L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

sabato 15 ottobre 2016

Un gruppo dirigente che caccia via un sindaco innocente e consegna Roma ai cinque stelle non è particolarmente geniale. Ed è quello che ha fatto i cambiamenti costituzionali. Gli asini volano

Referendum Costituzionale: intervista a Massimo D’Alema

Da Massimo Turci14 ottobre 2016





Il 10 ottobre 2016, presso le artificerie dell’Almagià, presso il quartiere Darsena della città di Ravenna, si è svolto l’incontro con Massimo D’Alema sulla riforma costituzionale. L’incontro è stato introdotto da Giorgio Stamboulis. Ecco il resoconto dettagliato del dibattito.
Il refendum costituzionale e il quadro politico europeo

Giorgio Stamboulis: gli schieramenti per il sì e per il no sono trasversali e compositi; come interpretare che Matteo Renzi, leader del Pd, un tempo di centrosinistra, ora si collochi dalla stessa parte di Confindustria nel referendum costituzionale?

Massimo D’Alema: la riforma costituzionale è sbagliata, confusa e riduce la sovranità popolare. L’Europa è pervasa da tensioni drammatiche che seguono la crisi della democrazia europea, a lungo incentrata sul confronto tra centrodestra conservatore e centrosinistra socialdemocratico. Sorgono movimenti e partiti contrari all’establishment, antieuropei e contrari all’integrazione europea. C’è una frammentazione dei sistemi politici con la conseguente perdita di ruolo degli stati europei, e mancato decollo della democrazia europea. Finora abbiamo avuto un governo tecnocratico europeo. Ci sono spinte democratiche nel parlamento europeo che però non è più il cuore della costruzione europea; è prigioniero di una gabbia di regole imposte dai tecnocrati.

I cittadini reagiscono con chiusure nazionalistiche o con rivolte anti immigrati, oppure con movimenti di sinistra come Podemos in Spagna o con Syriza in Grecia. Ci sono anche movimenti ambigui come M5S, non immediatamente classificabile come movimento di destra. Si tratta di un panorama politico frastagliato, in cui è evidente la crisi dei sistemi europei. C’è la ricerca di nuovi spazi politici da parte dei cittadini europei. Una grande banca d’affari come la JP Morgan ha dedicato uno studio alle costituzioni dei paesi del mar Mediterraneo, rilevando che i parlamenti contano troppo, che c’è troppa partecipazione popolare e scarso peso dei governi.

La riforma, sostenuta dalla Confindustria, va incontro alle richieste della JP Morgan. Da una parte c’è la grande finanza mondiale, dall’altra la Cgil e l’Anpi. Lo scontro quindi è anche sociale, ed è anomalo che il Pd sia schierato con la Confindustria e con la grande finanza. Massimo D’Alema appartiene invece alla storia di una sinistra moderata. La sinistra europea è attraversata da un dilemma: di fronte alla crescita delle spinte contro il sistema, che cosa deve fare la sinistra europea?

Anche i conservatori perdono consensi, in Germania la Cdu perde consensi a favore della Afd. O si fanno alleanze tra i partiti tradizionali contro le forze anti sistema, oppure si cercano alternative al pensiero unico neoliberista. In Spagna, Pedro Sanchez si è dimesso perché una parte del partito vuole allearsi con il partito popolare. In Portogallo invece si è costruita un’alternativa di sinistra. Ci sono diverse esperienze, quindi, ma il grande dilemma della sinistra europea è: puntare al centro e difendere il sistema, o costruire un’alternativa al predominio del pensiero unico neoliberista?

L’esperienza italiana guarda al centro. L’alleanza originaria tra il Pd e Sel si è rotta per puntare all’alleanza con le forze di centrodestra (Casini e Verdini). Qual è la prospettiva del Pd? Andare alle elezioni con Alfano e con Verdini? Oppure vogliamo ricostruire il centrosinistra, andando alla ricerca del nostro popolo? Dalle ultime elezioni europee, il Pd ha perso 3 milioni di voti nel suo elettorato tradizionale; c’è stato un crollo in Toscana, in Emilia, in Umbria. Da un milione di voti per Vasco Errani si è passati a 675.000 voti per Stefano Bonaccini.

Il grosso dell’elettorato di sinistra ha deciso di non andare a votare e di disconoscere il Pd, come è accaduto nelle ultime elezioni comunali. Ma Matteo Renzi ha detto che tutto questo non lo riguarda. Però il Pd ha perso la metà dei comuni che governava. E’ Matteo Renzi che ha consegnato l’Italia al movimento cinque stelle di Beppe Grillo. Ha cacciato come un ladro di polli Ignazio Marino davanti ad un notaio, per consegnare Roma a Virginia Raggi e per ritrovarsi con l’ex sindaco Ignazio Marino infuriato con il Pd. Un gruppo dirigente che caccia via un sindaco innocente e consegna Roma ai cinque stelle non è particolarmente geniale. Con questo clima ci stiamo avvicinando al referendum.


Come è nata questa riforma costituzionale?

Giorgio Stamboulis: come è nata questa riforma costituzionale? Una Costituzione deve radicarsi in un processo democratico, questa riforma costituzionale invece ha le caratteristiche di una riforma verticistica, decisa da un segretario di partito, che impone di cambiare la Costituzione, con un deficit di democrazia.

Massimo D’Alema: C’è stato un deficit di democrazia nel metodo adottato per la riforma costituzionale; in questo caso la forma è anche sostanza. Si sarebbe adottare il metodo usato per fare la Costituzione del 1948. I costituenti erano politicamente divisi, ma scrissero insieme la Costituzione. E senza che di essa se ne occupasse il governo, come diceva Pietro Calamandrei, secondo il quale, quando si parla di riforme costituzionali i bachi del governo devono restare vuoti.

De Gasperi ad esempio non intervenne nel processo di scrittura della Costituzione. Nel 1948 De Gasperi governava con il Pci ed il Psi all’opposizione, ma la Costituzione, l’arca dell’alleanza, come la definiva Togliatti, fu approvata con il consenso di tutte le forze democratiche. “La sicurezza, i diritti e le libertà di ognuno risiedono nella stabilità della Costituzione, che non può essere alla mercè di una maggioranza. Si tratta del manifesto dei valori e dei principi del Pd del 2008. Questo brano, questa visione, è stata violata da Matteo Renzi. Non si impongono a colpi di maggioranza la revisione di 47 articoli della Costituzione, e non lo si fa se si sta in un parlamento frutto di un premio di maggioranza giudicato incostituzionale.

E questo consiglia prudenza e senso della misua che il Pd non può non avere. Non si può modificare la Costituzione a colpi di maggioranza. Quando la Costituzione è alla mercè delle mutevoli maggioranze politiche, e scade al livello delle leggi ordinarie, è in discussione qualche cosa di più grave della stabilità dei governi. E’ in gioco la stabilità delle istituzioni democratiche. Ora tutte le maggioranze future possono cambiare la Costituzione, con il potere economico dalla loro parte. Siamo sull’orlo della democrazia.

Ci sono stati due precedenti: nel 2001 la riforma del titolo quinto della Costituzione da parte del centrosinistra, a maggioranza. Massimo D’Alema disse che era un errore approvare a colpi di maggioranza la riforma costituzionale del 2001, perché si sarebbe creato un precedente politico pericoloso. Fu Rutelli, candidato leader del centrosinistra, che insistette affinchè la riforma costituzionale fosse approvata al più presto, nella speranza che avrebbe allontanato gli elettori dalla Lega e che avrebbe aiutato il centrosinistra a vincere le elezioni. Ma si rivelò un calcolo sbagliato. Poi anche Berlusconi fece una riforma costituzionale, e quella approvata da Matteo Renzi è simile alla riforma costituzionale di Berlusconi del 2005, che prevedeva la fine del bicameralismo perfetto e la diminuizione dei parlamentari.

Ci sono molti punti di contatto tra la riforma costituzionale di Berlusconi e quella di Matteo Renzi. La riforma di Berlusconi sviliva il ruolo del parlamento, una cosa inaccettabile. Si trattava di un parlamento di camerieri, come ebbe a dire un politico del centrosinistra, ora sostenitore del Sì al referendum costituzionale. Stiamo costruendo una Costituzione che va bene per un capo, ma rischiamo di confezionare un abito perfetto per il nostro leader, ma che dovrà essere indossato dal M5S.

Alle ultime elezioni comunali il Pd ha perso 19 comuni su 20. La legge elettorale Italicum è perfetta per dare la maggioranza al M5S. Le Costituzioni non si impongono a colpi di maggioranza. Il metodo costituente deve ricercare l’intesa più ampia tra le forze politiche. A quel punto tanto valeva la pena di intervenire in modo mirato e limitato sulla Costituzione, impostando un referendum articolato su più quesiti. Si è invece voluto concentrare la riforma costituzionale in un solo disegno di legge.

Ma quando si vota una riforma costituzionale che, intervenendo su 47 articoli della Costituzione, è voluminosa quanto un libro, non si tratta più di un referendum ma di un plebiscito, e ai plebisciti si vota no a prescindere. Quando il leader del partito di maggioranza relativa confeziona manifesti elettorali con lo slogan “Basta con i politici!”, è legittimo essere spaventati.

Quali sono i punti più pericolosi della riforma costituzionale?

Giorgio Stamboulis: quali sono i punti più pericolosi della riforma costituzionale?

