L'albero della storia è sempre verde

L'albero della storia è sempre verde

"Teniamo ben ferma la comprensione del fatto che, di regola, le classi dominanti vincono sempre perché sempre in possesso della comprensione della totalità concettuale della riproduzione sociale, e le classi dominate perdono sempre per la loro stupidità strategica, dovuta all’impossibilità materiale di accedere a questa comprensione intellettuale. Nella storia universale comparata non vi sono assolutamente eccezioni. La prima e l’unica eccezione è il 1917 russo. Per questo, sul piano storico-mondiale, Lenin è molto più grande di Marx. Marx è soltanto il coronamento del grande pensiero idealistico ed umanistico tedesco, ed il fondatore del metodo della comprensione della storia attraverso i modi di produzione. Ma Lenin è molto di più. Lenin è il primo esempio storico in assoluto in cui le classi dominate, sia pure purtroppo soltanto per pochi decenni, hanno potuto vincere contro le classi dominanti. Bisogna dunque studiare con attenzione sia le ragioni della vittoria che le ragioni della sconfitta. Ma esse stanno in un solo complesso di problemi, la natura del partito comunista ed il suo rovesciamento posteriore classistico, individualistico e soprattutto anti- comunitario" Costanzo Preve da "Il modo di produzione comunitario. Il problema del comunismo rimesso sui piedi"

martedì 24 dicembre 2019

Il risparmio non viene più premiato, la famiglia deve essere distrutta, lo stato deve perdere la sua funzione di mediatore dei vasti interessi delle sue comunità. Questo è il Progetto Politico che ci vogliono imporre

Futuro senza Banche, Banche senza Futuro

Transazioni digitali da una parte, e Lotteria Universale dall'altra

24 dicembre 2019
Guido Salerno Aletta
Editorialista dell'Agenzia Teleborsa


C'è un vento strano in Europa, che stravolge istituzioni storiche ed ancor più radicati comportamenti sociali. Le riforme strutturali dilagano, proclamate o sottaciute: viene messa in discussione la tradizionale funzione della banca di deposito, con la remunerazione del risparmio e la centralità del credito, e soprattutto l'attesa di interessi e rendite che maturano col tempo. Non è tutto casuale.

Sono tutti sintomi di una rivoluzione più complessiva che 
  • riguarda la creazione e la conservazione della ricchezza, 
  • la funzione della riduzione del rischio affidata all'istituzione bancaria, 
  • la natura fruttifera del denaro, che comporta storicamente un premio per l'astenersi dall'utilizzo del proprio ed 
  • un prezzo per l'utilizzazione dell'altrui. 
  • La Banca tradizionale che raccoglie il denaro per impiegarlo nel credito alla produzione.
La moneta, ancor più, ha perso da tempo la sua consistenza e copertura metallica, con un valore ormai esclusivamente fiduciario. Se il biglietto di banca è stato pure esso sostituito dalla mera scrittura contabile, la immissione di liquidità per ragioni di politica monetaria, avviene ormai attraverso canali prevalentemente non bancari.

Rimane, chissà per quanto ancora, un monopolio legale della Banca centrale sulla moneta. Questa si dematerializza come la ricchezza, che ha abbandonato da tempo gli stereotipi della accumulazione dei beni materiali.

Sono le conseguenze, in questo settore, della violenta torsione cui viene continuamente sottoposta l'organizzazione sociopolitica dell'Occidente, e soprattutto la sua struttura economica e finanziaria. Serve una riflessione prospettica: non basta soffermarsi sulla distanza che ci separa dagli schemi del passato.

Se è tornata in qualche modo dubitabile la prospettiva di uscire definitivamente dal Novecento, secolo caratterizzato dal prevalere dei Nazionalismi radicali, altre tendenze si stanno consolidando in un modo che appare irreversibile.
Innanzitutto, c'è una diversa focalizzazione del conflitto sociale: anziché sulla redistribuzione del reddito e della ricchezza, avendo come riferimento il capitale e la produzione, e come nessi unificanti il vincolo sindacale, la coscienza di classe ed il partito ideologico, ora si è spostato verso le questioni ambientali.

