la polemica non è un male, è solo una forma di confronto crudo sincero, diciamo tutto quello che pensiamo fuori dai denti, e vediamo se riusciamo a far venir fuori le capacità di cui siamo portatori e spenderle per il Bene Comune. Produrre, organizzare, trovare soluzioni, impegnarci a far rete, razionalizzare e mettere in comune, attingere alle nostre risorse. CUI PRODEST? Pensa cchiu' a chi o' dicè ca' a chello ca' dice
L'albero della storia è sempre verde
L'albero della storia è sempre verde
"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"
sabato 4 febbraio 2017
Il M5S euroimbecille tradisce l'Italia e non ci interessa ma la Raggi va difesa
Occhio di Lince - 2 febbraio 2017
I nuovi assetti di governo e il subbuglio del capitalismo italiano si ripercuotono sul mondo dell'informazione. Corriere, Repubblica, Sole 24 Ore: il totonomi ai confini tra il vero e il verosimile.
Occhio di lince
Riforma elettorale: sì, ma come? Elezioni: sì, ma quando? Apparentamenti: tutti da fare, qualcuno da scoprire. Cavalli che ritornano, Massimo D’Alema. Cavalli imbizzarriti che mordono il freno smaniosi di tornare: Matteo Renzi. Manovre aggiuntive? No, solo aggiustamenti perché l’ipotesi di una nuova finanziaria deprime il già depresso stato d’animo del Paese e fa galoppare a mille l’onda populista.
FRUSTRAZIONE TRA GLI EDITORI. Il risultato è un totale disorientamento, una sottile inquietudine che naturalmente pervade anche i giornali, antenna spasmodicamente sensibile nel captare i nuovi equilibri e nell'adeguarsi prontamente. In più c’è la crisi, copie e pubblicità calano di mese in mese, e il mestiere è sempre più un lungo inverno di uno scontento da cui non si intravede riscatto. Per gli editori, un dramma nel dramma che acuisce il senso di frustrazione. Per quanto essi facciano, il declino appare irreversibile.
CHI ESTRAE IL CONIGLIO DAL CAPPELLO? Allora ci si arrovella sul da farsi, si pensano nuovi nomi e organigrammi sperando di estrarre il coniglio dal cappello, si guarda a come evolve la politica ma non solo, visto che da mesi il capitalismo italiano è in subbuglio e sta per scatenarsi una colossale guerra di sistema sui destini di Generali, quella che ai tempi vezzosamente si appellava come la signora senza marito del capitalismo nostrano.
QUANTI GOSSIP NEL MARE MEDIATICO. Dopo un periodo di quiete, di pretendenti se ne sono fatti avanti molti, italiani e stranieri. Ed è impensabile che i nuovi assetti che verranno non si riflettano anche sul mondo dell’informazione. Girano nomi, domande, scenari, dubbi in cerca di soluzione. Chiacchiere, sulfurei quanto spesso inutili gossip che increspano ancor più le acque del procelloso mare mediatico.

Il vistoso appannarsi dell’astro renziano ha lasciato molti simpatizzanti del rottamatore scoperti. Cosa farà la Repubblica per esempio, che nei suoi oltre 40 anni di storia è stata nutrita e cresciuta dall’antagonismo verso il potere dominante (Craxi prima, Berlusconi poi), un collante abiurato per la prima volta con Renzi al potere? Romperà la sua tradizione di direttori longevi oppure lascerà all’ancora fresco di nomina Mario Calabresi il compito di pilotare il giornale tra le insidie del nuovo quadro politico che si configura confusamente proporzionalista?
