E’ scattata dalla mezzanotte il cessate il fuoco in Siria, con poche
violazioni segnalate soprattutto nella provincia settentrionale di Hama.
Nei pressi della città con una nutrita minoranza cristiana, miliziani
islamisti hanno attaccato le forze di Bashar Assad, ha riferito
l’Osservatorio siriano per i diritti umani, una Ong vicina
all’opposizione con sede a Londra. Dopo intensi combattimenti, i soldati
sono stati costretti a ritirarsi da una collina nella zona di Maharda.
Anche gli abitanti del distretto di Ghouta, nel settore orientale di
Damasco, hanno riferito di colpi di arma da fuoco due ore dopo l’entrata
in vigore della tregua. Altri incidenti “isolati” si sono verificati a
Idlib, nel nord-ovest della Siria.
Dall’intesa per la tregua tra il governo e 7 gruppi ribelli, mediata
da Russia e Turchia che ne sono i garanti, sono esclusi i “gruppi
terroristici” come l’Isis e i qaedisti di Fatah al-Sham, già Fronte al
Nusra.
Vladimir Putin ha annunciato ieri in diretta televisiva l accordo per il
cessate-il-fuoco che è entrato in vigore a mezzanotte. “Sono stati
firmati tre documenti. Il primo tra il governo siriano e le forze armate
dell’opposizione per il cessate il fuoco su tutto il territorio della
Repubblica araba siriana” ha detto Putin mentre gli altri due riguardano
le misure di monitoraggio della tregua e “una dichiarazione di
disponibilità ad avviare i negoziati di pace per la soluzione della
crisi siriana”. Colloqui che Mosca ha già messo in cantiere per gennaio
ad Astana, capitale del Kazakistan, e a cui parteciperanno l’Iran, la
Turchia e altre “potenze regionali” tra cui spicca l’Egitto come
“garante”.
Il presidente Abdel Fattah al-Sisi è arrivato ai ferri corti con il suo
principale sponsor, l’Arabia Saudita, proprio per il sostegno espresso
al regime di Bashar Assad, al punto che da tempo circolano voci, sempre
smentite dal Cairo, circa l’invio di truppe egiziane in Siria.
Il ministro della Difesa russo Shoigu ha aggiunto che l’accordo è stato
firmato da 7 gruppi, “il fulcro” dell’opposizione e le principali forze
in campo con oltre 50mila combattenti”.
Putin ha comunque definito gli accordi “fragili” e che “richiedono molta
attenzione e pazienza oltre a un costante contatto con i partner” ma ha
annunciato una riduzione delle forze schierate nel Paese anche se “la
Russia continuerà a combattere il terrorismo in Siria”.
Già nel marzo scorso Mosca aveva annunciato un ridimensionamento delle sue forze in Siria che poi non si era concretizzato.
I 7 gruppi che hanno aderito alla tregua sono tutti attivi nel nord e nel centro della Siria. Si tratta di:
1. Feilak al-Sham, conta 4.000 uomini, attivi nelle province di Aleppo, Hama, Homs;
2. Ahrara al-Sham (nome completo Harakat Ahrar al-Sham
al-Islamiyya) gruppo Salafita forte di 16mila uomini, che combattono
nelle province di Aleppo, Damasco, Daraa, Idlib, Latakia, Hama e Homs;
3. Jaysh al-Islam, gruppo Salafita di circa 12mila uomini dislocati tra Aleppo, Damasco, Daraa, Deir ez-Zor, Latakia, Hama e Homs;
4. Thuwar al-Sham, 2.500 uomini, le sue formazioni armate hanno combattuto nelle province di Aleppo, Idlib e Latakia;
5. Jaysh al-Mujhaiddin, in tutto 8.000 uomini attivi nella città di Aleppo e provincia circostante, oltre a Idlib e Hama;
6. Jaysh Idlib, oltre 6.000 combattenti nella provincia di Idlib;
7. Jabhat al-Shamiyah, milizia Salafita composta da 3.000 uomini attivi nelle province di Aleppo. Idlib e Damasco.
Si tratta di milizie “moderate” ma anche di importanti forze
islamiste di matrice Salafita che sul campo di battaglia sono per lo più
circondate e candidate a subire nuovi smacchi se continuassero a
combattere, specie ora che la Turchia ha cessato di consentire il
passaggio dei rifornimenti destinati ai ribelli attraverso il suo
territorio.
