la polemica non è un male, è solo una forma di confronto crudo sincero, diciamo tutto quello che pensiamo fuori dai denti, e vediamo se riusciamo a far venir fuori le capacità di cui siamo portatori e spenderle per il Bene Comune.
Produrre, organizzare, trovare soluzioni,
impegnarci a far rete, razionalizzare e mettere in comune, attingere alle nostre risorse. CUI PRODEST?
Pensa cchiu' a chi o' dicè ca' a chello ca' dice
L'albero della storia è sempre verde
L'albero della storia è sempre verde
"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"
mercoledì 28 dicembre 2016
Oggi non possiamo giustificare niente, ogni parte è collegata al tutto è l'insieme che da valore alle singolarità
La “rivoluzione” di Bergoglio: Ignoranza Dispotica – e anche contagiosa.
La storiaccia è ridicola e allarmante insieme. Ma devo
ricapitolare le puntate precedenti per i non addetti ai lavori. Appena
diventa papa, Bergoglio epura parecchi cardinali, come se avesse una
lista preparata dei “nemici” da eliminare. Fra questi spicca Raymond
Burke, che oltretutto non è dalla sua parte nel sinodo sulla famiglie
che apre alla Comunione ai divorziati: lo toglie dalla Segnatura
Apostolica, di cui era prefetto, a fare il “patrono” dell’Ordine di
Malta. Insomma da ministro vaticano (“posto di potere”, secondo lui) ,
lo rimuove ad un compito di cappellano, (che lui crede) più basso,
ornamentale, togliendogli (lui pensa) la sola cosa che Bergoglio
capisce: il potere. In più offendendolo platealmente, perché non è mai
accaduto in Vaticano che qualcuno sia “rimosso” senza essere “promosso”,
ossia chiamato ad una carica più alta, almeno sulla carta.
Ma l’autorevolezza non va confusa col “potere”. Accade che Burke
firmi, insieme ad altri tre cardinali a riposo (o esonerati) la
lettera in cui chiede a “Francesco” di “fare chiarezza” su alcuni punti
della sua semi- o pseudo-enciclica Amoris Laetitia; esprime dei dubbi (dubia),
a cui Bergoglio non vuole e non sa rispondere; dopo alcuni mesi senza
risposta, i quattro cardinali rendono pubblica la loro lettera. El
Papa contava di mantenere la cosa occulta. Immediatamente il dissenso
si allarga, nasce una disputa, e infine uno scandalo: gli yes men di
El Papa proclamano che ai cardinali insofferenti va totale la berretta
cardinalizia. Burke, in un’intervista, ventila la possibilità di una
“correzione formale” di El Papa e delle sue asserzioni errate.
Rovente di rabbia, “Francesco” cerca un pretesto per sbatter fuori
Burke anche dall’incarico di cappellano dei Cavalieri. Coglie al volo
l’occasione di una grave lacerazione interna all’Ordine: il Gran
Maestro Matthew Festing aveva chiesto di dimettersi al Gran
Cancelliere dell’Ordine di Malta Albrecht Freiherr von Boeselager,
sembra dopo la scoperta che, quest’ultimo aveva fatto distribuire in
Africa preservativi e anticoncezionali; questi si rifiuta, vantando la
sua posizione di cattolico “aperto”, come Francesco. Al Gran Maestro
non resta che destituirlo. La destituzione avviene alla presenza di
Burke, ovviamente.
Non sa cos’è l’Ordine di Malta
Ecco l’occasione sperata! “Basta con la pratica delle epurazioni
nella Chiesa, questo cancro!”, esclama Bergoglio (proprio lui che di
epurazioni ne fa ogni giorno) davanti ai monsignori di curia per gli
auguri natalizi: “E’ indispensabile l’archiviazione definitiva della
pratica del promoveatur ut removeatur”.
E la Segreteria di Stato annuncia il commissariamento
dell’ordine di Malta, mettendo insieme un gruppo di cinque persone,
“tutte più o meno legate a Boeselager” (il cacciato) – “misura
draconiana che Bergoglio ha già adottato contro due
istituti religiosi da lui considerati troppo “tradizionali”: i
Francescani dell’Immacolata e i religiosi del Verbo Incarnato” (Roberto
de Mattei) e che nei due casi precedenti è stato il preludio alla
pura e semplice soppressione, arbitraria e senza spiegazioni.