L'ETERNO RITORNO DI GIANNINI. Carlo De Benedetti, che a suo tempo aveva preso la tessera numero uno del Partito democratico, come si comporterà di fronte alla sua dissoluzione? Meglio continuare l’appeasement nei confronti dell’ex sindaco di Firenze il cui nome per una larga parte del Paese suona indigesto o saltare convintamente sul carro dell’ancora informe Cosa dalemiana? I corridoi di via Cristoforo Colombo fanno eco al nome di Massimo Giannini, che all’Ingegnere piace sempre al punto da avergli perdonato lo sgarbo di abbandonare la nave ammiraglia sedotto dalle sirene del piccolo schermo.
DE BORTOLI E QUELL'EDITORIALE... Ma andando un po’ più a ritroso, si ricorda che quando Ezio Mauro lasciò il giornale Ferruccio De Bortoli era il naturale candidato a prenderne il posto. Peccato che all’epoca a Palazzo Chigi si parlasse più che mai toscano, e che l’ex direttore del Corriere fosse stato accompagnato alla porta proprio per un editoriale in cui dichiarava apertamente la sua avversione verso quell’antipatico di talento per di più immerso in un afrore di massoneria.
MA NON C'È DUE SENZA TRE. Mannaggia all’asincronia che ora lascia a bordo pista un cavallo di razza sempre pronto a tornare. Fosse per Banca Intesa, padrona di mezza editoria italiana, Ferruccio sarebbe di nuovo comodamente assiso sulla poltrona di via Solferino da lui occupata per ben due volte. Poco male, non c’è due senza tre. Però ora il Corriere non ha più un’assemblea condominiale che lo guida, ma un unico padrone.

A Urbano Cairo l’attuale tenutario Luciano Fontana va bene, ma si sa come sono questi capitalisti movimentisti. Come i presidenti delle squadre di calcio - guarda caso il nostro ne possiede una, il Torino - fanno continuamente esercizio di scouting. C’è qualche "Gallo Belotti" della penna che avanza? Aldo Cazzullo per esempio, che gioca bene in tutti i ruoli e risponde pure alle lettere dei lettori, e poi Carlo Verdelli, che chiusa l’infelice esperienza Rai è tornato a essere il convitato di pietra di ogni crocevia editoriale.
PACE FATTA TRA BOCCIA E ROCCA. Si vedrà. Intanto però corre l’obbligo, per par condicio, di accennare a quanto succede al foglio rosa degli Industriali alla vigilia di un aumento di capitale destinato a rafforzarne gli esausti bilanci e, possibilmente, voltare pagina e ripartire. Qui la vicenda è talmente lunga e articolata che occorrerebbe versare fiumi di inchiostro. Diciamo che il vostro Occhio di lince, da sempre sul pezzo, si limita agli avvenimenti delle ultime ore, ovvero alla pace fatta tra il presidente Boccia e Gianfelice Rocca, l’uscente di Assolombarda atteso da una poltrona in Fondazione Cariplo.

Che c’entra Il Sole 24 Ore, si chiederanno i miei sempre più numerosi lettori? C’entra eccome. Uno dei motivi del contendere era proprio il quotidiano economico, che Assolombarda si era addirittura offerta di rilevare dalla casa madre di viale dell’Astronomia. Richiesta invero assai bizzarra, visto che ricorrendo alla figura retorica della sineddoche la potente Assolombarda è pur sempre la parte di un tutto.
NAPOLETANO, OCCHIO AI BARBARI. Ma ora il patto del risotto con l’ossobuco cambia la prospettiva: Roberto Napoletano resiste, anche se i barbari sono alle porte. Barbari Gentili, nel senso di Guido, ex direttore delle pagine rosa ora stimato editorialista. Però c’è anche l’attuale condirettore Edoardo De Biasi cui molto establishment vedrebbe di buon occhio la promozione al supremo soglio. E poi Fabio Tamburini, un altro che in via Monterosa ha speso con unanime consenso la miglior parte della sua vita. Per non dire del bravo Sebastiano Barisoni, che in nome del molte testate ma un solo direttore (sono tempi duri e si risparmia), si è visto negare dal cda della casa editrice la nomina al vertice di Radio 24.
