla strage islamica di Nizza. “Il mondo è cambiato e che i
barbari non sono alle porte, ma li abbiamo già dentro casa. Come a
Gerusalemme e a Tel Aviv. … Si guarda a Israele anche per le
tecnologie con cui contrastare il terrorismo”.
“Sicurezza negli aeroporti: perché adottare il sistema israeliano”,
raccomanda un giornale. “Parigi imita Israele: prorogato di sei mesi lo
stato di emergenza”, comunica un altro. “Il coordinatore anti
terrorismo della Ue, Gilles de Kerchove, nei giorni scorsi è andato a
Tel Aviv proprio per capire cosa l’Europa può copiare da Israele”.
“L’Europa è sotto attacco e non lo sa. Rinunci a Schengen o unisca i servizi “ L’analista israeliano Boaz Ganor, direttore dell’Istituto internazionale per l’Anti terrorismo” (La Stampa, 20 luglio 2016).
Boaz Ganor, l’abbiamo visto nell’articolo
precedente, è lo specialista israeliano dell’antiterrorismo che
presiede il Nice Global Forum sulla Sicurezza Interna e la gestione
delle Crisi – che doveva tenersi a Nizza nell’ottobre 2016. Adesso è
stato posposto al 2018.
Che gli attentati islamici vengano immediatamente tradotti dai media
europei in “consigli per gli acquisti” della insuperabile tecnologia
della sicurezza sviluppata da Sion, che rende così sicura la
popolazione israeliana, è un dato che salta all’occhio all’osservatore.
Non si tratta solo di tecniche d’interrogatorio (tortura),
telecamere-spia, militarizzazione della popolazione (anche voi europei
“dovete sentirvi parte di un esercito in guerra”), controllo delle
mail e di internet, rinuncia alla privacy. Gli israeliani hanno messo a
punto sofisticati sistemi di “inferenza” informatica, potenziati dalla
cosiddetta “intelligenza Artificiale”, che frugano triliardi di dati
(i megadati) per vederne emergere, nel contesto, azioni sospette. Un
frequentatore di siti islamisti (magari operati da Cia o Mossad?) che
d’improvviso decide di rendere anonima la sua connessione in rete: ma è
solo un esempio elementare. Elementare come quello che ha rovinato il
generale Petraeus, cacciato dalla Cia per averlo usato allo scopo di
comunicare con la sua amante Paula Broadwell: condivideva con lei una
casella mail, ma non si mandavano messaggi: li lasciavano nella
sezione “bozze”, e l’altro li andava vedere. Il software andrà proprio a
cercare caselle mai “inattive”, e spiarci dentro. Ma si tratta di
cose semplici. Le tecniche israeliane vere e profonde, in cui è
integrata la AI, sono segreto militare.
Israele promuove con impressionante forza la sua “specialità”. E’
nato lo “Israeli Innovation Center a Gerusalemme, esultano i media
l’estate scorsa, che “attirerà centinaia di migliaia di studenti,
soldati, capi di Stato, turisti e delegazioni commerciali, per
assistere alla straordinaria storia di come Israele sia diventata
leader di avanguardia dell’innovazione nel mondo”. ..Tale centro,
situato nel Centro Peres per la Pace, “In collaborazione con gli
Stati Uniti, Israele promuove una start-up Nazione per la leadership
mondiale della tecnologia” .
“Israele investe oggi circa il 6 per cento del Pil in sicurezza”,
dice un esperto sionista, ma “buona parte della nostra spesa per la
sicurezza torna sul mercato, perché va alle industrie israeliane che
operano in questo settore e finanzia così start-up e compagnie capaci
di sviluppare tecnologie innovative. … L’Europa, in media, investe
circa l’1,5% del suo Pil in sicurezza”. Troppo poco, come badano a
ripetere Boaz Ganor e compari: vedete quanti terroristi islamici
incontrollati girano tra voi….
Un altro esperto del settore cyber security, italiano e dunque
opportunamente anonimo: “Di norma le persone che escono dal Mossad o che
necessitano di copertura mentre lavorano all’estero, finiscono per
lavorare nel settore della cybersecurity (programmi, programmatori,
progettisti, sistemisti, impianti che utilizzano droni per
difesa/sorveglianza, sistemi di sorveglianza attiva e passiva …). In
Italia il mercato è praticamente vergine, un boccone goloso per
Israele”.
Israele vende i prodotti, ma non i segreti militari che ci sono
dentro, è ovvio. Di fatto, lo stato che compra il pacchetto-sicurezza
ebraico dà agli operatori israeliani l’accesso ai “megadati” della
nazione, ossia gli cede tutti noi. “Un potere enorme che verrà
sicuramente utilizzato per il bene della popolazione, senza
eccezioni!”, sogghigna l’anonimo. “Finché l’Europa sarà legata alla
NATO, non troppo unita, senza leadership politica, strategicamente
subordinata alla visione statunitense, permeata dalla russofobia…ebbene
il terrorismo islamico continuerà a destabilizzare le masse europee”.
Conclusione alquanto enigmatica.
Alcuni paesi però sono sostanzialmente risparmiati dal “terrorismo
islamico”: Come mai in Italia l’IS non fa stragi, almeno fino ad ora?
Varie ipotesi circolano: per i terroristi saremmo un luogo di
passaggio, un santuario indisturbato.. . o magari ci siamo già messo
nelle mani degli israeliani?
