Gli Usa mirano al sabotaggio dell’asse energetico russo-europeoIl confronto Stati Uniti-Russia si gioca anche sul terreno delle condutture
Come è noto, la
resurrezione della Russia come attore di primo piano nello scenario internazionale ebbe l’effetto di indurre gli Stati Uniti ad escogitare stratagemmi finalizzati a spezzare o quantomeno alleggerire il vincoli di dipendenza tra Mosca e l’Europa. Il primo tentativo in questo senso fu l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan (Btc), concepito per trasportare petrolio azero verso la Turchia meridionale aggirando a sud il territorio russo. Il secondo fu invece il gasdotto Nabucco, elaborato con lo scopo di far affluire verso l’hub austriaco di Baumgarten il gas naturale del Mar Caspio attraverso la Penisola Balcanica. Il progetto si rivelò tuttavia fallimentare per gli insormontabili problemi (geo)politici e di realizzazione che implicava.
Gli Stati Uniti non si dettero comunque per vinti, sponsorizzando un corridoio meridionale, alternativo al Nabucco, basato sui gasdotti South Caucasus Pipeline (Bte), Trans-Anatolian Pipeline(Tanap) e Trans-Adriatic Pipeline (Tap). Il Bte, della cui costruzione è incaricata la British Petroleum in collaborazione con l’azera Socar, la turca Türkiye Petrolleri Anonim Ortaklığı (Tpao), la brasiliana Petrobras, la russa Lukoil e la svizzera Naftiran Intertrade Company, dovrebbe collegare i giacimenti azeri di Shah Deniz al terminale turco di Erzurum, trasportandovi 60 miliardi di m3 di gas all’anno aggirando a sud la Russia. Da lì il South Caucasus Pipeline si connetterebbe al Tanap, un gasdotto, che nella fase finale dovrebbe essere in grado di trasportare 60 miliardi di m3 all’anno, controllato da un consorzio formato da Bp, Socar e Botaş, e concepito per allacciare Erzurum all’enclave greca di Kipoi ricalcando parte del percorso che avrebbe dovuto seguire il Nabucco. Dal confine orientale della Grecia, infine, si snoderebbe il Tap, che dovrebbe essere realizzato da un consorzio di cui fanno parte Bp, Socar, Statoil, Axpo Holding, Enagás e Fluxys, allo scopo di far confluire 20 miliardi di m3 annui del gas azero giunto fin lì grazie al Bte e al Tanap verso i terminali pugliesi di San Foca, presso Brindisi. Il Tap in particolare ha ottenuto tutta una serie di ‘autorizzazioni speciali’ da parte di Bruxelles, come l’esenzione dal principio di separazione proprietaria e di derogare al principio dell’accesso alle terze parti e dalle restrizioni in materia di regolamentazione delle tariffe. In base a ciò, la società azera Socar ha potuto acquisire sia una partecipazione nel consorzio che si occupa della costruzione del Tap sia dell’operatore greco di trasmissione Desfa, collocandosi così da entrambi i lati della trattativa (tanto come azionista quanto come distributore di gas alla Grecia).
L’Unione Europea ha giustificato la scelta di riservare questo trattamento di favore al Tap adducendo motivazioni legate alla necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento, nonostante la Grecia ricevesse già il 14% delle proprie forniture complessive di metano proprio dall’Azerbaijan. Il Tap si configurava evidentemente come il principale concorrente del
South Stream, una conduttura concepita da Gazprom, Eni, Wintershall ed Électricité de France per trasportare 63 miliardi di m3 di gas russo all’anno verso l’Europa meridionale correndo attraverso i fondali del Mar Nero e parte della Penisola Balcanica in modo da evitare il transito dall’Ucraina. La realizzazione del South Stream si imbatté tuttavia in
numerose difficoltà dovute alle forti pressioni esercitate da Washington e dall’Unione Europea sull’Italia e sui Paesi dell’Est europeo. Nella fattispecie, Bruxelles aveva giustificato le proprie remore nei confronti del South Stream adducendo motivazioni legate alla salvaguardia della concorrenza, per preservare la quale avrebbe preteso il rispetto del cosiddetto ‘terzo pacchetto’, secondo cui Gazprom si sarebbe dovuta limitare a fornire gas cedendo ad altri il controllo della conduttura. Successivamente, la Bulgaria – snodo fondamentale del condotto – dichiarò unilateralmente la sospensione dei lavori senza premurarsi di consultare il personale di Gazprom, in seguito a una procedura d’infrazione a suo danno aperta dalla Commissione Europea per presunte irregolarità riguardanti gli appalti relativi alla costruzione del gasdotto e, soprattutto,
a una riunione a porte chiuse tra il governo del premier Plamen Oresharski e i senatori statunitensi John McCain, Ron Johnson e Christopher Murphy.