PRIMA DIRETTRICE DONNA? Per dirigere un giornale bisogna però avere i Galloni. E dunque lasciatemi chiudere con questo vezzo del nomen omen, Alessandra Galloni, giovane e apprezzata giornalista Reuters, che ha suoi tifosi dentro viale dell’Astronomia nonché in ambienti imprenditoriali romani. Sarebbe, se la memoria non mi falla, la prima direttrice donna dell’austero quotidiano. Insomma, una rosa nel rosa. E se son rose fioriranno.
La spesa in deficit buona serve per implementare il Piano di Lavoro Transitorio

MMT in pillole - PLT: Piani di Lavoro Transitorio
Alan Greenspan su Pensioni e Ricchezza Reale
MMT QUOTATION #1 | Randall Wray
MMT QUOTATION #4 | Stephanie Kelton
Nicola Gratteri - Grazie
Il procuratore capo di Catanzaro, intervenuto all’auditorium comunale per presentare il suo libro, annovera tra i successi degli ultimi mesi l’insediamento alla guida del comando provinciale dei carabinieri di Vibo Valentia del colonnello Gianfilippo Magro, suo ex allievo
«È la prima volta che in Calabria al comando provinciale dei carabinieri giungono i capi-corso, cioè i migliori in assoluto, che avrebbero potuto scegliere di andare a lavorare in una grande città come Roma o Milano. Invece, hanno deciso di venire qui, dove sei costretto a essere “sbirro” 24 ore su 24, senza la possibilità di staccare mai».
Il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, annovera tra i successi degli ultimi mesi anche l’insediamento alla guida del comando provinciale dei carabinieri di Vibo Valentia di un suo ex allievo, il colonnello Gianfilippo Magro, che lo ascolta in prima fila mentre lui parla dal palco dell’auditorium di Filadelfia, dove ieri ha presentato il suo nuovo libro “Padrini e Padroni - Come la ‘ndrangheta e diventata classe dirigente”, scritto con Antonio Nicaso, tra i massimi esperti mondiali di organizzazioni criminali calabresi.
A promuovere l’incontro pubblico è stata l’associazione "Filadelfia nostra", presieduta da Rosetta Chiaravalloti, che ha fatto gli onori di casa ringraziando Gratteri per aver accettato l’invito e rimarcando l’importanza di appuntamenti di questo tipo per consolidare la cultura della legalità.
La sala gremita, con quasi 300 persone ad ascoltare - tra cui alcune classi del liceo scientifico, dell’istituto professionale e della scuola media locale - ha confermato la sensibilità verso queste tematiche della cittadina ai piedi delle Serre, che già nel 2010, per la presentazione del libro La Malapianta, aveva tributato a Gratteri un’accoglienza calorosissima.

Sul palco con il magistrato, anche sette ragazzi delle classi presenti in platea, la dirigente dell’Istituto omnicomprensivo di Filadelfia, Francesca Maria Viscone, e il giornalista Enrico De Girolamo, che ha intervistato l’ospite e moderato l’incontro.
«Non è consueto riscontrare tanta attenzione per questi temi – ha rimarcato Gratteri – e questo vi fa onore. Oggi la ‘ndrangheta è più forte, ha più soldi e più potere. Nonostante gli sforzi enormi, la battaglia non la stiamo vincendo, al massimo riusciamo a strappare un pareggio». A chi gli chiedeva se non sia troppo pessimista, il procuratore ha risposto di essere semplicemente realista. «Se anche riuscissi a mandare in galera mille ‘ndranghetisti entro la fine del 2017 - ha detto - la mafia continuerebbe a essere viva e forte».
I motivi di questa invincibilità sono molteplici, ma su tutti prevalgono le collusioni nelle istituzioni pubbliche. «I politici cambiano, ma gli apparati burocratici no - ha detto - Ed è qui che si annida il malaffare, è qui che bisogna intervenire con sempre maggiore determinazione per contrastare la corruzione che finisce per soffocare il tessuto imprenditoriale sano a colpi di mazzette».