La risposta dell’anonimo è interlocutoria. Mi accenna ad una specie
di “lotta” fra Israeliani e americani – feroce in Germania e Francia
Belgio e Olanda – ma attenuato, anche per il mercato italico, ancor
vergine. Gli americani hanno il loro sistema di Intelligenza
Artificiale (Watson di IBM)
Un esempio: nell’aprile scorso, Matteo Renzi ha provato in tutti i
modi di mettere all’interno della Presidenza del Consiglio, ossia al suo
fianco, con la responsabilità di controllore dei nostri “servizi”, il
suo eterno amichetto , il filo-israeliano Marco Carrai. “ dopo aver
tentato di imporlo a capo della cyber-security, gli sta ora cucendo un
abito su misura al Dis”, ha scritto Il Fatto Quotidiano. E ciò a
dispetto dei numerosi conflitti d’interesse che Carrai si porta
dietro: “Incarichi pubblici come la presidenza di Aeroporti Firenze, le
poltrone nei cda tra cui quella nella fondazione Open – la cassaforte
del premier – con Luca Lotti e Maria Elena Boschi, aziende
estero-vestite in Lussemburgo e Israele come la Wadi Venture con soci
che hanno legami con l’esecutivo tra cui nominati in Finmeccanica e
imprenditori con appalti pubblici, come raccontato dal Fatto settimane
fa”.
Niente: etichettando Carrai come “consulente” della Presidenza del
Consiglio, i conflitti d’interesse svanirebbero. Dunque era cosa
fatta, quando appare sui media una rivelazione: Carrai è amico di
Michael Ledeen, e Ledeen “è una spia di Israele”, comunica la Cia.
Dunque è la Cia a ostacolare l’irresistibile ascesa dell’”israeliano
d’onore” nella sicurezza di Stato italiota…Un possibile riflesso
della “competizione” Usa-Israele per il nostro mercato.
Pochi giorni dopo, Il Fatto annuncia: “ Cybersecurity: Marco Carrai,
con incarico ufficiale o senza, ficcherà il naso nei nostri dati: Si
scrive Watson, si legge Winston. Cosi’ alla fine Carrai, con incarico ufficiale o senza,
si occuperà di big data che in gergo dei servizi vuol dire ficcare il
naso nei dati dei cittadini. E qui il pensiero corre a Watson, la
piattaforma tecnologica dell’Ibm che utilizza tecniche di elaborazione
del linguaggio e sistemi di apprendimento per trovare e rivelare
informazioni e relazioni estraendole da vaste quantità di dati non
strutturati. Dai big data. Un giga- ficcanaso digitale.
“Carrai ha interessi privati a Tel Aviv, dove sono presenti due
società a lui riconducibili con soci pesanti in Israele come Jonathan
Pacifici e Reuven Ulmansky, veterano della Nsa, ex Unità 8200, dell’Israel Defence Force. Legami importanti, che porterà con sé sotto il mantello di consulente del Dis”.
Reuven Ulmanski
Ancor meno allarma il fatto che il di solito riservatissimo Carrai,
affiancato dall’ambasciatore israeliano, ha presentato “Cybertech
Europe, forum internazionale organizzato da Cybertech Global Events in
collaborazione con Leonardo-Finmeccanica a Palazzo dei Congressi a Roma.
L’Italia guarda a Israele anche con Enel, che poche settimane fa ha
aperto un centro a Tel Aviv, nel cuore del sistema cyber e tecnologico.
Del resto, perché allarmarsi? Carrai ha amici anche nella
cosiddetta “opposizione” (beninteso, quella “ragionevole”). Infatti ha
creato una start-up fra la sua Cgnal, “ controllata al 19,4% dalla
Carfin, la holding della famiglia Carrai e partecipata dalla Fb di Franco Bernabè –
e dall’altra una società di Amsterdam, la Eligotech, fondata da
alcuni ragazzi italiani. Tra questi ragazzi italiani, secondo diverse
fonti di stampa mai smentite, ci sarebbe anche Luigi Berlusconi, il figlio più piccolo del Cav”.
Da quell’articolo potete apprendere che Carrai occupa 10 poltrone, e
anche i rapporti fra l’israeliano Jonathan Pacifici, esperto della
cyber-security, con Franco Bernabé, ex capo supremo di Telecom Italia.
Leggetevelo voi, perché ha il suo interesse.
Anche se per adesso l’astro di Carrai sembra alquanto eclissato, da
disfatta di Matteo Renzi al referendum, e il suo forzato abbandono
dalla stanza dei bottoni.
Ma chi può dirlo: Gentiloni, che nei servizi ha sempre avuto un po’
le mani in pasta e ha tenuto per sé le deleghe per l’Intelliugence, ha
in mente (leggo) “ di insediare presso la Presidenza del Consiglio una struttura che possa avere un ruolo di coordinamento sulla cyber security”.
E fra i nomi che si fanno “come possibile sottosegretario alla
presidenza del Consiglio ( con delega ai servizi segreti)” spicca
Emanule Fiano. Vedremo. Un ebreo ha da essere, a dirigere i nostri
servizi.
Magari è per quello che da noi finora – facciamo gli scongiuri – non
sono avvenuti “attentati islamici” molto sanguinosi? Che la nostra
polizia e il nostro valoroso ministro dell’Interno sventano miriadi di
attentati?
Il mio interlocutore è alquanto più cinico. “Se tutto va bene Usa e
Israele si divideranno la torta, ma se qualcosa va storto vedremo il
solito attentato false flag.
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