la polemica non è un male, è solo una forma di confronto crudo sincero, diciamo tutto quello che pensiamo fuori dai denti, e vediamo se riusciamo a far venir fuori le capacità di cui siamo portatori e spenderle per il Bene Comune.
Produrre, organizzare, trovare soluzioni,
impegnarci a far rete, razionalizzare e mettere in comune, attingere alle nostre risorse. CUI PRODEST?
Pensa cchiu' a chi o' dicè ca' a chello ca' dice
L'albero della storia è sempre verde
L'albero della storia è sempre verde
"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"
mercoledì 28 dicembre 2016
Siria - i governati degli Stati Uniti e i loro servi hanno sulla coscienza migliaia e migliaia di morti, hanno creato desolazione e milioni e milioni di profughi, devono essere cancellati dalla faccia della terra
Ad Aleppo, la disfatta morale e intellettuale dell’Occidente
“Primi attacchi aerei dell’aviazione russa in appoggio alle truppe turche ad Al-Bab”.
Chi l’avrebbe mai detto? “Secondo una fonte militare dell’aeroporto
di Kuweires, una squadriglia di caccia Su-24 e Su-34 hanno sferrato
attacchi aerei su Al-Bab, distruggendo vari mezzi appartenenti al
cosiddetto Stato Islamico d’Irak e Al Sham”, che è sempre Daesh.
Secondo alcuni però, i colpi sarebbero diretti alle milizie curde
anti-Assad. Erdogan ha accettato il principio della “integrità
territoriale della Siria” (non certo di buona voglia) perché ciò
comporta l’eliminazione dei sogni indipendentisti curdi?
La notizia (fonte Almasdar New, yemenita sciita) aggiunge che
“nonostante l’appoggio aereo russo, l’armata turca non ha potuto
mantenere il controllo dell’ospedale Al-Faruq e di Jabal al-Akil dopo
che i terroristi dello stato islamico hanno assestato un colpo diretto
con il loro ordigno esplosivo improvvisato”.
Il che rivela forse qualcosa sul temibile esercito turco, il secondo
della NATO. Erdogan ha mandato oltre confine alcune centinaia di
commandos; ma non osa impegnare l’esercito, che è fatto di coscritti, e
che lui ha “purgato” di comandanti come veri e presunti complici di
Gulen.
Secondo l’Osservatorio Siriano dei Diritti Umani (quello fatto da
uno che sta a Londra), “Al Bab è stata giovedì oggetto di vari raid
aerei turchi che hanno ucciso 72 civili, fra cui 21 bambini”.
L’attacco aereo russo invece è di lunedì e non ha fatto vittime civili –
o più probabilmente, sono adesso i turchi ad avere diritto alla loro
quota di accuse di crimini di guerra. Infatti i media italiani hanno
dato il dovuto rilievo.
Le atrocità? Le han fatte i “nostri ribelli”
Fosse comuni, civili trucidati
Su Aleppo, con molto disagio, la “narrativa” sta un po’ cambiando. Si
osa dar notizia del fatto che ad Aleppo la gente festeggia i soldati
dell’esercito nazionale,che i cristiani hanno celebrato il Natale
nella gioia ed hanno ricevuto la visita di Assad e signora, e che si
sono scoperte fosse comuni di civili giustiziati e mutilati dallo
Stato Islamico, ossia dai protetti dalla coalizione internazionale. E’
già un progresso dopo cinque anni che “atrocità” e crimini di guerra,
parecchi dei quali inventati (i gas nervini del 2012) venivano imputati
esclusivamente ad Assad, e negli ultimi giorni prima della liberazione
di Aleppo Est, a Mosca.
Naturalmente dicendo il meno possibile. Nulla sugli ufficiali della
NATO catturati dall’armata siriana in una cantina di Aleppo Est, il cui
numero – dato inizialmente a 14, sarebbe invece di 110. Colpevoli,
nella loro qualità di comandanti dei tagliagole preferiti dalla UE e da
Washington, dei crimini contro l’umanità che i russi coi siriani vanno
scoprendo.
