la polemica non è un male, è solo una forma di confronto crudo sincero, diciamo tutto quello che pensiamo fuori dai denti, e vediamo se riusciamo a far venir fuori le capacità di cui siamo portatori e spenderle per il Bene Comune.
Produrre, organizzare, trovare soluzioni,
impegnarci a far rete, razionalizzare e mettere in comune, attingere alle nostre risorse. CUI PRODEST?
Pensa cchiu' a chi o' dicè ca' a chello ca' dice
L'albero della storia è sempre verde
L'albero della storia è sempre verde
"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"
sabato 31 dicembre 2016
Mobilità sostenibile - non è nelle corde degli euroimbecilli del Pd pensare agli interessi del paese che vengono puntualmente ignorati, troppo concentrati sul loro ombelico, come il cambiamento costituzionale che avrebbe dato loro più potere ma che non serviva ne serve all'Italia
Mobilità, l’allarme di Legambiente: “l’Europa viaggia sempre più sul ferro, ma l’Italia è ferma”
Fine anno, tempo di
bilanci ma anche di emergenza smog. Il secondo appuntamento con
Pendolaria 2016, la campagna di Legambiente dedicata al trasporto
pendolare, fa il punto sulla mobilità urbana in Italia con un nuovo
rapporto che mette a confronto le dotazioni infrastrutturali nelle città
europee, determinanti per la qualità dell’aria ma anche per la qualità
della vita dei cittadini. Secondo Legambiente, infatti, l’Italia risulta
terribilmente arretrato in termini di infrastrutture di trasporto su
ferro rispetto al resto d’Europa: siamo sotto del 50% rispetto alla
media europea per metropolitane e tramvie, e al 51% per le ferrovie
suburbane. Nel complesso, il 2016 si chiude con la realizzazione di 4,5
chilometri di linee metropolitane grazie a due prolungamenti a Milano e
Catania (mentre nel 2015 sono stati inaugurati 6,9 km di metro a Roma e
7,4 a Milano) e di 17 chilometri di tramvie (tutti a Palermo).
LaPresse/Xinhua
In totale, sono in esercizio in Italia 235,9 km di rete metropolitana,
distribuite tra 14 aree urbane. La città con la rete più estesa è
Milano, seguita da Roma, poi Napoli, Brescia, Torino, Genova e Catania.
Niente a che vedere con i 291,5 km di Madrid, i 464,2 di Londra o i 219,5 di Parigi.
Linee di tram sono
invece presenti in 10 città italiane per un totale di 336,1 km, tra
Milano, Torino, Roma, Venezia, Palermo, Bergamo, Napoli, Padova, Messina
e Firenze.
In 12 città troviamo invece le linee ferroviarie suburbane pendolari,
con la rete più estesa a Roma, cui seguono Milano, Napoli, Torino,
Bari, Palermo, Bologna, Genova, Cagliari, Salerno, Sassari e Catania. In
totale si tratta di 679,3 km distribuiti su 14 linee. Sono invece
2.038,2 i km di suburbane in Germania, 1.694,8 km nel Regno Unito e
1.432,2 in Spagna. Questo il contesto attuale. E le prospettive future?
Anche
qui, denuncia Legambiente, nessuna luce all’orizzonte. Pochi i progetti
finanziati dal Governo e i cantieri aperti. Roma nel 2016 non ha visto
inaugurare alcun tratto di metro o linee di tram e, al momento, l’unico
progetto finanziato riguarda il prolungamento (3,6 km) della metro C
fino a Colosseo. Peggiore è la situazione che riguarda i tram: nessun
cantiere aperto e nessun progetto di prolungamento finanziato. Se si
continuerà con questi ritmi nei cantieri delle metro impiegheremmo 80
anni per recuperare la distanza dalle altre città europee (in termini di
km di metropolitane ogni 1.000 abitanti). Ovviamente senza considerare
aumento di popolazione e crescita delle infrastrutture in tutte le altre
città. Migliore situazione a Milano, che vanta la più alta dotazione di
metro in Italia e perché sono in costruzione altri 17 chilometri.