Massimo D’Alema: Questa riforma è pasticciata e confusa; è sufficiente leggere l’articolo 70 della riforma costituzionale per rendersene conto e non votarla. Il bicameralismo resta e si crea una camera di serie B. Non si è voluto un vero senato federale; la riforma costituzionale indebolisce gli enti locali ed in particolare le regioni; i presidenti delle regioni dovrebbero ribellarsi, perché la riforma costituzionale permette al governo di intervenire nelle materie di competenza regionale, con la clausola di supremazia.

Eppure restano le regioni con statuto speciale, nelle quali il governo non può intervenire, sancendo così una differenza nei diritti dei cittadini delle regioni a statuto ordinario e quelli delle regioni a statuto speciale. Il governo del fare è uno slogan vecchio, non ci si sarebbe aspettati che sarebbe tornato proprio nel Pd, è stata un’amara sorpresa. La riforma costituzionale promuove una grande concentrazione di poteri nelle mani del governo, offrendo ai consiglieri regionali l’opportunità di fregiarsi del titolo di senatori e dell’immunità parlamentare. La camera delle regioni è inutile, perché in parte resta il bicameralismo perfetto, sui trattati Ue, e sulle leggi costituzionali.

La riforma non dice che cosa bisogna fare nel caso in cui su queste questioni ci siano maggioranze diverse fra camera e senato, con il rischio di paralisi dei lavori parlamentari. Il senato ha il potere di richiamo, che però non è un potere autentico. Invece il senato federale americano, ad esempio, una camera che rappresenta i territori e poi i cittadini, ha poteri effettivi. Se si decide il taglio della sanità pubblica, il potere di veto del senato, camera delle regioni, ha senso. Il senato ha il potere di ratificare le leggi regionali, ma non può legiferare in materie regionali, e questo è un paradosso. Matteo Renzi è pronto a ridisegnare la legge elettorale, ma solo dopo il referendum: se vince il no, è obbligatorio rifare la legge elettorale, se vince il sì non si sa.

Secondo Massimo D’Alema, se vince il sì andiamo alle elezioni con Italicum e con l’alleanza tra il Pd, Ala di Verdini e Ap di Alfano. Ma, a prescindere dalla legge elettorale, la riforma costituzionale è sbagliata sia nel metodo che nella sostanza. L’Ulivo aveva proposto il senato federale, ma quello proposto dalla riforma costituzionale di Renzi non lo è. Massimo D’alema è favorevole ad un governo forte ed autorevole, con un presidente del consiglio avente il diritto di sostituire un ministro, e con la sfiducia costruttiva. Ma serve anche un parlamento forte, eletto con un sistema elettorale uninominale.

La Costituzione, bene comune

Giorgio Stamboulis: E’ stato evocato l’Ulivo e il centrosinistra; la Costituzione è un bene comune, e allora qual è il rapporto tra centrosinistra e beni comuni? Nella Costituzione si è inserito il pareggio di bilancio senza discussioni appropriate, perché?

Massimo D’Alema: Innanzitutto dobbiamo intenderci su quelli che sono i beni comuni: ad esempio l’aria e l’acqua; i comuni non hanno ceduto la proprietà dell’acqua, semmai hanno ceduto ai privati la gestione del servizio di distribuzione dell’acqua. La riforma dell’articolo 81 della Costituzione è discutibile, e alla fine si è introdotto non il pareggio di bilancio, ma l’equilibrio strutturale nei conti pubblici.

Secondo Massimo D’Alema è necessario togliere dal calcolo della spesa pubblica gli investimenti pubblici, perché sono finalizzati a produrre ricchezza. La lievitazione della spesa pubblica è un problema di responsabilità verso le generazioni future; con la fine dell’Ulivo, il rapporto debito/pil è passato dal 121% al 101%; e senza tagliare la spesa sociale e i diritti collettivi. Ora il rapporto debito/pil è arrivato al 132%.

I governi dell’Ulivo facevano investimenti pubblici per 45 miliardi di euro, oggi ci sono solo 28 miliardi di investimenti pubblici, peraltro bloccati. Per questo l’Italia non cresce, anche perché si tagliano i diritti sociali, e non si investe, in ricerca e infrastrutture. La sinistra non deve permettere che si lasci in eredità ai nostri figli un debito pubblico enorme. E’ necessario un coordinamento ed una centralizzazione degli acquisti pubblici, per diminuire la spesa pubblica. Ci sono modi intelligenti per diminuire la spesa pubblica, senza tagliare sanità, sicurezza e scuola. Su questo si misura la capacità di fare l’interesse dei cittadini.

Che cosa dobbiamo ancora attuare della Costituzione?

Giorgio Stamboulis: che cosa dobbiamo ancora attuare della Costituzione?

Massimo D’Alema: Innanzitutto una premessa: se vince il no, non si va ad elezioni anticipate; e si farà una proposta per una limitata modifica della Costituzione. Un solo articolo con tre commi: primo comma: ridurre i deputati da 630 a 400, e i senatori da 315 a 200; secondo comma: elezione dei parlamentari a suffragio universale, con elezione diretta; terzo comma: durante un esame di un disegno di legge, se ci sono diverse maggioranze tra camera e senato, si sottopone il testo ad un comitato di conciliazione, che scrive il testo definitivo da sottoporre al voto del parlamento.

In questo modo si semplifica il percorso legislativo e si fissano tempi certi per l’approvazione della legge. Tutti i parlamentari che si esprimono per il no sono disposti a sottoscrivere questa nuova riforma, Forza Italia, M5S e Lega la voterebbero. Se vincerà il sì avremo una Costituzione in cui metà del paese non si riconosce. E’ possibile dare al no un contenuto positivo, e riformista, con un metodo costituente che coinvolga tutte le forze politiche.

Una riforma costituzionale ambiziosa

Giorgio Stamboulis: perché una riforma costituzionale tanto ambiziosa, che modifica ben 47 articoli?

Massimo D’Alema: per fare la camera delle regioni bisogna per forza di cose modificare tanti articoli. Quello che è discutibile è la forte spinta accentratrice del governo attuale, che non si manifesta solo con la riforma costituzionale, ma anche con la riforma della dirigenza pubblica: i dirigenti statali perdono le loro funzioni ed entrano a fare parte di un albo e di una commissione di Palazzo Chigi che decide chi avrà competenze dirigenziali effettive. L’intera pubblica amministrazione dipenderà dalla decisione politica di una commissione governativa; questo determina un potere di ricatto del governo verso la pubblica amministrazione.

La dirigenza pubblica sarà asservita al potere politico, riducendo le garanzie dei cittadini secondo uno schema già collaudato nel rapporto stato e regioni. La riforma costituzionale dà al governo un governo un potere enorme, non è vero che non tocca i poteri del governo. Si riduce lo spazio della sovranità popolare: questa riforma piace a Marchionne e alla Confindustria, ma non corrisponde all’interesse dei cittadini italiani. Berlusconi non sta facendo campagna per il no, Confalonieri è per il sì. Questo referendum taglia in due il paese: da una parte il potere, dall’altra i cittadini.

Trump contro il globalismo e questo i capitalisti ebrei che hanno nome e cognome non lo possono sopportare


“TRUMP E’ (anche) ANTISEMITA!”. GIUDICATE VOI…
Maurizio Blondet 15 ottobre 2016

“Donald Trump ha appena fatto un discorso antisemita. Che sgocciola odio. Internet è orripilata!”. Così titola Raw Story, un sito tenuto da tale Ed Schultz, ovviamente J.

Raw Story riporta le frasi “stillanti odio”. Per esempio, “Trump ha tratteggiato il voto dell’8 novembre come una scelta apocalittica”.

Trump ha detto: “Questa elezione non è una delle solite che avvengono ogni quattro anni. E’ un bivio della storia della nostra civiltà che deciderà se noi, il popolo, riprenderemo o no il controllo sul nostro Stato. L’Establishment politico che cerca di fermarci è lo stesso gruppo che è responsabile dei nostri trattati commerciali disastrosi, della enorme immigrazione illegale, e della politica estera che ha dissanguato il nostro paese”.

“Questa elezione – ha proseguito – deciderà se restiamo un paese libero nel più vero senso della parola o se diventeremo una repubblica delle banane corrotta, controllata da grossi donatori e governi esteri: l’elezione di Hillary Clinton porterebbe la distruzione del nostro paese”.

Seguono gli strilli apparsi su Internet: “Mussolini in pieno!”, strilla David Galiel; “Perché nessuno lo accusa di antisemitismo?” domanda Ken Borsuk. “L’antisemitismo di Trump non ha suscitato abbastanza allarme!”, si indigna Elliott Lusztig. “E poi venitemi adire che Trump e la sua campagna non sono antisemiti..”, ironizza Sherri. “Ha detto davvero questo? Perché chi non si accorge che la sua frase ha dei toni antisemitici, non pensa chiaro”, dice Josh Hammer. Lasciamo al lettore di leggere le alte strida di indignazione per “l’antisemita”.

https://www.rawstory.com/2016/10/trump-just-gave-an-anti-semitic-speech-dripping-with-hatred-and-the-internet-is-horrified/

Il punto è: chi non è ebreo come Josh, Galiel o Lusztig, non trova nulla di antisemita nelle frasi, nulla che sia stillante odio. L’allusione a una politica “controllata da grossi donatori e governi esteri” si riferisce al fatto, noto, che quando Hillary era ministra degli esteri, la Fondazione Clinton ha ricevuto donazioni da 5 milioni di dollari dagli Emirati, 25 milioni dai Sauditi, milioni dal Qatar, e milioni persino dal governo australiano. Il governo tedesco ha dato 250 mila. Né Berlino né il governo di Australia hanno mai fatto simili doni prima a Hillary: è, diciamo, fondato il sospetto che abbiano “unto le ruote” a un ministro venalissimo – scandalo che sarebbe la morte politica per chiunque non si chiamasse Clinton. Ma dov’è l’antisemitismo?