Ma al ricatto non bisogna cedere mai: «Meglio fallire come impresa, meglio ricominciare da zero salvaguardando la propria dignità, che fallire come uomini». Un monito che ha rivolto anche ai numerosi giovani presenti, invitandoli a non cedere mai alle lusinghe del guadagno facile.
Gli studenti di Filadelfia non hanno deluso le sue aspettative, facendo decine di domande e ascoltando con grande attenzione le parole di Gratteri, che per circa 3 ore ha colloquiato con il pubblico. Una presenza profondamente consapevole e voluta, quella degli studenti. Come ha rimarcato nel suo intervento introduttivo la dirigente scolastica. «Se siamo qui oggi è perché a noi importa - ha detto Viscone -. A noi importa se la corruzione avvelena il nostro mare e la nostra acqua, a noi importa il futuro di questo paese, a noi importa difendere e conservare la bellezza dei luoghi. Perché ciò che è patrimonio di tutti, il bene comune, appartiene a tutti noi».
Francesco senza misericordia
“A FRANCE’, ma n’do sta la tua misericordia?”
Trump e le Consorterie Guerrafondaie Statunitensi ed Ebraiche stanno convergendo verso punti di equilibrio, terre e popoli sudditi dell'Impero

Missili ucraini sul centro di Donetsk, la devastazione del giorno dopo 0...
Roma - Virginia Raggi - un fatto è certo se la sindaca riesce a superare questo momento di attacco profondo, corale e continuo avremo una politica temprata dalle battaglie che farà vedere i sorci verdi agli avversari
Vladimiro Giacchè - gli euroimbecilli italiani dovrebbero sapere che la stabilità del cambio viene perseguita a spese dello sviluppo dell’occupazione e del reddito e Noi Italiani non ce lo possiamo permettere ne lo vogliamo
- gli egoismi nazionali, i costi di riaggiustamento iniquamente ripartiti tra paesi creditori e paesi debitori,
- una politica economica che ruota attorno al feticcio della stabilità della moneta, senza minimamente curarsi dei suoi costi sociali.
- l’inefficacia della rigidità del cambio per promuovere adeguamenti della struttura economica
- e il persistere di un differenziale d’inflazione tra l’Italia e gli altri paesi, con conseguente perdita di competitività (alla quale, in assenza di svalutazioni competitive, si può rimediare soltanto attraverso la cosiddetta “svalutazione interna”, ossia la riduzione dei salari).
- “Quest’area monetaria è oggi un’area di bassa pressione e di deflazione, nella quale la stabilità del cambio viene perseguita a spese dello sviluppo dell’occupazione e del reddito.
- Infatti non sembra mutato l’obiettivo di fondo della politica economica tedesca: evitare il danno che potrebbe derivare alle esportazioni tedesche da ripetute rivalutazioni del solo marco, ma non accettare di promuovere uno sviluppo più rapido della domanda interna”.
Giulietto Chiesa e Claudio Messora su UE e MES: la politica non esiste più.
Nicola Gratteri - è un processo che ha iniziato di una macchina innarrestabile per combattere la corruzione

La Germania vuole commissariare Roma entro il 2017 - Marco Zanni da Brux...
Non c'è niente da fare dobbiamo strappare il potere agli euroimbecilli del corrotto Pd
La Germania vuole commissariare Roma entro il 2017 – Marco Zanni da Bruxelles.