Il punto è che l’Ordine di Malta è da secoli una istituzione sovrana
(come uno stato) riconosciuta internazionalmente (per esempio emette
passaporti): cosa che evidentemente Francesco ignora. Pretendere di
commissariarlo, è come se l’Italia commissariasse lo stato di San
Marino.
Da qui la risposta ufficiale: “Il Gran Magistero del Sovrano Ordine
di Malta ha appreso della decisione della Santa Sede di nominare un
gruppo di cinque persone per far luce sulla sostituzione del precedente
Gran Cancelliere. La sostituzione del precedente Gran Cancelliere è un
atto di amministrazione interna al governo del Sovrano Ordine di Malta e
di conseguenza ricade esclusivamente nelle sue competenze”.
Seguono le assicurazioni sulla devozione filiale dei membri al Santo
Padre, ma non si può esser più chiari: la commissione papale è una
ingerenza indebita nelle decisioni sovrane dell’Ordine, e quindi viene
respinta.
Come ha spiegato il professor Roberto de Mattei, docente di storia
del Cristianesimo all’Università Europea, è “ un grave caso di
ingerenza nel governo dell’Ordine. La Santa Sede dovrebbe limitarsi a
vigilare sulla vita religiosa attraverso il Cardinale patrono, che è il
cardinale Burke, nominato dallo stesso papa Francesco. Il Papa ha tutto
il diritto di informarsi in merito alle vicende interne dell’Ordine, ma
è irrituale che ciò avvenga attraverso una commissione che scavalca il
rappresentante pontificio, a meno di non voler porre quest’ultimo sotto
accusa. Un cardinale però può essere giudicato solo dai suoi pari e non
da burocrati vaticani”.
Ovviamente è proprio quel che voleva ottenere il Papa: mettere
sotto accusa Burke, ma non nel modo canonico, non apertamente ma in
modo obliquo. Mentre si aspettano le vendette del Bergoglio
sull’Ordine, mi importa qui notare quel che l’episodio conferma:
l’immensa, totale, sesquipedale ignoranza dell’argentino.
Il cardinal Burke fra i Cavalieri
Ignoranza della storia d’Europa e di storia della
Chiesa: l’ordine è sovrano dai tempi di Carlo Quinto, che diede a
questi vecchi eredi degli Ospedalieri l’isola di Malta nel 1565 purché
la difendessero dai turchi: era l’avamposto degli uomini perduti, non
avrebbero ricevuto aiuti, ma i cavalieri giunti in 9 mila nell’isola
da tutta Europa, resistettero all’assedio anche se alla fine, quando
furono liberati dalla flotta spagnola, erano rimasti in 600. Avevano
inflitto agli ottomani perdite, si calcola, di 30 mila uomini.
Con la battaglia di Lepanto, cui parteciparono nel 1571, i Cavalieri
di Malta sono i trecento spartani delle Termopili cristiane: se
avessero esitato all’estremo sacrificio, se avessero ceduto, la
basilica del Vaticano sarebbe una moschea come santa Sofia di
Costantinopoli, la Chiesa cattolica sarebbe stata estinta nel sangue,
noi faremmo il pellegrinaggio alla Mecca lo stesso Bergoglio sarebbe
un musulmano (esile prova che non tutto il male è per nuocere).
L’Occidente postmoderno ha cancellato anche questa memoria; ma essa
dovrebbe avere lasciato una traccia di gratitudine almeno in un
cardinale cattolico romano, far parte della “cultura generale” di un
gerarca ecclesiastico. Bergoglio non è ingombro di alcun sapere: è il
tipico ignorante del Sudamerica, luogo di memorie cancellate e
soppresse e identità devastate, luogo quasi senza storia.