Chi lo sa. Forse quelli che “sentono un tono antisemita” in Trump stanno sulle spine per il fatto che “il 50% delle donazioni per la campagna di Hillary vengono da ebrei”, come ha scritto non un foglio antisemita ma l’israeliano Arutz Sheva?

http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/218408

A cominciare dal maggiore, il miliardario israeliano con doppio passaporto Haim Saban, grande produttore televisivo e ras dei media? O sul nome di Soros che risulta fra i massimi? O gli 8 milioni di dollari versati dall’oligarca “ucraino” Victor Pinchuk, uno dei promotori e finanziatori del golpe di Kiev? O i milioni versati dall’oligarca “russo” Victor Vekslberg, che in cambio ha ottenuto investimenti americani a certe sue imprese?

http://thewhistleblowers.info/jerome-r-corsi-partners-in-crime-bill-hillary-clinton-the-clinton-foundation/

Chissà perché ci dovrebbe esseredell’antisemitismo nella parole di Trump. Magari lo indovinano orecchie estremamente acute a questo genere di sottotoni? Magari in quel cenno “alla politica estera che ha dissanguato il nostro paese” quelle orecchie molto attente vedono additato il gruppo neocon che ha portato 15 anni di guerre e distruzioni in tutti i paesi islamici, con immani spese per l’America? Forse vi leggono una velenosa allusione alla signora Nuland in Kagan, che gestisce il golpe e dopo-golpe ucraino dal ministero degli esteri?

L’Establishment politico che cerca di fermarci è lo stesso gruppo che è responsabile dei nostri trattati commerciali disastrosi, della enorme immigrazione illegale, e della politica estera che ha dissanguato il nostro paese”.

Magari una mente più ingenua vede nel discorso di Trump un’accusa del sistema, della globalizzazione. Questa opposizione è chiara e costante nelle affermazioni di Trump.

“Non abbandoneremo più questo paese e la sua gente alla falsa sirena del globalismo. Lo stato nazionale resta il vero fondamento della armonia”, disse il 27 aprile.


L’America delle iniquità estreme. Aree metropolitane rinominate come gli Stati di simile prodotto interno lordo.

“Oggi – disse il 28 giugno – noi importiamo in merci 800 milioni di dollari più di quanto esportiamo. Ciò non è un disastro naturale: e’ un disastro fatto dai politici. E’ la conseguenza di una leadership che idolatra il globalismo invece dell’americanismo”. Ha certo minacciato di mettere dazi sulla importazioni cinesi in dumping: ma si deve preoccupare la Cina. Perché vi sentono una ostilità gli ebrei? Trump, è noto, si scaglia contro l’ideologia della globalizzazione…

“Globalisti è una parola in codice razzista per ‘ebrei’”, ha spiegato Louis Mensh, uno dei sostenitori attivisti di Hillary. AQ loro non gliela si fa.

Per esempio: tra il 2012 e il 2015, Hillary Clinton ha tenuto 12 conferenze pagate alle dirigenze di Goldman Sachs, Deutsche Bank, vari fondi d’investimenti: conferenze che le sono state pagate, e le hanno fruttato 2,3 milioni di dollari. Essa si è sempre rifiutata di rendere pubblici i testi dei suoi discorsi in quelle sedi prestigiose. Dalle email del suo consigliori John Podesta, spifferate da Wikileaks, sappiamo che ha promesso la libertà alla finanza, nessuna regolazione, e ha chiesto apertamente soldi per la campagna elettorale. Da “Wall Street” nel suo complesso ha ricevuto, dice un sito Politifact, 64 milioni, contro i 2 ricevuti da Trump.

http://www.politifact.com/wisconsin/statements/2016/oct/06/donald-trump/how-much-money-have-Wall-street-and-hedge-funds-gi/

Trump si prova a criticare? “Anche “banche internazionali”, “Wall Street”, sono espressioni in codice dietro cui i razzisti nascondono il loro odio per gli ebrei, spiegano i suddetti ebrei. Auspicare la messa in riga del capitalismo globale è fascismo. Puro Musssolini

Regioni Usa secondo il Pil, coi nomi degli stati di Pil simile

E palpa pure le donne. Non ha rispetto per le donne. Trovano vecchie ragazze pronte a testimoniare: 35 anni fa mi ha palpato (35 anni fa, io ero un baldo quarantenne in carriera – e confesso che anch’io…). Naturalmente dall’altra parte le risposte non mancano. Jennifer Flower, vecchia amante di Bill Clinton: “Bill mi diede 200 dollari perché abortissi il suo bambino”. Salta fuori (dalla tomba?) anche Yoko Ono: “Ho avuto una relazione con Hillary”. Un ingenuo dirà: ma valeva la pena attaccare Trump sul sesso? Con le performance sessuali di Bill, che rischiò l’impeachment per essersi fatto fare lavoretti sotto la scrivania dalla Levinski?

Invece sì, val la pena. Così si impedisce alla gente di mettere a fuoco il discorso politico serio, fondamentale, che Trump sta facendo, la sovranità da recuperare, la fine delle guerre per Israele che dissanguano l’economia, la smobilitazione del capitalismo selvaggio globale, anti-umano. Perché più la gente capisce, più decide di votare per lui. Con grande, frenetico, paranoico terrore degli – ehm – globalisti.

http://www.maurizioblondet.it/trump-anche-antisemita-giudicate/

La Russia aiuta l'Egitto contro i mercenari tagliagola reclutati nelle carceri occidentali

EGITTO, REPARTI SPECIALI OPERATIVI: MOSCA INVIA L'UNITÀ KSSO FORMATA ESCLUSIVAMENTE DA SPECNAZ ED ALFA

(di Franco Iacch)
14/10/16 
Unità delKomandovaniye Sil Spetsial’nykh Operatsiy sono operative in Egitto per addestrare le forze speciali del Paese nelle tattiche di contro-insurrezione non convenzionali. La notizia è stata rilanciata dai media russi. Secondo le poche informazioni trapelate, gli specialisti russi non saranno coinvolti in alcuna operazione di combattimento.
Secondo Izvestia, il governo egiziano ha avviato consultazioni con Mosca alla fine dello scorso anno, dopo l'attacco terroristico a bordo dell'Airbus 321 della compagnia Kogalymavia precipitato nella penisola del Sinai.
La decisione di inviare le forze KSSO non è casuale. Operatori KSSO sono ufficialmente entrati in azione durante la crisi di Crimea, quando occuparono l'aeroporto internazionale ed il parlamento di Simferopol, cosi come la maggior parte delle basi militari nella penisola. Recentemente è stato riconosciuto il loro coinvolgimento nelle operazioni in Siria. Costituiscono un importante moltiplicatore di forza per ottenere il massimo impatto verso obiettivi politico-militari. Il KSSO non dovrebbe annoverare più di mille operatori.
Creata ufficialmente nel marzo del 2013, il KSSO è il risultato di ampio studio basato sull'esperienza delle forze speciali nei Paesi stranieri. Gli esperimenti iniziarono nel 1999 con la creazione di centro di formazione specialistica strutturato sull'esperienza delle operazioni contro-insurrezionali. Il KSSO eredita proprio le dottrine elaborate nel centro sperimentale di Senezh creato dallo stato maggiore dell’Esercito.
Le operazioni del KSSO suggeriscono un approccio diverso dagli Alfa dell’FSB: questi ultimi prediligono l'individualismo. Il KSSO mira ad inquadrare un determinato numero di operatori, provenienti dagli Specnaz del GRU e dagli Alfa dell’FSB, responsabili della pianificazione operativa a livello strategico e della formazione unificata. L’obiettivo del Komandovaniye Sil Spetsial’nykh Operatsiy è proprio quello di unificare la formazione specialistica e coordinare le forze per operazioni classificate.
Il controllo del KSSO non si estende ai reparti speciali della Guardia Nazionale ed agli specnaz navali specializzati.
(foto: forcesdz.com)

Banca Etruria - la procura aretina è palesemente in malafede, quest'ultimo fatto si aggiunge la lentezza delle indagini. E questo l'ennesimo giro del'aquilone nelle terre toscane dove impera il Sistema massonico-mafioso-politico del Pd

Indagato per Etruria ma consulente dei giudici
La procura di Arezzo nomina Grazzini (ex cda della banca cittadina) curatore fallimentare. Era stato multato dalla Banca d'Italia come papà Boschi
Fabrizio Boschi - Ven, 14/10/2016 - 13:00

Questa poi. Il tribunale di Arezzo ha nominato come curatore fallimentare di un'azienda in crac, la Open Plan Holding Srl di Bibbiena (Arezzo) che si occupava di costruzione di edifici residenziali e non residenziali, Giovanni Grazzini, ex consigliere di amministrazione di Banca Etruria sul quale indaga la stessa procura di Arezzo e che è stato pure sanzionato da Bankitalia, come l'ex vice presidente Pier Luigi Boschi, padre della ministra Maria Elena.