Eppure anche qui per raggiungere la dotazione media di una città
europea, con i ritmi previsti dai finanziamenti, occorreranno altri 15
anni, sempre a parità di popolazione ed infrastrutture nelle altre città
europee. A Napoli sono in costruzione 6,9 km di nuove metropolitane, ma
qui il tempo che ci vorrebbe per raggiungere la media europea, con
questi ritmi, è di circa 70 anni. In positivo, però, vanno segnalate
Firenze, dove si è deciso di puntare sui tram per cui ai 7,4 chilometri
in esercizio se ne aggiungeranno nei prossimi anni altri 10,8 creando un
servizio a rete utile a cambiare la mobilità nella città, e Palermo,
che ha inaugurato 4 linee di tram per complessivi 17 chilometri e
prevede di realizzarne altri 29, integrati con la realizzazione
dell’anello e del passante ferroviario. “Il ritardo infrastrutturale
italiano rispetto agli altri Paesi europei è un tema che ha
caratterizzato il dibattito politico degli ultimi venti anni – ha
dichiarato il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini -. Ma nella
spinta a rilanciare i cantieri che ha contraddistinto tutti i Governi,
si è persa di vista una analisi seria che riguardasse le città, dove è
più forte la domanda di mobilità e dove invece si evidenzia proprio il
ritardo più forte in termini di dotazione di trasporto su ferro rispetto
al resto d’Europa. Occorre dare una speranza a chi vive nelle città
italiane, di non dover aspettare decenni prima di vedere un cambiamento
nella mobilità e quindi nella qualità della vita”. Per Legambiente la
grande sfida infrastrutturale per il nostro Paese sta nel ridurre la
distanza dall’Europa in termini di dotazioni infrastrutturali su ferro
nel minor tempo possibile. Serve un progetto per realizzare nelle
principali città almeno 25 km all’anno di linee metropolitane nei
prossimi 10 anni, per raggiungere la media europea, e 25 di linee
tramviarie. Una svolta che consenta in una città come Roma di realizzare
almeno 9 km all’anno nei prossimi 10 anni, per raggiungere, ad esempio,
la media di dotazione di metro ogni 1.000 abitanti di Berlino.
Evidentemente, sostiene Legambiente, le città continuano ad avere un
ruolo marginale nella programmazione delle risorse per i prossimi anni.
La parte del leone continuano a farla gli investimenti autostradali da
parte dei concessionari, quelli stradali di Anas e i grandi progetti
ferroviari (completamento dell’alta velocità e tunnel alpini). Nel piano
delle 25 opere prioritarie del Governo, dal costo di 90,1 miliardi di
euro, quelle per il potenziamento del trasporto ferroviario
metropolitano nelle grandi città sono 8 per un costo complessivo di 14,9
miliardi di euro. Mentre per le opere stradali sono previsti 28,4
miliardi di euro, e per l’Alta velocità 41,4 miliardi di euro. Invece
sono solo 1,3 i miliardi di euro per le nuove metropolitane, cioè per il
completamento dei progetti in corso a Torino, Milano, Napoli, Catania,
Palermo. Stessa impostazione nella delibera Cipe che a Dicembre ha
distribuito 11,5 miliardi di fondi europei FSC 2014-2020. E anche nella
Legge di stabilità, il nuovo Fondo investimenti infrastrutture, che
prevede una dotazione di 1,9 miliardi nel 2017 e risorse fino al 2032
per complessivi 47,5 miliardi mette assieme investimenti di ogni tipo
(trasporti e viabilità, infrastrutture idriche, edilizia pubblica,
ecc.). Purtroppo continua a non esserci la consapevolezza di come gli
investimenti nelle città debbano essere prioritari e non confondersi con
gli altri cantieri. Altrimenti, come già avvenuto in questi anni, il
ritardo rispetto al resto d’Europa non potrà che aumentare e a pagarne
le conseguenze saranno i cittadini italiani. Negli altri Paesi europei
esiste una programmazione pluriennale per le politiche di investimento
nelle città, con una struttura di coordinamento statale che accompagna i
Comuni nella definizione delle priorità di investimento e poi nella
fase di cantiere per verificare l’attuazione. Eppure, nel bilancio dello
Stato le risorse per realizzare un salto di qualità nell’offerta di
trasporto pubblico nelle città italiane, ci sono. I trasporti e le
infrastrutture sono una voce rilevante del bilancio dello Stato: oltre
800 miliardi di Euro all’anno che bisogna investire in maniera più
intelligente, destinando il 50% degli investimenti infrastrutturali alle
città; spostando gli investimenti dalla strada alle città e orientando
quelli previsti da RFI prioritariamente nei nodi urbani. “Le risorse ci
sono – ha sottolineato ancora Edoardo Zanchini -, quello che manca è un
progetto che punti a realizzare decine di chilometri ogni anno di
metropolitane, tram, ferrovie suburbane. I vantaggi sarebbero evidenti
in termini di riduzione dell’inquinamento ma anche di qualità della vita
per milioni di persone che potrebbero lasciare a casa l’auto, con
risparmio anche sulla spesa familiare, e di possibilità di
riqualificazione intorno alle stazioni del trasporto su ferro”.
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