Il conflitto rimane comunque distributivo: 
  • tra i popoli per la appropriazione delle risorse naturali, ancorché indivisibili; nel tempo e nello spazio, 
  • tra le generazioni e 
  • tra il Nord ed il Sud del mondo. 
L'internazionalismo ambientalistico ha sussunto quello proletario.

Ciò che tutto lega è il progressivo venir meno di ogni istituzione mediata, che fin qui si è prevalentemente accollato il rischio dei singoli ripartendone i costi su una collettività: deperisce lo Stato nelle sue istituzioni sociali, a favore delle iniziative che si fondano sul Mercato; così accade per la Banca rispetto alla protezione del valore del denaro nel tempo, a favore della Lotteria Universale con cui si attribuisce quotidianamente un valore, prezzandone il rischio, a tutto ciò che è immaginabile. Protezione sociale da parte dello Stato e tutela dei depositi da parte della Banca, così come si sono specchiati, ora deperiscono insieme.

L'annichilimento dei corpi sociali intermedi, a partire dalla famiglia, a favore della responsabilizzazione dell'individuo, ha fatto venire meno le reti di protezione che assicuravano la stabilità fondata sulla solidarietà.

Si assiste contemporaneamente alla denazionalizzazione delle masse, sotto la duplice azione della globalizzazione della produzione e dei commerci e dell'istanza ambientalistica, ed alla demassificazione della società.

L'individuo è solo nelle sue scelte, e su di lui ricade direttamente il rischio che ne deriva: questo è il Mercato.

La funzione della Banca, come intermediario che compra e vende denaro nel tempo, che ripartisce il rischio del credito di ogni operazione attraverso una grande pluralità di impieghi, e che per questa via garantisce il risparmio, non ha più ragion d'essere.

Le stesse direttive europee sul bail-in, affermando di voler evitare l'azzardo morale dei banchieri, hanno puntato con forza sulla eliminazione di qualsiasi garanzia pubblica, penalizzando immediatamente gli azionisti, ampie categorie di obbligazionisti ed i depositanti oltre i 100 mila euro, limitandosi a questo importo solo perché si presume che al di sotto ci sia davvero un risparmiatore e non già un investitore che non vuole correre i giusti rischi del mercato.

Le Banche si svuotano di funzioni.

Da una parte, il sistema dei pagamenti digitali toglie loro lo spazio che aveva avuto per secoli, con i pagamenti effettuati tramite gli assegni di conto corrente, contabilizzati nelle Camere di Compensazione.

Dall'altra parte, il credito si isterilisce per via delle forti garanzie richieste dalle banche per erogarlo, e le imprese sono indotte a cercare i capitali direttamente sul mercato e ad emettere direttamente titoli di debito: si moltiplicano le piattaforme su cui si quotano start-up, aziende innovative, medium e small-cap. Mercati sempre meno regolamentati, fluidi, senza indici di riferimento né rating.

La figura del risparmiatore svanisce, insieme al credito bancario. Si perde così la funzione di riduzione e di copertura del rischio che viene svolta dalla banca, e che evita a ciascun risparmiatore di dover valutare personalmente l'affidabilità del prenditore delle sue risorse.

Diventiamo da una parte gestori della liquidità, sui sistemi di pagamento digitale, e dall'altra investitori nella Lotteria Universale, acquistando direttamente prodotti di ogni genere, di cui ci accolliamo ogni rischio. Forse, qualcuno si fa consigliare da un gestore, che offre il suo servizio a pagamento. Senza più nessuna delle garanzie del risparmio offerte finora dalle banche.

Transazioni digitali da una parte, e Lotteria Universale dall'altra.

Futuro senza Banche, Banche senza Futuro.



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