Questo è l'ultimo conflitto di interesse di cui si sporca la procura aretina, dopo quello che coinvolse direttamente il procuratore Roberto Rossi (e di cui si occupò il Csm), che negò di aver mai conosciuto papà Boschi, dimenticando di aver invece indagato su di lui anni prima, e che omise di essere consigliere giuridico del governo, pur essendo a capo dell'inchiesta che indagava il padre di uno dei ministri.

Ma torniamo a Grazzini. In molti non si ricorderanno di lui. Eppure il suo nome è presente nei faldoni e riecheggia tra i corridoi della procura. Non solo per la nomina a curatore fallimentare il 7 ottobre scorso (giudice delegato Paolo Masetti, udienza 1° febbraio 2017), come si può facilmente verificare dal portale dei fallimenti di Arezzo. Grazzini viene fuori dai fascicoli dell'inchiesta sulle consulenze da 17 milioni di euro di Banca Etruria, la liquidazione all'ex direttore generale Luca Bronchi da 1,1 milioni di euro, i premi aziendali e i fidi concessi agli imprenditori considerati «vicini» ai dirigenti. Indagati l'ex presidente Lorenzo Rosi e il dirigente Luciano Nataloni. Di quel cda facevano parte oltre a Boschi vicepresidente e Alfredo Berni vicepresidente vicario, anche Alessandro Benocci, Claudia Bugno, Carlo Catanossi, Alessandro Liberatori, Luigi Nannipieri, Luciano Nataloni, Anna Maria Nocentini, Andrea Orlandi, Felice Santonastaso, Claudio Salini, Ilaria Tosti e, appunto, Giovanni Grazzini.

La stangata di Bankitalia è arrivata anche per lui: 52mila euro di sanzione, pur essendo rimasto in carica solo otto mesi. E anche se non votò a favore della super liquidazione all'ex direttore generale Bronchi, una delle principali accuse di via Nazionale ai personaggi dell'istituto aretino, Grazzini faceva parte del cda come rappresentante dell'Assodige, l'associazione che riunisce i soci dipendenti e pensionati di Banca Etruria. «Sono entrato a far parte del cda a maggio del 2014, dopo poco più di un mese, il 30 giugno, ci siamo trovati a deliberare sulla buonuscita chiesta dal direttore generale Luca Bronchi - spiegava Grazzini alcuni mesi fa -. In mia coscienza ho giudicato che quella somma fosse troppo alta e, oltre a essere esosa, avrebbe creato anche un precedente per eventuali future contrattazioni. Perciò mi sono astenuto e ho fatto mettere a verbale le motivazioni della mia astensione. Eppure quell'astensione nulla è contata». Forse la procura ha tenuto conto di quel gesto, o forse anche il fatto, come tiene a precisare il Grazzini stesso che «sono figlio di un ex magistrato e professionista onesto». Fatto sta che l'ex consigliere di una banca fallita è stato messo a curare il fallimento di un'azienda fallita. «Quella di Grazzini è una nomina che lascia perplessi, per questo chiederemo ai ministri della Giustizia e dell'Economia di spiegarci il senso di tale scelta», affermano i deputati di Alternativa Libera, Marco Baldassarre, Massimo Artini, Eleonora Bechis, Samuele Segoni e Tancredi Turco.

Monte dei Paschi di Siena - derivati, morti. Onorabilità e professionalità sono una tantum

Mps patteggia: 10,6 milioni tra confisca e multa nel processo sui derivati
La banca ha patteggiato una sanzione pecuniaria di 600 mila euro e una confisca di 10 milioni di euro per uscire dal procedimento sulla serie di presunte operazioni finanziarie irregolari con cui sarebbero state occultate le perdite dopo l'acquisto da parte della banca senese di Antonveneta. Dal cda ok a Morelli

14 ottobre 2016



(ansa)MILANO - Il gup di Milano Livio Antonello Cristofano ha ratificato la richiesta di patteggiamento a 600mila euro di sanzione penale con la confisca di 10 milioni di euro presentata nei mesi scorsi da Monte di Paschi di Siena. La banca era imputata per la violazione della legge 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa delle società per reati commessi dai propri dipendenti nell'ambito dell'inchiesta sull'istituto senese per le operazioni 'Fresh', 'Santorini' e 'Alexandria'.

Con il patteggiamento l'istituto di credito senese, imputato in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti (legge 231 del 2001), esce dal procedimento dopo che, lo scorso luglio, aveva annunciato di aver raggiunto un accordo con i pm Giordano Baggio, Mauro Clerici e Stefano Civardi per patteggiare la sanzione pecuniaria e la confisca di 10 milioni di euro a carico della stessa banca. Accordo ratificato stamani dal giudice.

Nell'ambito del procedimento trasmesso dalla Procura di Siena a quella di Milano - con al centro le operazioni sui derivati Santorini e Alexandria, sul prestito ibrido Fresh e sulla cartolarizzazione Chianti Classico, attraverso le quali, per la Procura milanese sarebbero stati indicati centinaia di milioni di euro di utili, mai prodotti effettivamente - il gup Cristofano, su richiesta dei pm, lo scorso 1 ottobre ha rinviato a giudizio 16 imputati tra cui Giuseppe Mussari, Antonio Vigni e Gianluca Baldassarri, rispettivamente ex presidente, ex direttore ed ex responsabile dell'area finanza dell'istituto di credito toscano.

Il processo, che riguarderà anche, tra gli altri, Nomura International Plc, Deutsche Bank AG e la sua filiale londinese, prenderà il via il prossimo 15 dicembre davanti alla seconda sezione penale del Tribunale di Milano. Le accuse, a vario titolo, sono di falso in bilancio, aggiotaggio e ostacolo agli organi di vigilanza.

Con le presunte operazioni irregolari, stando alle indagini, sarebbero state occultate perdite miliardarie con dati di bilancio truccati per oltre 2 miliardi di euro. E per quanto riguarda la posizione di Mps, in sostanza, secondo l'accusa, Rocca Salimbeni non avrebbe adottato le procedure per evitare che gli allora vertici, Mussari, Vigni e Baldassarri, tra il 2009 e il 2012, commettessero i reati contestati, a vario titolo, in concorso con altri imputati. Da qui l'imputazione per la legge sulla responsabilità amministrativa.

Fuori dalla vicenda giudiziaria, si è concluso il cda del Monte di oltre sette ore. Sul tavolo anche i criteri di onorabilità del amministratore delegato Marco Morelli. "Tutto ok", ha risposto ai giornalisti
un consigliere all'uscita da Rocca Salimbeni. Durante la riunione del Cda è stato trattato l'avanzamento del piano industriale, la cui discussione nel merito - secondo quanto si apprende - inizierà dalla prossima seduta. Il piano verrà approvato il 24 ottobre.

Monte dei Paschi di Siena e Deutsche Bank legati insieme da derivati e dalla morte di due banchieri

ECONOMIA E FINANZA
MPS/ Deutsche Bank e le notizie "ignorate" in Italia

Paolo Annoni
sabato 15 ottobre 2016

MPS. La questione Monte Paschi sta perseguitando l’Italia e il suo sistema bancario praticamente da un decennio e dalla pubblicazione degli ultimi stress test della Bce è al centro della questione bancaria italiana, diventata il simbolo di un sistema schiacciato da due crisi economiche e da una massa di crediti deteriorati. Ancora oggi il mercato si arrovella sul prossimo aumento di capitale della banca, l’ultimo di una serie piuttosto lunga, che sembra sempre più arduo; in un periodo di incertezza estrema economica e politica globale, raccogliere miliardi di euro per una banca che ha già dato moltissime delusioni non sembra facilissimo.

In queste stesse settimane un’altra banca europea, molto più grande, Deutsche Bank è “vittima” di un’ondata di rumour e speculazione senza precedenti, con al centro dubbi sulla sua solidità patrimoniale; dubbi che in teoria non dovrebbero esserci, perché gli stress test sono stati passati e perché management e governo tedesco continuano a ribadire la solidità di una banca che si sa pesantemente investita nei mercati finanziari globali.

Queste vicende si intrecciano con altre più difficili da leggere, ma probabilmente non meno degne di attenzione. Qualche mese fa un video pubblicato sul New York Post, contenente le drammatiche immagini della caduta del capo della comunicazione della banca David Rossi, in quello che è stato etichettato come un suicidio, ha riacceso il dibattito su eventuali punti oscuri nella vicenda Mps. Il New York Post, il cui lettore medio confonde l’Italia con la Finlandia su una cartina, ha avanzato molti dubbi sulla versione ufficiale, sostanzialmente ventilando l’ipotesi che il suicidio sia stato in realtà un omicidio. Stupisce ovviamente che un possibile pezzo di puzzle venga aggiunto da un quotidiano americano.

Ieri il più importante blog finanziario internazionale, “Zerohedge”, è tornato su Montepaschi e la sorte di David Rossi mettendo in relazione il fatto con un altro “suicidio” di un altro “banchiere” a Londra. Si tratta di William S. Broeksmit, che aveva lavorato presso Deutsche Bank prima dal 1996 al 2001 e poi dal 2008 al 2013. Il figlio di Broeksmit racconta al New York Post che, dopo pochi minuti dal “suicidio”, arrivò sul luogo Michele Faissola, già manager di Deutsche Bank, e che appena arrivato cercò tra i documenti della banca e le lettere di addio, “andò al computer di mio padre, cosa che pensai fosse strana”. Faissola è stato accusato (riporta Bloomberg) di aver colluso con Monte Paschi per falsificare i suoi conti, manipolare il mercato e ostacolare l’attività di vigilanza. Deutsche Bank avrebbe fatto una transazione con Monte Paschi per mascherare le perdite di un precedente derivato. Zerohedge ripropone all’attenzione la morte di due “banchieri”, entrambi per suicidio, coinvolti direttamente o indirettamente con la vicenda Monte Paschi. Il blog chiude “l’indagine” con una mezza promessa di ulteriori rivelazioni sull’asse Deutsche Bank-Monte Paschi.