Pubblicato il 02 feb 2017
https://www.youtube.com/watch?v=Gd7KJByR83o
http://www.maurizioblondet.it/la-germania-vuole-commissariare-roma-entro-2017-marco-zanni-bruxelles/
Unicredit - ancora la Francia nel panorama italiano
UNICREDIT/ L'aumento di capitale con una "domanda" per Société Générale
Sergio Luciano
venerdì 3 febbraio 2017
UNICREDIT Ma il 10 marzo, alla fine dell'operazione di aumento di capitale da 13 miliardi di euro varata da Unicredit, nell'azionariato della grande banca di Porta Nuova spunterà o meno un "anchor investor"? L'orribile ibrido borsistico-marinaro - un po' investitore, un po' àncora - assurto agli onori del lessico cronistico nel caso, menagramo, del Monte dei Paschi di Siena, non è ancora stato usato, nel caso di Unicredit, ma non essendo una parolaccia, merita qualche considerazione. Perché il tema di fondo - e rispetto al quale è giusto, nell'interesse dell'azienda-Italia, non solo fare il tifo, ma anche darsi da fare - è che l'operazione "non può non andar bene". Tecnicamente andrà sicuramente bene, cioè l'aumento di capitale riuscirà perché è stato garantito da un plotone di altre banche che compreranno le azioni che non dovessero essere acquistate dal mercato (previo commissioni per circa 350 milioni di euro, oggettivamente in linea con l'enormità del valore dell'aumento). Ma la domanda sull'identità di un "anchor investor", che non trovando risposta ha spinto il Montepaschi tra le braccia dello Stato, nel caso di Unicredit cambia: tra i garanti dell'aumento, spunterà qualcuno disposto ad assumere la guida della proprietà della banca?
Se la risposta fosse "no" si porrebbe - a operazione conclusa - un improbabile scenario da banca "public company", improbabile e transitorio, in un mercato che comunque procede a grandi passi verso aggregazioni e concentrazioni su scala crescente. E quindi quel "no" sarebbe comunque a termine. Ricordiamo le banche coinvolte nelle varie fasi dell'operazione: Morgan Stanley e Ubs saranno structuring advisor; Bofa Merrill Lynch, Jp Morgan e Mediobanca saranno joint global coordinator e joint bookrunner. Citigroup, Credit Suisse, Deutsche Bank, Goldman Sachs International e Hsbc co-global coordinator e joint bookrunner. Banca Imi (gruppo Intesa Sanpaolo), Banco Santander, Barclays, Bbva, Bnp Paribas, Commerzbank, Crédit Agricole Natixis e Société Générale joint bookrunner. Rispetto all'impegno a garantire l'operazione, tecnicamente, potrebbero ancora tirarsi indietro (a certe condizioni), ma non lo faranno.
Al termine della manovra, però, Unicredit resterà quella pseudo public company che è stata, con dentro un paio di fondazioni bancarie italiane a fare da ago della bilancia e talvolta da mosche-cocchiere (come la Fondazione Crt attraverso Fabrizio Palenzona) o comanderà Société Gènérale? Di certo per ora si sa solo che la Fondazione Cariverona, oggi titolare del 2,23% del capitale di Unicredito, si diluirà all'1,8% per limitare a 211 milioni il suo esborso. Invece Fondazione Crt sottoscriverà tutta la sua quota (e quindi per il suo 2,3% spenderà 300 milioni). Per statuto, le Fondazioni devono in qualche modo giustificare simili esborsi, visto che le loro finalità devono essere filantropico-sociali e non speculative o di potere, ed entrambe hanno evidentemente potuto giustificare l'imminente spesa in vista di una possibile futura rivalutazione e un possibile rendimento di questo investimento monstre.
La sostanza è chiara: oggi in Borsa Unicredit vale circa 16 miliardi, poco più dell'ammontare della ricapitalizzazione. Significa che i soci devono mettere dentro la banca quasi tanti soldi quanti ne vale, se non vogliono diluirsi. E devono scommettere sulla prospettiva che l'azienda si rivaluti in modo da corrispondere a questo loro investimento. Jean-Pierre Mustier, l'amministratore delegato, ha il merito di non essere corresponsabile delle vicissitudini a valle delle quali la banca deve oggi chiedere tanti soldi al mercato dopo averne già presi 7,5, di miliardi, nel 2012, e dopo aver accusato anch'essa, come tante e più di molte, sofferenze gravissime nei suoi attivi. Ha messo la faccia sull'operazione e sul relativo piano industriale molto severo che l'accompagna, e legato il grosso della sua comunque enorme retribuzione al buon esito di esso. Insomma, ha la sua credibilità.