Ignorante del diritto: non solo del diritto
canonico (per cui un cardinale può essere giudicato solo dai suoi pari,
non da funzionari “commissari” ), ma dei costumi e delle procedure
plurisecolari cui la Chiesa si attiene, rispettose delle libertà e
delle autonomie, in una parola, procedure di civiltà maturate con
l’esperienza di secoli. Tutto questo, Bergoglio calpesta, perché non lo
conosce: licenzia in tronco personale, senza il minimo rispetto della
giusta causa” e dei “diritti”, riconosciuti anche dal giure laico e
civile. Il vaticanista Marco Tosatti ha raccontato come “un capo
dicastero ha ricevuto l’ordine di sbarazzarsi di tre dei suoi impiegati
(che lavorano in Vaticano da diversi lustri), senza spiegazioni” . Il
poveretto ha chiesto un colloquio a Bergoglio per sapere almeno “che
cosa hanno fatto” quei tre impiegati, i suoi migliori collaboratori.
La risposta è stata: “Io sono il Papa, e non devo dare ragioni a nessuno delle mie decisioni. Ho deciso che devono andare via, e devono andare via.
Non è un episodio minore. Per quanto alcuni progressisti
anticlericali (alla Eugenio Scalfari) possano crederlo, il Papa non è un
dèspota. Da sempre, è un primus inter pares. Quando impegna
la sua infallibilità nella definizione di un dogma, lo fa dopo aver
consultato i vescovi nel mondo;in curia, governa coi cardinali e i capi
dei dicasteri, con cui si consulta; spiega le sue ragioni; delega, non
scavalca; agisce qui, appunto, qualcosa che si chiama civiltà dei
rapporti, che è anch’esso un apporto della cultura.
Il dittatore Calles, Messico
La frase “io sono il Papa e non devo dar ragione ad alcuno delle mie
ragioni” evoca una teoria e pratica del diritto pubblico vicina (non
esagero) a quella di Gengis Khan; forse egli echeggia i propositi del dittatore messicano Plutarco EliaCalles
(1926-29: «Chiunque farà battezzare i propri figli, o farà matrimonio
religioso, o si confesserà, sarà trattato da ribelle e fucilato», e non
doveva spiegare le ragioni a nessuno). O orecchia il
leninismo-stalinismo, con la sua “dittatura proletaria non limitata da
alcuna legge”. In questo senso, sarebbe imbarazzante se i preti
vaticani sbattuti fuori del despota si rivolgessero alla giustizia
laica e civile, per avere, che so, la liquidazione o per contestare il
licenziamento: il Papa si vedrebbe dar torto da una magistratura
civile italiana che, con tutti i suoi difetti, non è (ancora) scesa al
diritto di Gengis Khan, e pretende che un datore di lavoro dia qualche
ragione per licenziare. Ma naturalmente i prelati sbattuti fuori forse
non possono appellarsi alla giustizia civile, in quanto”cittadini”
del Vaticano; ossia una uno stato in cui il Tiranno ha abolito ogni
istanza giuridica in cui si possa difendersi e far sentire le proprie
ragioni, in cui non vale più la distinzione fra giusto e ingiusto, fra
vero e falso – tutto essendo stato rimpiazzato dalla volontà arbitraria
dell’autocrate. Nei casi citati da Tosatti, i due sono stati licenziati
perché “uno dei due si esprimeva liberamente, forse troppo, su alcune
decisioni del Papa. Qualcuno, molto amico di uno strettissimo
collaboratore del Pontefice, ha ascoltato, e riferito”. La delazione
come mezzo di governo, è un corollario del dispotismo – è appunto il
“regno del terrore” che l’argentino ha instaurato nella Santa Sede;
con un tocco di meschinità tutto bergogliano, piccineria da
vendicativo. Giustamente Tosatti si chiede: ma questo Papa è buono? No,
non lo è. Non pratica mai la misericordia generosa che esige da
noi….il che ci rende inclini a non condividere la sua rivoluzione del
perdono assoluto. Se non comincia lui…
Questa immane, spropositata ignoranza, spiega davvero la
“rivoluzione” che Bergoglio sta portando nella fede che un tempo si
chiamava cattolica, consistente nella liquefazione della Chiesa
sacramentale nella modernità del “mondo”, di preferenza quello
generico-protestante. E’ la rivoluzione che nasce dalla fenomenale
ignoranza.
Bergoglio non ha interesse alla dottrina, perché non la conosce.