Le sfortune di Monte Paschi, secondo ormai moltissimi, sono iniziate con l’acquisizione miliardaria e per cassa di Antonveneta. I buchi di bilancio aperti anche con questa operazione sembrano essere stati “mascherati” con operazioni in derivati complesse in cui è coinvolta la stessa Deutsche Bank. Quello che stona in tutta questa vicenda è la curiosità della stampa internazionale per una vicenda particolarmente intricata e “misteriosa” che si è “arricchita” anche di fatti di cronaca nera. Una vicenda che inizia probabilmente con l’acquisizione di Antonveneta quando la banca era ancora saldamente controllata dalla fondazione.

La curiosità internazionale per scoprire cosa sia successo e se ci sia qualcosa di più o qualche collegamento negli ultimi fatti di cronaca fa il paio con una versione dei fatti che in Italia sembra essersi chiusa con la “banda del 5%”. È vero che ci sono molti fatti finanziari da leggere e l’urgenza di risolvere il prima possibile vicende spinosissime per il sistema bancario italiano, ma la storia degli ultimi dieci anni della terza banca italiana e la sua “fine” merita che si faccia luce il più possibile in vicende almeno molto chiacchierate.

Se poi si scoprisse che sono solo dietrologie e collegamenti senza capo né coda tanto meglio. Stendere un velo pietoso per evitare il rischio, magari remoto, che salti fuori qualcosa di più interessante non sembra una soluzione, perché poi certe cose ritornano dalla finestra dalle colonne del New York Post o da quelle della stampa “specializzata”. 

Il Capitalismo ha un cognome, Rothschild

Gitana, la lunga rotta dei Rothschild

Una mostra e un libro per celebrare i 140 anni nello yachting della famiglia

La baronessa Ariane de Rothschild con lo skipper Sebastien Josse: nasce Gitana 16 (il Mono60 Edmond de Rothschild) Foto: Yvan Zedda / Gitana SA

15/10/2016
FABIO POZZO
GINEVRA

Una passione lunga 140 anni che inizia da una donna controcorrente e melomane, Julie de Rothschild. Amante del bel canto, la baronessa non mancava mai una “prima” a Parigi, Roma, Napoli: era al Teatro Apollo della Capitale il 19 gennaio 1853 per il debutto de Il Trovatore di Verdi; era il 3 marzo 1875 alla Salle Favart di Parigi per la Carmen di Bizet... La gitana Azucena, la zingara di Córdoba... Donne fascinose.

Gitana, entrez dans la légende

Probabilmente nasce da qui la saga di Gitana, la grande avventura dei Rothschild nello yachting. Una lunga rotta alla quale Ariane e Benjamin de Rothschild (rappresentanti del ramo franco-svizzero della famiglia che ha nel leone, nell’aquila imperiale austriaca e nelle cinque frecce unite i suoi simboli) dedicano una mostra, “Gitana, entrez dans la légende”, che ne ripercorre gli scali. Inaugurata a Ginevra, la rassegna apre oggi a Les Sables d’Olonne, nella Vandea francese, porto di partenza della Vandée Globe (il giro del mondo a vela in solitaria non stop) per spostarsi poi dal 3 all’11 dicembre al Boat show di Parigi. La mostra e anche un libro, “Gitana: 140 ans de Sillages Rothschild” (Ed.La Martinièr).


Benjamin e Ariane de Rothschild in un’immagine della mostra

Proprio la baronessa Julie de Rothschild, nel 1876, si fece costruire uno schooner a vapore di 24 metri battezzato Gitana con il quale tre anni dopo stabilirà il record mondiale di velocità sul lago di Ginevra toccando i 20,5 nodi, circa 38 km/h. E sempre lei, nel 1898, al timone di Gitana II, migliorerà il primato con 26,034 nodi.

Nasce il team

Nel nuovo secolo, Edmond de Rothschild vira la leggenda alla vela. Arrivano Gitana III, Gitana IV, che vince la sfida del Fastnet (oggi Rolex Fastnet Race) e Gitana VIII, espressione della nuova classe dei maxi lanciata dal barone, che nel 1984 s’impone nella Nioulargue di Saint-Tropez. Col nuovo millennio, il figlio Benjamin de Rothschild continua la navigazione fondando il Gitana Team, innovatore con i suoi multiscafi. «Alla base della nostra passione c’è il gusto per la competizione e per la ricerca dell’eccellenza. Nasce sul lago, ma si trasferisce presto sugli Oceani. Eh sì, il mare occupa un posto molto speciale nella nostra famiglia: rappresenta per noi la libertà e la creatività» dice la baronessa Ariane de Rothschild.


Gitana 16 (Mono60 Edmond de Rothschild)

Il giro del mondo
Allo start della Vendée Globe il 6 novembre ci sarà anche Gitana 16, un monoscafo “volante” (con derive), il cui pozzetto è ricostruito nella mostra in scala 1:1 (grazie alla realtà virtuale, la rassegna consente al visitatore di navigare sulle ultime imbarcazioni del team). Appunto, 140 anni dopo il primo Gitana.«Non si può navigare nel futuro senza guardare al passato», dice lo skipper Sébastien Josse, che nel 2017 timonerà anche l’avveniristico GitanaMaxi, un trimarano “volante” di 33 metri. «Rompere i codici - dice Ariane de Rothschild - è molto stimolante e guida tante nostre azioni: credo sia essenziale per spingersi avanti».

La saga Gitana

Nicola Gratteri - altra grande questione che è quella dell’istruzione, dello studio e dell’apprendimento della lingua italiana, della storia, delle geografia e della filosofia

A Locri (Rc) per ricordare Fortugno. Gratteri ai giovani: “combattete le mafie studiando”


“Nessuno può chiamarsi fuori dalla lotta alla criminalità organizzata perché con l’indifferenza e il disimpegno non si possono certo affermare valori come legalità e democrazia”. A Francesco Fortugno, vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria ucciso a Locri il 16 ottobre del 2005, si deve questo pensiero riportato nel video che ha chiuso, nell’aula magna del liceo “Mazzini” di Locri, l’evento in ricordo del politico calabrese barbaramente assassinato. La manifestazione, che si è svolta alla presenza di moltissimi studenti, è stata organizzata nell’ambito del progetto “Il cammino della legalità: creatività, socializzazione e impegno contro le mafie”. Presenti Maria Grazia Laganà Fortugno e i figli Anna e Giuseppe, il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e l’ex componente della commissione parlamentare Antimafia Angela Napoli. L’incontro, moderato dal direttore editoriale di Agv Il Velino Paolo Pollichieni, si è aperto con i saluti del dirigente dell’istituto Francesco Sacco, del sindaco di Locri Giovanni Calabrese e del presidente del Consiglio regionale della Calabria Nicola Irto. “Crediamo che la testimonianza di impegno e l’esempio - ha evidenziato il dirigente Sacco – siano per i nostri ragazzi preziosa linfa di cultura e riscatto. La scuola deve educare e guidare i ragazzi alla conquista della libertà”.

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“Ci stringiamo alla famiglia Laganà Fortugno – ha sottolineato il sindaco Calabrese – per ricordare Franco e con loro ricordiamo anche le sue battaglie per la sanità e per una Locride migliore. Domani sarà siglato un protocollo che rivitalizza l’impegno assunto dalla Regione all’indomani dell’uccisione di Fortugno, per destinare ingenti risorse alla città”. “Ricordiamo oggi un uomo delle Istituzioni - ha evidenziato il presidente Irto ­ ucciso dalla barbarie mafiosa. Quanto avvenuto il 16 ottobre di undici anni fa ha rappresentato un pesante attacco al cuore delle Istituzioni, motivo per il quale ricordare Francesco Fortugno, qui oggi proprio con i giovani, costituisce anche un dovere morale. La memoria degli uomini giusti tiene accesa la fiammella della speranza”. Maria Grazia Laganà Fortugno non ha mancato di sottolineare una serie di criticità che ancora oggi esistono: “Dalla sanità all’isolamento del nostro territorio, i problemi generano sfiducia. Dobbiamo combattere la ‘ndrangheta e le disuguaglianze della nostra società, per contrastare l’emigrazione dei giovani e per dare ai ragazzi libertà e speranza. La politica deve compiere uno scatto in avanti, dando risposte ai territori ma anche assumendo un atteggiamento intransigente verso le mafie, come faceva mio marito Franco, le cui denunce sono facilmente accessibili perché agli atti del Consiglio regionale”.

“Voi potete combattere la criminalità organizzata studiando. La questione culturale - ha spiegato il procuratore Gratteri – che oggi si pone come elemento integrante della lotta alle mafie unitamente all’azione giudiziaria, in realtà è successiva ad un’altra grande questione che è quella dell’istruzione, dello studio e dell’apprendimento della lingua italiana, della storia, delle geografia e della filosofia. Oggi paghiamo ancora lo scotto di classi docenti laureatasi negli anni Settanta con la pistola sul tavolo. A vostra disposizione deve esserci l’opportunità di studiare e di imparare per essere veramente liberi. Cercate di volare alto e vigilate su chi vi parla di legalità. Non è etico chiedere soldi pubblici per manifestazioni antimafia”. “La parola legalità oggi è molto abusata – ha sottolineato l’ex parlamentare Angela Napoli – ed è importante che voi giovani puntiate e crediate ancora nella meritocrazia per perseguirla nei fatti. Molti ne parlano senza rispettarne il contenuto. Il cammino della legalità è nella sua essenza un percorso concreto in cui l’osservanza dei doveri e il riconoscimento dei diritti viaggiano insieme”.