Silenzio sui 100 cadaveri – risultati di soldati siriani catturati –
che i ribelli hanno liquidato col classico colpo alla nuca prima di
sloggiare (che ne dirà Stoltenberg?). Discrezione sui “sette immensi
magazzini con munizioni sufficienti per armare diversi battaglioni di
fanteria” documentati dal portavoce elle forze russe, generale Igor
Konachenkov: “Molti di questi depositi si trovavano in ospedali e
scuole”. Per delicatezza d’animo e non impressionare la Mogherini, le
tv non hanno dato i video che mostrano l’enorme quantità di queste
armi. Che noi stessi, intesi come occidentali, abbiamo fornito loro
perché instaurassero il Califfato.
Sono state trovate anche immani quantità di generi alimentari, ben
nascoste; la dittatura jihadista lasciava la popolazione civile senza
cibo, sequestrava gli “aiuti umanitari” per la sua sbirraglia, e
vietava ai civili di nutrirsene. Su questo, persino l’Osservatorio dei
Diritti Umani in Siria (quello di Londra) ha osato accusare i
terroristi. Un altro segno della graduale modifica della narrativa.
Strano “suicidio” del funzionario NATO
Nessun tentativo mediatico di collegare la ‘caduta di Aleppo Est’ e
la strana morte in Belgio del revisore generale della NATO, Yves
Chandelon, suicidato con un colpo di pistola alla testa nella sua
auto, vicino ad Andenne. L’uomo di pistole ne aveva tre, regolarmente
denunciate; quella con cui s’ ucciso è un’altra, non sua.
Indagava sui finanziamenti ai terroristi
Chissà perché, la famiglia non crede al suicidio; sostiene che
Yves, pochi giorni prima, aveva confidato di sentirsi minacciato da
strane telefonate. Stava indagando sui finanziamenti del terrorismo islamico: cosa che, in fondo, è un segreto di Pulcinella. Il suo ‘suicidio’ apre interessanti questioni: è parte delle pulizie di fine stagione della presidenza Obama, oppure è il sintomo di una spaccatura fra due fazioni interne all’Alleanza Atlantica?
Perché comunque la si metta, quella di Obama, della UE e dei
sauditi e israeliani è una disfatta di prima grandezza. Tanto più se
si tien conto dell’ultima rivelazione di Wikileaks
Dove un documento del governo Usa datato 2006 mostra che Washington
ha progettato il cambiamento di regime in Siria fin da 15 anni fa,
scatenando deliberatamente il bagno di sangue cui abbiamo assistito,
coi 250 mila morti e i sei milioni almeno di profughi e senzatetto.
Progettato in tutti i particolari: dal “giocare le ansie sunnite
sull’influenza iraniana”, all’attizzare “i curdi”, creare divisioni
“in senso ai servizi di sicurezza e militari” del regime, fino alle
denunce false al tribunale dell’Aja di aver fatto uccidere il capo
libanese Hariri (probabilmente ucciso da Sion) e alla diffusione di
falsità demonizzanti contro Assad eil “primo cerchio” del regime – il
compito a cui i nostri media si sono così valorosamente dedicati
diffondendo ogni sorta di fake news imbeccate.
Risultato: l’esclusione degli Usa
Il risultato è che Russia, Turchia e Iran si sono riunite – a
Mosca – per discutere la sistemazione della Siria, senza invitare
Washington.
E’ la disfatta morale, ma anche intellettuale, di Obama, della
strategia neocon e della UE: il Nobel per la Pace è stato sconfitto
politicamente dal “piccolo paese che non produce niente”, la Russia, e
che ai tempi di Eltsin i cervelloni strategici americani avevano
definito “un Alto Volta con i missili”. Ma proprio questo fa
giganteggiare le figure degli indubbi vincitori, Putin e Lavrov: con
quanti pochi mezzi hanno battuto la superpotenza e il suo codazzo di
satelliti.