Continuamente accusa i prelati che, sgomenti, provano ad obiettare in
nome di essa, di fare “i farisei, i dottori della Legge” che
ostacolano “la misericordia” di Gesù, considera la cultura cattolica
lettera morta che occlude l’andare verso l’umanità, perché mai l’ha
studiata. Anche il muratore diventato palazzinaro miliardario vi dirà
che “la cultura non serve a niente”. E sbuffa se qualcuno gli ricorda
che invece, la cultura serve: “Guardate me, ho la seconda elementare e
ho fatto i soldi”. Bergoglio nutre lo stesso rabbioso disprezzo per la
cultura cattolica, dimenticando che una religione, assai più che
una impresa edilizia,è per essenza “cultura”. Egli vuole fondare una
Chiesa sull’ignoranza totale del passato, della storia, della
tradizione: sulla la sua specifica ignoranza.
E’ amaramente divertente vedere come l’ignoranza di Bergoglio sia
anche contagiosa. La Segreteria di Stato doveva sapere che il Militare
e Sovrano Ordine di Malta è appunto, “sovrano”, non foss’altro perché
ha un ambasciatore accreditato presso detta Segreteria. Ma El Papa
ha scelto Parolin proprio in quanto non ingombrato dal fastidioso
sapere che tanto lo disturba. Come ha scelto Galantino la cui ignoranza è
stata comprovata da citazioni sbagliate della Bibbia: ci ha rivelato,
il Galantino, che Dio “risparmiò Sodoma e Gomorra”, anche se la Bibbia
dice che la incenerì: dall’epoca, Dio non aveva ancora imparato la
misericordia da Bergoglio, quindi adesso è migliorato.
Il regno del terrore e delatori
Magari qualche monsignorino funzionario della Segreteria di Stato
lo sapeva che l’ordine di Malta non si può commissariare, ma è stato
zitto: e chi ha più il coraggio di obiettare qualcosa alla volontà
arbitraria del despota? Per farsi sbattere fuori?
Antonio Socci ha fatto notare la sesquipedale ignoranza rivelata
da Eugenio Scalfari, il giornalista preferito da El Papa, che da
quando è beneficiato delle conversazioni e rivelazioni di “Francesco”
si atteggia a teologo. In un articolo, trincia che “i Vangeli sinottici,
cioè quelli riconosciuti dalla Autorità successive alla prima
generazione cristiana, sono quattro” (mentre sono tre; il quarto, di
Giovanni, non è “sinottico”). “Scalfari scrive pure che l’apostolo
Giovanni “era stato un devoto di Giovanni Battista che l’aveva nominato
suo segretario” (suo segretario??). Poi aggiunge che Giovanni “fu il
solo degli apostoli che scrisse un Vangelo” (con tanti saluti
all’apostolo ed evangelista san Matteo).
Infine, questo gigante del pensiero contemporaneo che ha fondato
“Repubblica”, c’informa che Gesù “è esistito” (è già un passo avanti
rispetto a quello che scriveva tempo fa). Tuttavia di lui – a sentire
Scalfari – parlerebbero solo i Vangeli: “di lui non abbiamo alcun
segnale”.
Nel senso che nessuno, nel suo tempo, avrebbe scritto di Gesù? Già, cosa
volete che siano Giuseppe Flavio, Tacito, Svetonio, Plinio il giovane,
il Talmud babilonese e altre fonti ebraiche e pagane. Per il luminare di
“Repubblica” non esistono le pagine che costoro hanno dedicato a Gesù”.
L’ignorante incontra l’ignorante. Si contagiano a vicenda con la
rispettiva ignoranza. E stanno costruendo il fanta-cattolicesimo. Un
fanta-cattolicesimo pop, dove Giovanni
evangelista è stato “segretario del Battista”, dove le organizzazioni
che non piacciono al Tiranno vengono commissariate, dove il suo potere
non è limitato “da alcuna legge”, nemmeno le leggi della logica; dove
la misericordia darà la Comunione ai divorziati risposati, alle coppie
cattolico-protestanti, e infine alle coppie gay. E il Viagra ai vecchi
(pare che stia pensandoci) . Che problema c’è? La dottrina? Ma la
cultura non serve! Guardate lui quanto potere ha preso, ed è una
scarpa.
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