Il direttore Pollichieni, che ha espresso anche parole di incoraggiamento per il procuratore aggiunto di Cosenza Marisa Manzini attaccata da un boss in video conferenza, ha poi dato la parola agli studenti per le domande. L’evento si è concluso con la proiezione del video su Francesco Fortugno e con l’inaugurazione della mostra fotografica “Uno scatto per la legalità” che resterà allestita presso il liceo. La commemorazione di Francesco Fortugno proseguirà domani domenica 16 ottobre. Alle ore 10 a palazzo Nieddu del Rio avrà luogo la deposizione della corona da parte delle Istituzioni dello Stato, alle ore 10.30 sarà celebrata la Santa Messa nella Cappella dell’Ospedale di Locri e alle 11.30 al cimitero sarà deposta della corona da parte della Regione Calabria. Saranno presenti il presidente del Consiglio regionale della Calabria Nicola Irto, il presidente della Regione Mario Oliverio e il capo della Polizia Franco Gabrielli. A seguire presso il comune di Locri sarà sottoscritto il nuovo protocollo di applicazione della cosiddetta “Legge Fortugno”, che prevede finanziamenti per 38 milioni di euro. Firmeranno il sindaco di Locri Giovanni Calabrese, il presidente della Provincia Giuseppe Raffa e il governatore Mario Oliverio.

Per approfondire http://www.strettoweb.com/2016/10/a-locri-rc-per-ricordare-fortugno-gratteri-ai-giovani-combattete-le-mafie-studiando-foto/469420/#m0dd8L5es5OgsGTo.99

Diego Fusaro - strategia della paura, immigrazione di rimpiazzo, Putin potrebbe salvarci dal pensiero unico, Jp Morgan Chase ci detta il cambiamento costituzionale, dobbiamo continuare a tessere il filo rosso perchè l'albero della storia è sempre verde

Diego Fusaro: “Istruitevi, poiché avremo bisogno di tutta la nostra Intelligenza”

14 ottobre 2016


Un’Alternativa all’Attualità è possibile. Filosofo e Saggista, vincitore di Poestate 2016 a Lugano, Diego Fusaro, classe ’83, attualmente ricercatore presso l’Università san Raffaele di Milano, propone una risposta politica e culturale che parta dal Popolo, in risposta alla globalizzazione imposta dai vertici.

Svariati i temi. Europa, Terrorismo, Nazione&Nazionalismo, Popolo&Populismo e poi Italia, Russia, Cultura e Futuro. E molto altro ancora.J

Professor Diego Fusaro, lei ha definito l’attuale UE una “Seconda Restaurazione” avvenuta dopo il 1989. Quest’affermazione, sul piano storico, l’avvicina al Bonapartismo?

Più che al Bonapartismo mi riferisco all’annientamento degli ideali utopici e rivoluzionari, preesistenti anche alla Rivoluzione stessa, che la Restaurazione, con un’intensificazione dell’esecutivo – alla stregua dell’attuale Riforma Costituzionale - oppresse e distrusse. Nell’89 l’Economia di mercato vince e spazza via l’ideale. Così il 1815 vanificò il 1789.

Quindi lei intende la Rivoluzione Francese come volontà popolare placata dalla Restaurazione o piuttosto come un fallimento della stessa, sfociato nell’anarchia?

Bisognerebbe fare un discorso più generico, alla Hegel. Fu necessaria ma insufficiente. Dissolto l’ordine dell’Ancien Régime – e in ciò facendo un’opera giusta e buona -non progredì oltre, poiché non si rivelò poi all’altezza della situazione.

Nazionalismo. Che significato ha oggi?

“Patologia negativa della nazione”, come diceva Gramsci. Esso è dannoso per la Nazione stessa quando sfocia in derive imperialistiche. Il gusto eccessivo per la propria Nazione rischia di ledere alle altre Nazioni, come accadde nel Novecento, in cui, in nome della propria, si attaccarono le altre.


Talvolta il Nazionalismo rischia di risolversi nel Modello Unico. E, in questo senso e su questo piano, Nazionalismo e Mondialismo sono due facce della stessa medaglia.
Personalmente sono per un recupero della nazione identitaria, della cultura della nazione e della memoria storica di essa.

Cosa intende per Populismo? 

Il populismo oggi è condannato da qualsiasi esponente dei poteri alti in quanto, anziché condannare le élite neofeudali, tutela gli interessi dei popoli. Per questo subisce dalla maggior parte dei media una delegittimazione.

Cosa pensa della ventata dei cosiddetti populismi in Europa, Vlaam Belangs nelle Fiandre e Alternative für Deutschland in Germania?

Condivido le loro giuste preoccupazioni euroscettiche contro l’ordine globalizzato. Temo però che trapassino nel nazionalismo e che giungano a sollevare guerre proletarie non condivisibili.

Cosa pensa quindi della Lega Nord e del Front National?

Front National e Lega Nord sono due partiti molto diversi tra loro.
La Lega Nord ha giuste istanze di critica verso l’UE e verso la mondializzazione, salvo poi seguire prese di posizione ridicole come la flat tax, aliquota buonista d’un proletariato utopico, e l’individuare il nemico nei migranti e non in chi ci porta i migranti. Non presenta quindi il modo giusto di cogliere le contraddizioni.
Il Front National è un’altra cosa, ha un altro retroscena storico. Intanto è da sempre stato nazionalista e non lo è divenuto soltanto di recente, presenta anch’esso giuste posizioni, soltanto che, malgrado certe dichiarazioni, non riesce a sdoganarsi dal proprio passato. La maggior parte dell’elettorato lepenista è stato petainista e ne presenta tuttora le prese di posizione, come per esempio, lo schierarsi a favore della pena di morte.

Lei si augurerebbe che la Le Pen vinca le elezioni?

 

Augurarmelo è esagerato. Penso però che peggio del Front National ci sia Hollande. Quindi, se vincesse, peggio dello stato attuale non potrebbe andare.

Cosa pensa di Hofer e della sua idea di ricreare una federazione Asburgica ispirata all’impero Austro Ungarico?

Penso che sia un’interessante mossa che rafforzi la memoria storica. Mi ha incuriosito quando ho visto le vicende delle elezioni e l’accanimento dell’UE nei suoi confronti. Non dico che il nemico del mio nemico sia comunque mio amico, ma, di certo, chi è nemico del mio nemico attira il mio interesse e suscita la mia simpatia.

Inghilterra. Cosa pensa della Brexit?

Della Brexit penso tutto il bene possibile. È la testimonianza di un risveglio del popolo. E poi i dati ci mostrano chiaramente come la salvezza sia soltanto fuori da questa Unione Europea.

Personalmente pensa che L’Inghilterra sia o non sia da sempre stata Europa?

L’Inghilterra era entrata nell’UE con un piede sì e l’altro no. Pertanto per essa uscirne è stato più facile.

Qual è la sua speranza riguardo un’altra Europa?

Mi auguro che crolli la politica dell’Austerity, in favore della libertà, che si arrivi alla presa di coscienza di uscirne al più presto e che si ricostituisca un’Europa delle Nazioni (e non dei nazionalismi, per l’appunto) e dei diritti sociali, nel rispetto delle differenze.

Economia. Ritiene ci sia il pericolo del Bail-In?

Certo che sì. L’attuale classe dirigente ha in progetto di distruggere la classe medio-borghese.

Terrorismo. Pensa che ci sia una correlazione tra estremismo e immigrazione?

Correlazione? No, piuttosto penso ci sia l’interesse di chi vuole ciò.
Il capitalismo ha bisogno del terrorismo, poiché esso genera paura, e la paura è da sempre un forte metodo di governo.

Oderint dum metuant?

Si, diciamo che con la paura si accettano condizioni che normalmente si respingerebbero, e si è d’accordo a sottostare a leggi che sono, a tutti gli effetti, limitazioni della libertà.

Qualche detrattore potrebbe però risponderLe che a fare gli attentati a Parigi e a Bruxelles non sono stati dei capitalisti ma dei terroristi islamici…

Chiaramente i terroristi rispondono al volere di chi sta in alto, ma sarebbe bene domandarsi il perché essi abbiano delle armi così sorprendentemente occidentali, come mai lo stile dei filmati di Al-Qaida sia in stile così hollywoodiano, (anzi, pare che l’ultimo video sia stato girato proprio al Pentagono.) Dire che i principali artefici del terrorismo siano gli esecutori materiali, ovvero gli estremisti islamici, sarebbe come dire che l’attentato a Falcone e Borsellino sia stato fatto da quattro campagnoli con la coppola.

Identifica il problema dell’attuale emergenza migranti con il colonialismo?

Questo, come radice, c’è sicuramente ma c’è dell’altro. Oggi l’occidente ha incredibilmente bisogno dei migranti, poiché essi si presentano come gli schiavi ideali del nuovo secolo. Non hanno coscienza di classe, non hanno coscienza storica né identitaria. Non sorprende pertanto che gli elogiatori degli immigrati siano il presidente della Fiat, Elkan, e la presidentessa della Camera, Laura Boldrini esponenti rispettivamente della destra del denaro e della sinistra di costume.

