Solo due giorni fa avevano bollato la consultazione come «inutile», «stupidaggine», «populista» ed «egoista». Confermando che di politica non capiscono nulla
23 ottobre 2017
Giuliano Guzzo
«Gli intellettuali si schierano: “Una consultazione inutile”». Così una testata veneta,
appena due giorni fa, ci informava solennemente che loro, i cervelloni, al referendum sull’autonomia del 22 ottobre 2017 non credevano per nulla. In effetti, a leggere il contenuto delle dichiarazioni delle teste pensanti – tra cui gli scrittori Massimo Carlotto e Romolo Bugaro, i registi Giuseppe Emiliani e Marco Segato e l’attrice Ottavia Piccolo – si rimaneva colpiti dai giudizi contro l’appuntamento referendario apostrofato quale «grande stupidaggine», «operazione costosa e inutile, che alimenta forme di populismo», «mossa propagandistica», «parafulmine» e «idea egoista». Come poi siano andate le cose, ormai, è noto: quasi il 60% dei veneti è confluita alle urne, chiedendo in modo plebiscitario – 98% di Sì – maggiore autonomia regionale.
Come poi siano andate le cose, ormai, è noto: quasi il 60% dei veneti è confluita alle urne, chiedendo in modo plebiscitario – 98% di Sì – maggiore autonomia regionale. Gli intellettuali veneti, dai veneti, sono insomma distanti. Di più: distantissimi. Anni luce, verrebbe da pure aggiungere. Il che, se certo non turberà detti intellettuali – i quali, probabilmente, si sentiranno assai superiori al popolo che ieri ha letteralmente affollato le urne -, non può comunque non offrire a noi, uomini della strada, degli spunti di riflessione.
Il primo, riguarda l’utilità della figura dell’intellettuale, la cui sensibilità si conferma sideralmente lontana da quella popolare: ma allora come fanno, costoro, a scrivere, pensare, narrare o anche solo commentare vicende come quella di ieri? La «consultazione inutile» è cioè stata quella del referendum o la scelta giornalistica di sondare il parere di questi illustri personaggi? Il dubbio viene.
E poi – altro spunto di riflessione – non sarebbe stato più serio chi, interpellato sul referendum di ieri, avesse rifiutato di rispondere, evitando così di rimarcare la propria lontananza dal sentire comune? Che bisogno insomma c’era, infatti, di commentare a tutti i costi? Una domanda, questa, alla quale non si può non far seguire un’annotazione rispetto al fatto che il referendum tutto è stato, in realtà, fuorché «inutile». Infatti, anche se non avvierà automatismi né produrrà, in quanto tale, immediati effetti giuridici, la partecipazione al referendum sull’autonomia – verificatasi, peraltro, in perfetta armonia con la cornice costituzionale – costituisce un dato politico di peso dal momento che attribuirà, in fase di negoziazione con lo Stato centrale, enorme legittimità alla richiesta della Regione Veneto di maggiori competenze.
Ora, possibile che nessuno tra gli intellettuali veneti abbia potuto cogliere un aspetto così elementare da essere sottolineato, oggi, pure da osservatori di area progressista? Possibile che al fior fiore dell’intellighenzia locale sia sfuggito tutto questo? Curioso davvero. Notava giusto pochi anni il filosofo Costanzo Preve che questa è una fase storica eccezionale dal momento che, per la prima volta, gli intellettuali sono meno intelligenti del popolo. Temo proprio avesse ragione. Anche se la situazione delle teste pensanti, forse, è addirittura più drammatica dal momento che chi, dinnanzi a un referendum, coglie tutte le sfumature possibili – il populismo, l’uso strumentale del voto, i costi della consultazione – fuorché il pensiero del popolo, oltre che poco acuto è pure poco umile; dunque destinato davvero a rimanere, purtroppo per lui, un pòro baùco.
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