Il fatto che i ribelli abbiano perduto terreno in queste settimane
rappresenta un importante elemento a favore di un piano di pace. Proprio
ieri i vertici dell’Alto comitato per i negoziati (Hnc), il gruppo
ombrello che racchiude gran parte dei movimenti di opposizione armata,
ha affermato che le risorse sono ormai limitate e “non è più possibile
continuare” i combattimenti.
Walid Muallem, ministro siriano degli Esteri, afferma che “vi è una
vera possibilità di raggiungere un accordo politico per mettere fine al
bagno di sangue e porre le basi per il futuro del Paese”.
In termini militari la tenuta della tregua è complicata dal fatto che le
milizie aderenti all’intesa operano a fianco dei qaedisti di Fatah
al-Sham esclusi dall’accordo.
Sul piano politico l’intesa in Siria è un successo di Putin
suggellato dalla richiesta formulata ieri dall’inviato dell’Onu per la
Siria, Staffan De Mistura, di consentire anche alle Nazioni Unite di
partecipare ai negoziati e dall’isteria anti-russa dell’Amministrazione
Obama (ormai agli sgoccioli ) che regala al presidente russo il “lusso”
di non replicare con adeguate rappresaglie all’espulsione di 35
diplomatici russi dagli Stati Uniti motivata con l’accusa di intrusioni
degli hacker di Mosca nella recente competizione elettorale americana.
La “svolta” turca
Russia e Iran restano i garanti del regime di Assad mentre va registrato
l’ennesima frizione tra Ankara e gli (ex?) alleati Occidentali.
L’intesa per la tregua garantisce ai turchi la sicurezza dei i confini
meridionali pur ridimensionando le ambizioni di Recep Tayyp Erdogan che
puntava a rovesciare il regime di Damasco con il quale ora si accorda
indirettamente. Ieri per la prima volta i bombardieri Sukhoi russi hanno
colpito obiettivi dello Stato Islamico intorno ad al-Bab, una trentina
di chilometri a nord-est di Aleppo.
In questo settore le truppe turche entrate in Siria con l’operazione
“Scudo dell’Eufrate” registrano molte difficoltà oltre a diversi caduti
mentre l’Esercito turco ha annunciato oggi di aver ucciso dall’inizio
dell’operazione, il 24 agosto, “1.171 terroristi dell’Isis e 291
terroristi del Pkk/Pyd” per un totale, tra nemici uccisi e catturati di
1.294 jihadisti e 306 curdi.
Ankara aveva chiesto nei giorni scorsi inutilmente soccorso alla
Coalizione a guida statunitense nell’area di al-Bab, un aiuto giunto
invece da Mosca in un contesto impensabile fino a pochi mesi or sono
(solo 13 mesi fa i turchi abbatterono un Su-24 russo sul confine
siriano) che allontana ulteriormente la Turchia dagli Usa e dalla Nato.
Aspetto che certo non dispiacerà a Vladimir Putin che ora sembra avere
molte possibilità di vendere ai turchi il sistema di difesa aerea
antimissile S-400, non integrabile nel dispositivo di difesa aerea
dell’Alleanza Atlantica.
Assad umilia l’Europa
Bashar al-Assad in un’intervista alle News Mediaset ha ricordato che
tutte le organizzazioni terroristiche hanno in comune l‘ideologia
wahabita saudita schiaffeggiando i governi europei la cui priorità “non è
la lotta al terrorismo”, ma usare i jihadisti “per cambiare governi e
eliminare presidenti non graditi”.