I grossi problemi sorti lungo il percorso indussero Mosca a decretare la cancellazione del South Stream e di sostituirlo con il Turkish Stream, un collegamento off-shore tra la città russa di Anapa sulla costa del Mar Nero e la città turca di Kiyikoy nella regione della Tracia. Il piano prevedeva la costruzione di due condutture – una diretta alla Turchia e l’altra verso i mercati del sud-est europeo – dotate di una capacità complessiva di 31,5 miliardi di m3. Non aderendo all’Unione Europea, la Turchia è libera di non attenersi alle norme del ‘terzo pacchetto’, lasciando quindi che Gazprom funga sia da fornitore che da costruttore del gasdotto. Per rispettare le norme vigenti, Putin ha concordato con il governo di Atene di aggirare il problema del ‘terzo pacchetto’ incaricando la principale banca di investimenti esteri russa, controllata dallo Stato, di finanziare la costruzione del segmento greco del Turkish Stream in sostituzione di Gazprom.
Nei fatti, «l’intesa russo-turca si basa su un obiettivo comune: assicurarsi una via privilegiata per approdare al mercato europeo del gas. Nel caso della Russia, ciò si traduce nel rafforzare la sua leadership in Europa aprendo una nuova rotta meridionale che bypassi l’Ucraina, da cui transita attualmente larga parte delle sue esportazioni. Indebolire sino ad azzerare questa via significa ridurre drasticamente le entrate dell’Ucraina derivanti dalle royalty e di conseguenza il suo potere politico e negoziale. Per la Turchia, significherebbe aumentare la disponibilità di metano a copertura della crescente domanda interna e rafforzare il suo ruolo di hub metanifero verso Europa».
Vladimir Putin ha anche annunciato di aver raggiunto un accordo con le autorità greche e macedoni relativo alla costruzione del gasdotto Tesla, che andrebbe ad agganciarsi al Turkish Stream per far arrivare il gas russo fino al terminale austriaco di Baumgarten. Amos J. Hochstein, inviato del Dipartimento di Stato ad Atene,
ha più volte esortato la Grecia a negare la sua collaborazione al progetto in considerazione del fatto che la realizzazione del gasdotto Tesla, da parte della russa Stroytransgaz, manterrebbe intatta la presa energetica russa sull’Europa
che Washington ambisce categoricamente a spezzare. Dietro il pungolo statunitense, l’Unione Europea ha allora proposto una rotta alternativa transitante per Bulgaria e Romania, meglio nota come Eastring, che si allaccerebbe al corridoio meridionale che attinge dal giacimenti azeri. I quali non sono però sufficienti a coprire una quota significativa della domanda europea e quindi l’Eastring si candida, nella migliore delle ipotesi, a concorrere con il Tesla ma non a sostituirsi ad esso.
La messa a punto di una conduttura che seguisse la rotta-Sud per l’Europa meridionale e centrale rimaneva effettivamente imprescindibile, dal momento che lo stesso South Stream era stato progettato al preciso scopo di aggirare le tensioni geopolitiche che hanno regolarmente minato la stabilità di Paesi dell’Europa orientale come l’Ucraina, attraverso la quale transitava l’80% del gas russo diretto all’Europa. Lo scenario è cambiato radicalmente con la realizzazione del Nord Stream, il gasdotto ‘gemello’ del South Stream che corre dalle coste russe di Vyborg, nell’istmo di Carelia, fino al Meclemburgo tedesco attraversando i fondali del Baltico. Recentemente, Russia e Germania hanno concordato il raddoppio del gasdotto, in modo tale da abbassare ancora di più a quota di gas russo in transito attraverso l’Ucraina. Gli Usa si oppongono fermamente al progetto sia per evidenti ragioni economiche, visto che la conduttura russo-tedesca costituisce un formidabile ostacolo alla conquista del mercato europeo da parte dei produttori statunitensi di Gas Naturale Liquefatto (Gnl), che per la sua portata strategica. Grazie ai due Nord Stream, Berlino ha infatti sia consolidato la propria sicurezza energetica che rafforzato la dipendenza degli altri Paesi europei dalla Germania, impostasi come centro di redistribuzione del gas russo nel ‘vecchio continente’ aggirando gli strutturalmente instabili Paesi dell’Europa orientale.
Sotto questo aspetto, Washington
ha ventilato la possibilità di imporre sanzioni nel caso in cui il raddoppio del Nord Stream-2 dovesse andare in porto. D’altro canto, Washington beneficiato delle prese di posizione di Paesi di stretta osservanza atlantica quali
Polonia, Lituania e Croazia. Costoro si sono infatti posti alla guida di una vera e propria crociata energetica anti-russa, siglando un accordo per l’acquisto di forniture di Gnl statunitense adatto ai loro rigassificatori. Il gas estratto dai frackerUsa è molto più costoso di quello russo perché su di esso pesano i costi di trasporto via nave, ma dal punto di vista di Varsavia, Vilnius e Zagabria rimane fondamentale per svincolarsi dalla presa energetica russa.
Nell’ottica di questi stessi Paesi, l’accordo russo-tedesco relativo al raddoppio del Nord Stream è un «Patto Molotov-Von Ribbentrop 2.0». La disponibilità di Polonia, Lituania ed anche Croazia a ricevere il Gnl statunitense si presta perfettamente all’obiettivo di Washington consistente nel ridisegnare il sistema delle forniture energetiche nell’Europa orientale in funzione anti-russa.
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