3 aprile 2017

Fabrizio Pezzani
Professore ordinario di Economia Aziendale presso l'Università L. Bocconi. E' autore di libri e pubblicazioni sui temi di governance e controllo delle amministrazioni pubbliche e private e delle
Il salto nell'iperuranio della finanza virtuale: l'uovo di Colombo
Il periodo immediatamente successivo, 1948–1969, fu un periodo di boom sia economico che sociale con un sistema di cambi sostanzialmente fissi che consentivano anche una tenuta dei conti pubblici; negli anni sessanta gli Usa ebbero il punto più basso del debito pubblico e l'Italia aveva un rapporto debito/PIL al 32%. Quel periodo definito da molti studiosi come la "golden age" cominciò a vacillare alla fine degli anni sessanta ed ebbe la sua svolta definitiva dal 1971 quando Nixon dichiarò la fine degli accordi di Bretton Wood e la convertibilità dell'oro perché i problemi interni avevano spinto ad una crescente stampa di carta moneta senza avere oro in giustificazione. In questo modo l'inflazione monetaria da surplus di liquidità finì per intossicare tutto il mondo in una tempesta finanziaria che si sarebbe saldamente imposta dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989.
L'apice della deriva mitologica viene raggiunto dal Nobel di Lucas che fa nascere con i mercati razionali la finanza – sacrale ed infinita e staccata dal mondo reale finito che perde il ruolo di bene di riferimento. Questa finanza "mitologica" si studia solo con formulazioni matematiche che cancellano di colpo sia il ruolo dell'emozionalità dell'uomo nelle decisioni, sia il DNA dell'economia che si trasforma da scienza sociale e morale in una scienza positiva ed esatta contro ogni logica ed evidenza dei fatti. Da allora si intreccia un sistema di relazioni tossiche tra finanza politica ed un'accademia che s'accoda dando evidenza ad una sudditanza culturale che la rende corresponsabili dei disastri attuali.





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