Come mai? I motivi ha cominciato a provare ad enumerarli il massimo analista strategico franco-svizzero, Guillaume Berlat .
“La definizione di un quadro concettuale globale”
che Putin ha seguito coerentemente e con costanza, dall’inizio delle
“primavere arabe” (laddove Obama le ha provocate con vacue speranze che i
Fratelli Musulmani realizzassero una “democrazia”, mentre per i
neocon la destabilizzazione è un fine in sè).
La declinazione del quadro concettuale attorno ad alcuni principi.
“Stabilizzare il regime siriano per evitare la destabilizzazione anche
regionale (ammaestrato dagli effetti dell’implosione della Libia sulle
aree circostanti), scongiurare la diffusione del virus islamista nel
Caucaso, mantenere la sua base militare in Mediterraneo – giocando gli
Usa e ridicolizzando la UE”, per giunta apparendo come il difensore
dei cristiani e delle altre minoranze perseguitate in Oriente.
Il sagace uso congiunto della forza militare e della diplomazia. “La diplomazia senza le armi è come la musica senza strumenti”,
diceva Bismarck; ma gli Usa si son fatti dettare la politica dal loro
super-armamento, credendo che la potenza degli strumenti esima dal
comporre la musica, perché quelli la suonano da sé.
La psichiatrica follia di questo s’è vista nel settembre scorso,
quando Ashton Carter (capo del Pentagono) ha bombardato le truppe
siriane assediate a Der Ezzor (tra 60 e100 soldati morti, con la
partecipazione di caccia belgi e danesi) al solo scopo di mandare a
monte un accordo stipulato fra John Kerry e Lavrov per condurre
operazioni militari congiunte contro Daesh. Cosa riconosciuta da Kerry
sospiroso: “Purtroppo abbiamo avuto divisioni nelle nostre file che hanno reso l’applicazione dell’accordo estremamente difficile…”.
Patetica figura Kerry, di fronte a Sergei Lavrov, sperimentato non
solo dalla lunga permanenza come ministro, ma dalla precedente
esperienza di diplomatico all’Onu, e assistito dal quadro concettuale”
complessivo stilato con Vladimir Vladimirovic. Di lui rimarrà nella
storia la limpida, chiaroveggente diplomazia inclusiva, così contraria a
quella americana. Infaticabilmente, Lavrov parla con gli iraniani, ma
anche con gli americani traditori e doppi, coi turchi dopo che Erdogan
fa abbattere il caccia russo, parla coi sionisti, perfino coi sauditi,
trattando come legittimi interlocutori le cricche più infide, da leale
interlocutore, lui. Tratta coi “ribelli” siriani, cercando di metterli
al tavolo di pace. E’ stato lui a sventare in extremis l’intervento
occidentale contro Damasco nel 2013, facendo aderire la Siria alla
convenzione di divieto delle armi chimiche.
Quanto alla forza militare, è quella necessaria e sufficiente che
Putin usa in vista di obiettivi chiaramente definiti. Spero si
ricorderà il totale “effetto sorpresa” ottenuto su Washington ed Ankara
con i dispiegamento istantaneo e invisibile dei caccia bombardieri,
l’esibizione delle migliori novità tecniche delle tre armi, abbastanza
da impressionare gli americani e indurli a non rischiare troppo nello
spazio aereo (Erdogan, Hollande volevano da Obama una no-fly zone in
Siria), assumendo anche i necessari rischi ed azzardi – l’abbattimento
del caccia da un rabbioso Erdogan, che oggi è costretto ad agire da
“alleato” di Mosca. Con ciò ha mostrato ai regimi arabi che, lui,
non abbandona gli alleati nelle peste, come hanno fatto altri.
Tutto ciò non sarebbe bastato al successo, nota Berlat, senza quarto
fattore: e qui l’analista evoca un dato morale, di carattere: la forza di una volontà irremovibile.