Ma la domanda resta: agli occhi di quale investitore puramente finanziario può risultare conveniente un'operazione così impegnativa, se non resa attraente anche da una logica di natura strategica? Per quale ragione i due attuali, principali singoli azionisti di Unicredit - Capital Research Management Company (6,725%) e Mubadala Investment Company (5,042% attraverso Aabar) - dovrebbero sborsare centinaia di milioni di euro per continuare a poter sperare soltanto in dividendi comunque bassi o bassissimi (ben altro rendono le aziende energetiche o di rete) in un'ottica di puro investimento finanziario? Altro invece è investire per ottenere, accanto ai magri rendimenti, anche potere, prebende, incarichi, appalti e quant'altro. Per poter "comprare clienti".
E dunque, fuori di metafora: sottoscrivere un aumento di capitale che incorpora uno sconto del 38% sui valori precedenti del titolo è un modo per comprare a buon mercato l'azienda. Lo farà qualcuno delle banche garanti? In particolare, lo farà Société Générale, di cui si parla da mesi? Sarebbe logico che lo facesse, nel solco di una palese ed economicissima "francesizzazione" di quel che resta dello smantellato sistema bancario e finanziario italiano. SG non ha mai confermato. Ma potrebbe essere lei "l'anchor" misterioso.
Renzi è un morto che cammina che continua a fare fughe in avanti per andare nel burone portandoci tutti i suoi amici di merenda, il corrotto Pd
Renzi rinunci a voto: accogliere appello Calenda su conti pubblici, dice Mucchetti (PD)
Massimo Mucchetti del PD riflette sulle elezioni anticipate.
Il presidente della Commissione Industria a Palazzo Madama rende noto dunque: "Ma sono meno disposto di lui a riconoscere grandi meriti ai cosiddetti 'mille giorni' e, soprattutto, sono meno ottimista di lui sul possibile ripensamento dell'ex premier. Temo che l'obiettivo di Renzi sia ormai quello di votare al più presto per salvare una sua posizione di potere, anche all'opposizione, declassando il Pd a bottega fiorentina sulla base della considerazione che tra dodici mesi, lui, Renzi, politico in declino senza un mestiere che non sia la politica, sarà più debole di oggi."
Puntualizza in ultimo: "Signor Renzi, non ha senso inseguire il populismo. Se questo fai, vince l'originale, non la copia furbesca."
Non si può non odiarli
venerdì 3 febbraio 2017
4- "NEW GLOBAL ORDER" ALL'ITALIANA: DALL'ASSISTENZIALISMO ALLA MERITOCRAZIA (FAT€ PR€STO!)


Hanno realizzato la gran parte del "mondo ideale" che volevano: e ora non riescono a capacitarsi delle erroneità delle stime e dell'acutizzazione obbligata delle conseguenze di questi errori. Nessuno può fare autocritica, dato il costo morale e politico di essa, ma nessuno può più, ormai materialmente, assumersi la responsabilità di continuare su queste linee di politica economico-sociale €urotrainata.
“… Dimostreremo che NON È VERO CHE L’ITALIA E L’EUROPA SONO STATE DISTRUTTE DAL LIBERISMO MA CHE AL CONTRARIO IL LIBERISMO È UN CONCETTO DI SINISTRA, e che le idee degli Zingales, degli Ichino e dei Blair non possono essere dei tratti marginali dell’identità del nostro partito, ma ne devono essere il cuore …” [18].
http://orizzonte48.blogspot.it/2017/02/4-new-global-order-allitaliana.html