Cosa intende con questa definizione, “sinistra di costume”?


La distruzione del costume, di ogni etica borghese-proletaria, il disfacimento dell’etica della famiglia e della stabilità. Stiamo assistendo alla demolizione della figura del pater, della stabilità stessa esponente, in favore dell’uomo instabile, del migrante, senza nazione, senza cultura.
Ciò si riversa anche nella strumentalizzazione della cultura stessa, chiamando, per esempio Enea migrante e i coloni greci profughi…
Ulisse ed Enea non sono migranti, ma eroi viaggiatori, guerrieri che tornano a casa propria o fondando un altro mondo. L’epica non ha niente a che fare con una deportazione di massa, come quella cui stiamo assistendo oggi. Queste deformazioni si commentano da sé, e chi le porta avanti non è altro che ridicolo.

Cosa pensa della Russia di Putin?

Penso che sia l’unica forza in grado riportare positivamente in auge quel fertile bipolarismo che sino all’89 garantiva stabilità, ovvero quello tra l’Occidente, capitalistico e mondialista e la Russia, che invece salvaguardia gli interessi del Popolo e della Nazione.


E delle sanzioni alla Russia?

Imposte dall’Italia? Ritengo che sia il primo caso in cui a trarne svantaggio è il paese sanzionante.

Pensa che l’Occidente sia in qualche modo colpevole di aver fatto guerra alla Russia, nel corso della storia? (dal 1812, alla Crimea…)

Certamente si tratta di un errore e di una grave colpa storica. Anche sul piano culturale la Russia è stata vittima di un bombardamento mediatico, come, per esempio, il romanzo di Rigoni-Stern “Il sergente della neve”. Tracciando un ritratto di una Russia crudele e lontana, anche la letteratura è, a modo suo, colpevole di questa immotivata ostilità nei confronti della Russia.

Tolstoj riabilita, in questo caso.

Assolutamente.

Cosa pensa della Riforma Costituzionale del governo Renzi?


È una riforma che mira decisamente a soggiogare l’Italia ancor più al volere dell’Europa e che, di fatto, intensifica l’esecutivo e il volere dei poteri alti. Non per altro è sostenuta dagli USA e di società finanziarie come la JP Morgan Chase.

5 milioni di Veneti hanno chiesto, invano, di fare il referendum per l’Autonomia lo stesso 4 dicembre. Cosa pensa di questa bocciatura della volontà popolare?

Personalmente sostengo l’Unità Nazionale, pertanto non condivido le idee autonomiste pur comprendendo le ragioni dei veneti, così come comprendo quelle dei siciliani. Uniti ci si difende meglio dagli attacchi. Come il caso della Scozia ci insegna, uniti si è più forti, uniti si vince.

Trova similitudini tra il referendum del 1946 tra monarchia e repubblica e quello del 2016, in un possibile ritorno a una “monarchia renziana”?

Potrebbe essere, è un’interessante analogia.

Le donne in politica. L’omonima commedia di Aristofane potrebbe adattarsi al sindaco Raggi e al 
ministro Boschi? 


Solitamente non ragiono per schemi come la contrapposizione donne/uomini o etero/omosessuali che sono quelli che più fanno deviare. Vero è che ci sono donne molto brave, come la signora Raggi e donne molto meno brave come la… stavo dicendo la signora Etruria, alias Boschi. (ride, N.D.R) 

Unioni civili. Sono a discapito della civiltà della tradizione?

Sono per il pieno rispetto delle libertà sessuali degli individui purché, ovviamente, tra consenzienti. In questo caso ci troviamo però al cospetto di una destrutturazione del concetto di famiglia. Non sono in ballo i diritti della persona, per i quali sarebbe normale battersi, al contrario, quello cui mirano chi sta dietro a queste imposizioni è il toglierci i diritti sociali.

Sessualità come ribellione, come avrebbe detto Focault, oppure ritiene che la farsa della libertà sessuale sia un modo per indurre il popolino alla rivoluzione voluta da “altri”? 


Lo dice apertamente Huxley: il modo migliore per tenere sotto il proprio potere le masse è estendere le libertà sessuali.

Cultura. Identità Nazionali & Identità Regionali, possono coesistere?

Penso che non si annullino fra loro. La Nazione esiste in funzione delle regioni, e viceversa. Un piemontese e siciliano può contemporaneamente ritenersi sia italiano che piemontese e siciliano.

La contemporaneità ha abolito, sia sul piano artistico che letterario, l’idea del bello, sopravvissuto sino all’Ottocento. Come mai?

L’arte è specchio della società, la nostra società, specchiandosi, si ritrae orrida, come nel caso dell’orinatoio di Duchamp, mostrandosi per quel che è, la società del brutto.

Perché la cultura vera e propria, come la filosofia e le lettere, sta tornando ad essere soltanto d’élite?

Poiché si tratta di materie dignitosamente inutili. La cultura sfugge all’imposizione del DO UT DES, poiché genera coscienza storica, un’identità dannosa per il potere.

Che senso ha celebrare nel nostro secolo i personaggi storici?

Occorre trovare personalità che unifichino anziché contrapporre, e che onorino la nostra identità storica.
Non si possono certo celebrare persone come Mussolini o Fanciullacci. (l’attentatore che sparò al filosofo G.Gentile, N.D.R.) 


Una frase per incitare i giovani che ancora credono nella Cultura? 

“Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza.” La disse Gramsci.

Si riferiva a un futuro prossimo?

Gramsci sì, a noi toccherà aspettare almeno due o tre generazioni.

Redazione Ticinolive – Riproduzione Riservata.


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POLITICA
REFERENDUM 4 DICEMBRE 2016/ Cazzullo: se vince il No Mattarella scende in campo

INT.Aldo Cazzullo
sabato 15 ottobre 2016

REFERENDUM 4 DICEMBRE 2016. “Quello della sinistra Pd sul referendum è stata una giravolta molto spregiudicata. In aula ha votato la riforma, e tra l’altro ha posto come condizione che fosse peggiorata chiedendo un senato di consiglieri regionali anziché di sindaci come voleva il premier. Per una volta è stato Bersani a fregare Renzi anziché il contrario”. A spiegarlo è Aldo Cazzullo, inviato speciale del Corriere della Sera, che ha da poco pubblicato per Mondadori il suo nuovo libro dal titolo Le donne erediteranno la terra. Sempre per Cazzullo in vista del referendum del 4 dicembre “Berlusconi tifa per Renzi, con il quale si sente molto più a suo agio che non con Salvini. Non a caso Fedele Confalonieri ha fatto sapere che voterà Sì”.

Al referendum vincono i Sì o i No e perché?

All’inizio ero convinto che avrebbero vinto i Sì, adesso comincio a pensare che possano vincere i No. La gente è esasperata, nel merito la maggioranza degli italiani è favorevole alla riforma, ma inevitabilmente il referendum è diventato anche un plebiscito su Matteo Renzi. Il premier ha commesso l’errore di pensare che il Paese fosse ancora quello del 41%, mentre la sua luna di miele con l’Italia è finita da un pezzo. Il discorso fondamentale del renzismo è che l’Italia deve tornare a fare l’Italia, ma tutto ciò ha bisogno di essere supportato da una robusta ripresa economica che non c’è. Basta guardarsi intorno per capire come andrà a finire.

In che senso?

Qualsiasi governo che in questa fase della storia sottoponga la sua linea ai cittadini con un referendum si sente rispondere di No. E’ successo al governo scozzese, a quello di David Cameron, in Colombia e in Ungheria. Adesso vediamo che cosa succederà in Italia.

Renzi si sta sovraesponendo troppo?

Sì, perché non può essere sempre lui quello che va ad affrontare i suoi avversari. Fa troppi dibattiti in prima persona, mentre dovrebbe dare più l’idea di una squadra. Il problema di Renzi è che tende a non fidarsi quasi di nessuno, e questo forse lo espone troppo.

Il discorso politico di Renzi rischia di ridursi troppo a narrazione, finendo per scontrarsi con i fatti?

Il rischio di scontrarsi con i fatti c’è. Detto questo non è che Renzi si sia limitato a parlare, anzi secondo me è stato un buon presidente del Consiglio.

Perché?

E’ riuscito finalmente ad abolire l’articolo 18, che era un residuato dell’età fordista. Ha approvato la legge sulle unioni civili. E’ stato il primo presidente del Consiglio ad avere messo dei soldi nella scuola pubblica anziché toglierli. Tutto questo però non gli viene riconosciuto. Renzi paga le conseguenze di uno stile che è apparso poco inclusivo e un po’ troppo solipsista.

Renzi spesso gioca d’azzardo. Questo metodo paga sempre?
Ovviamente no. Per esempio il suo vero errore, più che personalizzare il referendum, è stato farlo. L’ansia di essere legittimato ha portato Renzi a sposare una battaglia che in fondo non era sua. Le riforme istituzionali sono state il pedaggio che Renzi ha pagato a Giorgio Napolitano per prendere il posto di Enrico Letta. Napolitano aveva accettato la rielezione al Quirinale a condizione che fossero fatte le riforme. Renzi gli ha detto: “Letta non riesce a farle, te le faccio io e ti riporto al tavolo Silvio Berlusconi”.

Perché invece Sergio Mattarella sembra restare seduto a bordo campo?