”Possiamo parlare di Istato Islamico, di Al-Nusra o di altre
organizzazioni con la stessa mentalità ed ideologia oscurantista. Il
primo problema di tutte queste organizzazioni – sottolinea Assad – è
l’ideologia wahabita. Se non ci si confronta con questa ideologia in
Europa, qui in Siria e nel resto del mondo, non si possono affrontare
l’estremismo e il suo prodotto che è il terrorismo”, afferma Assad. “Se
non ti confronti con l’ideologia stai affrontando solo parzialmente il
problema. In questo momento c’è un altro aspetto fondamentale del
problema, che è il supporto occidentale ai terroristi. Magari non all’Is
in quanto tale ma ad altre diverse etichette, come ad esempio i
‘moderati’ o i ‘caschi bianchi’.
Danno nomi che sembrano quelli di associazioni umanitarie per avere una
copertura e raggiungere i loro obbiettivi politici. La priorità dei
governi europei non è la lotta al terrorismo, ma usare queste ‘carte’
per cambiare governi e eliminare presidenti non graditi”.
“Con queste politiche – prosegue il leader siriano – non si vince
contro il terrorismo nel mondo, e questo spiega perché non sia cambiato
niente in Europa, dove i terroristi colpiscono ancora liberamente perché
le autorità occidentali non hanno un metodo serio nell’aggredire questo
problema”. “Non si può ancora dire che la guerra sia finita fino a che
non si eliminano i terroristi in Siria. I terroristi purtroppo godono
ancora di supporto esterno da parte di altri paesi.
Tra questi la Turchia, il Qatar, l’Arabia Saudita, e anche molti
paesi Occidentali. E’ qualcosa che non è cambiato e fa sì che la guerra
continui. Ma la sconfitta dei terroristi ad Aleppo è un passo importante
verso la fine della guerra. Se non ci fosse il supporto esterno ai
terroristi non sarebbe per niente difficile debellarli del tutto in
Siria, e a quel punto potremmo parlare di fine della guerra” ha detto
Assad all’inviato Leonardo Panetta.
Il presidente ha mostrato un cauto ottimismo sulla nomina di Donald
Trump alla presidenza degli Stati Uniti: “Non conosciamo quali politiche
adotterà nei confronti della nostra regione. E’ importante capire –
osserva – come si relazionerà con le varie lobbies americane che si
oppongono a qualsiasi soluzione in Siria, o a buone relazioni con la
Russia. Ma si può dire che parte del nostro ottimismo è legato a
migliori relazioni tra Stati Uniti e Russia. Se i rapporti tra queste
due potenze migliorassero davvero, molti Paesi piccoli, inclusa la
Siria, ne beneficerebbero e si potrebbe intravedere una soluzione per la
Siria – conclude Assad – Allo stesso tempo Trump ha detto, durante la
campagna elettorale, che la sua priorità è la lotta contro il terrorismo
e noi crediamo che questo sia l’inizio della risoluzione del problema”.
Gli amici dei jihadisti
Il governo siriano aveva umiliato arabi e occidentali rendendo nota il
17 dicembre la cattura ad Aleppo Est di 14 “consiglieri militari”
stranieri che affiancavano le milizie ribelli rendendo noti i nomi di
ufficiali degli eserciti di Israele, Turchia, USA, Giordania, Arabia
Saudita, Marocco e Qatar.
Ecco i loro nomi annunciati dal deputato di Aleppo Fares Shehabi:
Mutaz Kanoğlu – Turchia
David Scott Weiner – US
David Shlomo Aram – Israele
Muhamad Tamimi – Qatar
Muhamad Ahmad Assabian – Saudita
Abd-el-Menham Fahd al Harij – Saudita
Islam Salam Ezzahran Al Hajlan – Saudita
Ahmed Ben Naoufel Al Darij – Saudita
Muhamad Hassan Al Sabihi – Saudita
Hamad Fahad Al Dousri – Saudita
Amjad Qassem Al Tiraoui – Giordania
Qassem Saad Al Shamry – Saudita
Ayman Qassem Al Thahalbi – Saudita
Mohamed Ech-Chafihi El Idrissi – Marocco
Ufficiali rimasti intrappolati con i miliziani, nella sala operativa
segreta istituita nello scantinato di un edificio nel Suq al-Luz, in via
al-Sharad, ad Aleppo est, la cui lista ha avuto ben poco spazio sui
media occidentali. Altre fonti siriane riferiscono della presenza nel
comando dei ribelli anche di consiglieri britannici, francesi e
tedeschi.
