San Casciano in Val di Pesa
La sede di Chiantibanca a San Casciano in Val di Pesa Richieste di chiarimento all’ex presidente di Chiantibanca Lorenzo Bini Smaghi sono state rivolte stamani da alcuni soci della bcc su una pagina a pagamento pubblicata sul settimanale locale Chiantisette e sul quotidiano La Verità con un lungo testo concluso dalla dizione ‘1.continua’, come se fosse una prima puntata.
I soci, di cui non compaiono i nominativi ma una generica firma ‘Alcuni soci di Chiantibanca’, scrivono che “il 6 settembre 2016 Chiantibanca ha ceduto un pacchetto di ‘crediti deteriorati’ a credito Fondiario spa – Fonspa” e “tali crediti che avevano un valore nominale di 64.464.000 euro, sono stati acquistati al prezzo di 5.450.000 euro”. Ma, chiosano i soci, “Credito Fondiario spa (Fonspa) è partecipato nella misura del 36,13% da Tages Holding spa che ne risulta l’azionista di maggioranza. Lei – evidenziano – dottor Bini Smaghi già il 6 settembre 2016 sedeva (e ancora siede) nel consiglio di amministrazione di Tages Holding spa e, contemporaneamente, presiedeva anche il cda di Chiantibanca”. Inoltre, rivolgendosi a Bini Smaghi nella stessa lettera aperta questi soci di Chiantibanca gli chiedono se “giudica trasparente e opportuno l’acquisto di crediti deteriorati di ChiantiBanca, società da lei presieduta, da parte di una società il cui azionista di maggioranza è società in cui lei è consigliere di amministrazione?”.
I soci ricordano che Fonspa, società di lucro, acquista “crediti deteriorati cioè svalutati da parte delle banche” e che “il 16 novembre 2015 ha acquistato (scegliendo tra 1,9 miliardi di sofferenze) 302 mln di crediti da Banca Etruria pagandoli solo il 14% del loro valore nominale ovvero 49 mln di euro” quando “solo cinque giorni dopo Banca d’Italia emanò un decreto di risoluzione che di fatto ha impedito ogni ulteriore ‘scelta’ dei crediti da acquistare”: “risulta quindi – scrivono con evidente ironia – che Credito Fondiario Fonspa è capace di arrivare prima, scegliere e pagare di meno”.
Richieste di chiarimento anche sulle consulenze pagate per studiare l’ipotesi di ‘way out’, poi scartata al dicembre 2016 per aderire alla holding cooperativa del Trentino Cassa Centrale. Bini Smaghi, ricostruiscono i soci, era già orientato dall’estate 2016 per la scelta della holding delle bcc trentine ma “è stato d’accordo a pagare sino al dicembre 2016 consulenze per attuare la way out per circa 1.000.000 euro ben sapendo che si trattava di una soluzione non praticabile”. Fonte: ANSA
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