Finora Mattarella è rimasto a bordo campo, ma se vince il No al referendum il capo dello Stato scenderà in campo per la prima volta. Bisognerà vedere quale soluzione riuscirà a trovare. Io ritengo che bisognerebbe inserire in costituzione il principio che i parlamentari devono essere scelti dal popolo e non nominati. Il Mattarellum ha garantito comunque due legislature di stabilità: dal 1996 al 2001 con i governi di centrosinistra e dal 2001 al 2006 con il centrodestra. Non sarebbe male se il capo dello Stato, con la sua moral suasion, cercasse di richiamare tutte le forze politiche al fatto che quella legge elettorale ha funzionato.

La sinistra Pd andrà alla scissione?

No, il suo obiettivo è riprendersi il partito. Quella della sinistra Pd è stata una giravolta molto spregiudicata. Ha infatti votato la riforma, e tra l’altro ha posto come condizione per votarla che fosse peggiorata. Renzi pensava a un senato di sindaci, mentre la minoranza dem ha portato il discorso sui consiglieri regionali che rappresentano la classe dirigente in assoluto meno autorevole d’Italia. Per una volta è stato Pier Luigi Bersani a fregare Renzi anziché il contrario come d’abitudine.

Che cosa ha in mente intanto Silvio Berlusconi?
Sotto sotto Berlusconi tifa per Renzi. Infatti l’unico che si sta veramente battendo per il No nel centrodestra è Renato Brunetta, ma di sicuro non Mediaset. Anzi Fedele Confalonieri ha fatto sapere che voterà Sì.

Veniamo al suo ultimo libro dedicato alle donne. Oggi nei paesi più avanzati sono al potere, perché in Italia non è ancora così?

L’Italia è ancora un Paese maschilista, anche perché il maschilismo spesso è insegnato dalle madri ai figli maschi. Oggi però stiamo facendo dei passi avanti enormi. Se si considera che la prima donna ministro, Tina Anselmi, è stata nominata nel 1976, significa che per 30 anni la democrazia italiana ha creduto di poter fare a meno delle donne. A lungo quindi le donne sono state soltanto ministro della Sanità e della Pubblica istruzione, cioè in sostanza infermiera e maestra. Da allora sono cambiate parecchie cose, tanto che oggi abbiamo Virginia Raggi come sindaco della capitale.

Laura Boldrini, Virginia Raggi e Maria Elena Boschi rappresentano tre stili diversi. Lei quale preferisce?

In tutti e tre vedo delle qualità e dei limiti. Onestamente non ho capito bene la Raggi, perché un sindaco non può nascondersi così. Noi romani l’abbiamo vista soltanto sul palco di Palermo, mentre un sindaco è un personaggio pubblico che deve avere una vita pubblica. Una cosa che accomuna tutte e tre queste figure è il fatto che hanno dovuto sopportare un peso mediatico notevole. La Boldrini è uno dei personaggi più odiati d’Italia. La Boschi è stata processata in modo eccessivamente severo per colpe non sue. Anche la Raggi probabilmente subisce un accanimento eccessivo, ma deve avere un po’ più di fiducia in se stessa.

Fronte Unico per uscire dall'Euro - bravo Salvini, l'Euro sta distruggendo la nostra industria

Matteo Salvini sul Financial Times: "La Brexit è stata una bella boccata d'ossigeno, ci libereremo dell'euro"
Ansa
Pubblicato: 13/10/2016 11:15 CEST Aggiornato: 13/10/2016 11:16 CEST



La Brexit? "Una bellissima boccata d'ossigeno". E un impegno: con la Lega Nord al governo si dice addio all'euro. La linea dura di Matteo Salvini sbarca sul Financial Times, dove il leader del Carroccio non le manda a dire sulle questioni più spinose che caratterizzano il presente e il futuro dell'Unione europea.

"Tre anni fa", quando la Lega fece una campagna elettorale puntando sull'uscita dall'euro, "pensavano che fossimo pazzi, ci guardavano come marziani, invece adesso la questione fa parte del dibattito", dichiara Salvini, che aggiunge: "C'è acqua su Marte e c'è vita oltre Bruxelles".

Sul destino dell'euro, Salvini è netto: "Chiunque vota per noi deve sapere che un governo della Lega Nord si libererà dell'euro e tornerà alla moneta nazionale", specificando che la mossa sarà fatta d'accordo con gli altri Paesi dell'eurozona ma che se necessario l'Italia è pronta ad andare avanti unilateralmente: "Qualsiasi rischio ci prendessimo sarebbe comunque un miglioramento a confronto della morte certa (di restare nell'euro)".

Nell'intervista al Ft c'è spazio anche per il referendum costituzionale del 4 dicembre. "Pensiamo che vinceremo. Più gente ne parla, più gente ne legge, più Renzi va in televisione, più il No avanza", sottolinea. "Non stiamo dicendo che non si può toccare la Costituzione, ma devi toccarla bene; con la riforma tutto viene centralizzato ma la storia italiana dice che quando si centralizza tutto, niente funziona".

140 soldati in Lettonia - hanno deciso a Varsavia peccato che il governo ha taciuto e c'è l'ha comunicato ieri la Nato. E il Pd

Italiani in Lettonia?Bufera sul governo 

14 ottobre 2016 19.25 

E' polemica sull'annunciato invio di soldati italiani in Lettonia. Insorge Brunetta (FI): "La Federazione Russa è un Paese amico", no "ad una nuova guerra fredda. Il governo venga in Parlamento". Salvini (Lega) parla di "follia anti-russa".E aggiunge: "Chi fa prove di guerra con la Russia è matto o è in malafede".Per i deputati M5S è una mossa che può esporci a "scenari bellici e ci riporta indietro di 30 anni".No di Scotto (SI):"Pinotti venga in Parlamento". Ma il Pd con Moscatt: è stato deciso a Varsavia,"nulla è stato taciuto" 

140 soldati in Lettonia - la Russia non serva degli Stati Uniti ma una difesa della sua indipendenza ed autonomia diventa aggressiva per gli esperti euroimbecilli italiani

Soldati italiani contro Putin Renzi ci trascina alla campagna di Russia
Con la Nato nel 2017 ne partiranno 140 Gentiloni minimizza, ma Mosca protesta

Chiara Giannini - Sab, 15/10/2016 - 08:36

Centoquaranta militari italiani saranno schierati in Lettonia a partire dalla prossima primavera e faranno parte di un contingente di quattromila soldati della Nato.



La conferma arriva dal ministro della Difesa Roberta Pinotti, che riprende quanto già detto dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, che aveva annunciato proprio una presenza militare al confine con la Russia a partire dal 2018. Una decisione presa in base a quanto già stabilito a Varsavia e che vedrà l'Italia, dal gennaio dello stesso anno, alla guida della task force che partirà con un comando canadese.

Quattro saranno i battaglioni schierati dal 2017 sia nei Paesi baltici, punto di maggior frizione con Mosca, che in Polonia. Si tratta di «spearheads forces», soldati dispiegabili ovunque in 48 ore. In pratica il corpo di «reazione rapida» della Nato. Stoltenberg annuncia: «Missione di difesa e dialogo». Ma c'è chi già vede il segnale sinistro di un possibile conflitto mondiale. In realtà le cose stanno un po' diversamente ed è nelle parole del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni che si può capire come, per il governo, si tratti della normale partecipazione a un'attività Nato. «Noi - ha detto il capo della Farnesina - abbiamo sempre dato il nostro contributo a un'impostazione di rafforzamento degli assetti difensivi nei Paesi del nord-est dell'Alleanza atlantica». Basti pensare che l'Italia da tempo è impegnata, nell'ambito delle attività Nato, nei turni stabiliti dall'air policing. Da gennaio ad agosto gli aerei della nostra Aeronautica militare hanno sorvolato i cieli della Lituania, in seguito al turno di quattro mesi di altri Paesi. Ci sono nazioni Nato, infatti, che non hanno vettori della difesa aerea (tra questi Albania, Slovenia, Paesi baltici e Islanda) per i quali è previsto l'intervento a rotazione da parte di chi, invece, ha una forza aerea, come appunto l'Italia, che finora ha fatto air policing in tutti e quattro i Paesi.

Per quanto concerne la missione ai confini con la Russia, invece, con questa mossa la Nato vuol far passare un messaggio di prontezza e deterrenza, non tanto nei confronti della Russia, quanto semmai delle nazioni che fanno parte dell'Alleanza atlantica. Una normale verifica di capacità operativa per lanciare un messaggio al mondo: «Guardate che la Nato funziona». Un mostrare i muscoli, insomma. Una mossa, però, che ha fatto arrabbiare il Cremlino. La portavoce del ministro degli Esteri russo, Maria Zakharova, interpellata sull'impegno italiano in Lettonia, ha detto che «la politica della Nato è distruttiva. L'Alleanza è impegnata nella costruzione di nuove linee di divisione in Europa, invece che di profonde e solide relazioni di buon vicinato».

Il presidente del CeSi (centro di studi internazionali) Andrea Margelletti spiega che «di fatto la Russia, in quella zona, fa sorvoli non autorizzati. I Paesi baltici sono armati di niente, per cui, è ovvio che la Nato abbia deciso di intervenire e che l'Italia, che ne fa parte, debba partecipare. Si tratta di una cosa normalissima. Se volessimo fare la guerra non manderemmo certo 140 militari, ma migliaia. Quali sono i rischi di un conflitto mondiale? Per ora - conclude - posso dire che non ne vedo, anche se devo ammettere che ultimamente l'atteggiamento della Russia è parecchio aggressivo». Adesso il timore è ritrovarsi a giocare con il fuoco.