Non dimentichiamo che in Siria, Putin ha sfidato un paese dieci volte
più armato, una superpotenza economicamente dieci volte superiore, che
non si esenta da atti criminali e talora da sussulti irrazionali, da
idrofobia.
L’inflessibilità della volontà s’è dimostrata nella assoluta impermeabilità, spesso ironica, al martellamento mediatico. “I cani occidentali abbaiano, la carovana russa passa”,
il Cremlino non si fa deviare nemmeno d’un metro dalla traiettoria
iniziale dalla guerra mediatica. Il sistema mediatico occidentale s’è
coperto di vergogna diffondendo propaganda e menzogne plateali; i
governanti si sono compromessi in interviste con asserzioni
irresponsabili e minacce delinquenziali, dichiarazioni estemporanee,
rivelazioni controproducenti (tipo “Al Qaeda, sul terreno, fa un buon
lavoro”). Putin parla quanto basta; usa il potere di veto all’Onu
quando occorre, senza farsi intimidire; Lavrov non si abbandona alle
emozioni, entrambi si impegnano in incontri utili e riservati, come
quello che ha restituito temporaneamente la ragione a Erdogan.
E’ una forza di volontà intelligente,
sostenuta da realismo, pragmatismo e sangue freddo. Gli occidentali
perdono vistosamente d’intelligenza, credono alle loro proprie
menzogne, se ne fanno irretire: invocano “interventi umanitari” per
rifornire tagliagole wahabiti resi folli dal captagon, di fronte ai
quali Assad è fin troppo evidentemente più civile e preferibile;
farneticano di una “opposizione democratica” che sanno benissimo non
esistere, trattandosi di mercenari stranieri pagati dai sauditi;
invocano “tregue” che hanno l’unico scopo di salvare i terroristi da
loro armati, e ormai alle corde. E tutto ciò, nonostante gli sforzi
mediatici, si vede ad occhio nudo. “Tutto, nel racconto occidentale su Aleppo, sa di truffa e inganno”, ha scritto Fulvio Scaglione su Famiglia Cristiana.
Mogherini, Hollande e Merkel intimano ai russi, che trattano da
criminali di guerra, di aprire corridoi umanitari. Ma “i “corridoi”
esistono già, i civili sono già stati evacuati dai quartieri orientali
di Aleppo dalle forze governative siriane e soprattutto dai russi che
hanno anche messo in campo (a differenza della Ue) una mole imponente di
aiuti umanitari per gli sfollati, proporzionale al loro impegno
bellico. Persino i ribelli vengono portati con i loro famigliari (e i
pochi civili che intendono seguirli) in aree controllate dalle milizie a
cui appartengono con la supervisione della Croce Rossa Internazionale”,
scrive la NBQ, che titola opportunamente: “Ad Aleppo, la UE perde la
faccia”.
L’Unione Europea si è attenuta ad una rappresentazione della realtà
“deforme in modo abissale” sulla Siria, per di più condita dal
sentimento ingiustificato di non si sa quale superiorità civile e
morale, che è un’imitazione dell’altrettanto ingiustificato senso della
“eccezionalità” americana di cui Obama si riempie la bocca. “Noi” siamo
l’Occidente, “noi” siamo la civiltà, l’umanitarismo e la democrazia,
“Assad must go”,Putin è un dittatore…senza accorgersi della rozzezza e
del semplicismo delle loro visioni che li ha portati ad una vera
disfatta – intellettuale e morale.
E’ in nome di questa ‘superiorità’ che Obama, prima di Natale, ha
firmato il decreto per consegnare ai ribelli in Siria i missili
anti-aerei a spalla; “un atto ostile” l’ha definito la portavoce di
Lavrov, Maria Zakharova.
E’ stato forse per suo ordine che il noto “incidente aereo” ha
sterminato il coro dell’armata rossa. Non riesce proprio a capire che
versare sangue non è un sostituto per l’intelligenza che gli manca,
la malvagità e le vendette postume non bastano a rimpiazzare una
strategia, una diplomazia, una politica estera impotente.
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