Come ricorda
Ennio Remondino nel suo blog, già
nel mese di settembre numerosi rapporti di intelligence avevano
suggerito che un centro di comando occidentale fosse situato dietro le
linee dei terroristi di Jabat Fatah al-Sham (ex Jabat al-Nusra), e che
era stato preso di mira e parzialmente distrutto da un attacco
missilistico russo. Nel giugno 2016 il Telegraph aveva rivelato che le
forze speciali britanniche stavano fornendo aiuti logistici a un gruppo
ribelle con la costruzione di difese per rendere i bunker sicuri.
Ben poca visibilità ha avuto in Europa anche la notizia diffusa
dall’organo di stampa governativo russo Sputnik che rivela come i
genieri dell’esercito di Mosca che stanno bonificando Aleppo Est dai
residuati bellici abbiano rinvenuto tonnellate di armi e munizioni
prodotte in Paesi della Nato quali Germania, Stati Uniti e Bulgaria
“Ci sono granate e munizioni per armi da fuoco, anche razzi Grad,
proiettili d’artiglieria da 122 millimetri, bombe a mano, lanciagranate e
munizioni sono di fabbricazione americana, bulgara e tedesca” ha
riferito il comandante del reparto di sminatori Ivan Gromov.
A partire dal 5 dicembre i soldati russi hanno bonificato una superficie
di 966 ettari nella parte orientale di Aleppo. In precedenza la
portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova
aveva evidenziato
la notizia diffusa dai media bulgari sulla scoperta in un deposito
d’armi degli islamisti in una delle zone liberate di Aleppo di munizioni
prodotte in Bulgaria
Già nei mesi scorsi
era emerso che
le monarchie del Golfo Persico avevano acquistato dal 2012 per circa
1,2 miliardi di dollari ingenti quantità di surplus degli eserciti
dell’Europa Orientale per rifornire attraverso la Turchia i ribelli
siriani. Si tratterebbe di almeno 10 mila kalashnikov, 6.300
mitragliatrici pesanti, 18.500 mila lanciarazzi Rpg7, 300 carri armati,
250 cannoni antiaerei, 90 lanciarazzi campali e 364,5 milioni di
munizioni di varo calibro.
Armi provenienti da Bosnia-Herzegovina, Slovacchia, Serbia, Bulgaria, Montenegro, Repubblica Ceca, Romania e Croazia.
Sempre Sputnik ha riferito (non smentito) dettagli sul coinvolgimento
dell’Alleanza Atlantica nel supporto bellico ai ribelli. “Si sa per
certo che da una base NATO in Turchia vengono trasmessi importanti dati
di intelligence ai gruppi di comando dei terroristi e fra questi le
coordinate degli obiettivi da colpire con l’artiglieria ed i missili di
cui i miliziani dispongono. Le comunicazioni sono state intercettate
dall’intelligence russa che ha individuato le postazioni di comando dei
terroristi fra cui erano mescolati alcuni ufficiali della NATO con
compiti di comando e coordinamento».
Della questione degli ufficiali Nato si sarebbe discusso in una
riunione riservata al Consiglio di Sicurezza dell’Onu e la loro
liberazione sarebbe oggetto di negoziati.
Se il ruolo arabo (e fino a ieri anche turco) nel supporto ai ribelli è
da tempo evidente, ben più imbarazzante risulta per le cancellerie
occidentali l’evidente coinvolgimento di Usa ed Europa nell’appoggiare
milizie la cui ideologia coincide con quella dei terroristi che
colpiscono in nome dell’Islam sulle due sponde dell’Atlantico.
Foto: AP, Reuters, SANA, Getty Images e RIA Novisti
http://www.analisidifesa.it/2016/12/la-casbah-alle-porte-di-milano-qui-amri-ha-cercato-aiuto/
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